Il mostro del nazionalismo era solo assopito [di Pietro Ciarlo]

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Poiché agli spettri non crede più nessuno, un mostro si aggira per l’ Europa, il mostro del nazionalismo. Naturalmente il pensiero subito corre alla Russia di Putin o all’ Ungheria di Orban. Ma non si tratta solo di questo. Un certo coinvolgimento va addebitato anche a quella cultura politica ed istituzionale che ha nutrito le tematiche identitarie e territorialiste in modo indiscriminato, in particolare senza mettere in guardia dalle ambiguità di tali narrazioni. Esse, infatti, non sono politicamente neutre. Possono servire a costruire la consapevolezza di noi stessi della nostra plurima cittadinanza locale, statale, europea, mondiale. Oppure a fondare i miti populistici del sangue e della terra, della chiusura e dell’ odio verso l’altro.

Il rapporto con l’ altro deve essere letto in stretta connessione con le ricadute interne agli Stati. Esistono sempre delle coalizioni di interessi politici ed economici che cercano di utilizzare a fini propri la rappresentazione dell’ altro. Il nemico è alle porte, dunque bisogna votare per i veri difensori della Patria, della casa, della fede. Fabbricare e vendere più armi. Avere governi e uomini forti. Non lasciarsi intenerire dalle vicende umane, più importante è combattere i nemici. Ovvero e specularmente, noi siamo altro dagli altri, gli altri ci opprimono, abbiamo diritto a liberarci del potere degli altri, vogliamo comandare noi a casa nostra. Secessione, sovranità, indipendenza. Anche queste possono essere parole del nazionalismo.

Ma è difficile che tutto ciò diventi una politica incisiva se non è sorretto da una comunicazione e una cultura che siano ancillari, serventi. Ci possono essere disegni, strategie consapevoli, ma a volte si può servire qualcuno anche senza accorgersene. Non è molto lusinghiero, ma può accadere. Si tratta di un’attenuante. Il conformismo e la pigrizia intellettuale sono molto più diffusi e pericolosi di quanto si creda. Ad ascoltare Marine Le Pen e Putin sembra di sentire i discorsi anti tedeschi che precedettero la prima guerra mondiale. A guardare una carta geografica Kalinigrad, la kantiana Konisberg, somiglia spaventosamente a Danzica.

Per non essere sciocchi servitori del maligno spirito del nazionalismo dobbiamo porci delle domande. Chi si interroga non sbaglia. Ma la Catalogna o la Scozia sono proprio così prive di libertà ? La Spagna e il Regno unito sono Stati così oppressori ? Sta di fatto che in Europa, e in particolare in Italia, finora è sembrato prevalere un irrimettibile cupio dissolvi. Tutto ciò che è parso in qualche modo destrutturante è stato il benvenuto. Basta guardare a come sono stati rappresentati i risultati del referendum catalano nell’informazione italiana. Il tanto conclamato trionfo dell’ indipendentismo non c’è stato affatto, non a caso la stessa politica spagnola e catalana sta cercando di metabolizzare con molta cautela tali risultati.

In definitiva circa il 30 % degli aventi diritto al voto ha detto “Si” alla secessione. Una percentuale consistente che delinea un successo di mobilitazione e politico, ma insufficiente ad assicurare la vittoria in un referendum che facesse sul serio. Resta da chiedersi perché, viceversa, in Italia politica ed informazione hanno accreditato una travolgente vittoria degli indipendentisti. La risposta non credo sia lusinghiera. Non viviamo un buon momento culturale, la sfiducia nella politica è un sentimento molto diffuso. L’informazione e paradossalmente buona parte della stessa politica per inseguire questo sentimento a fini di consenso, enfatizza tutti quei fatti che possono apparire o che effettivamente sono espressione di una crisi di legittimazione.

Il conformismo si autoriproduce nutrendosi di un mix di ideologismi e micro interessi locali. Il corto circuito tra informazione e politica scadenti è un problema non secondario del nostro Paese. I nazionalismi in Europa sembrano morti o morenti, viceversa erano solo sopiti. Scriveva Lucien Febvre: “Non ignorate la storia, se la si ignora si vendica”.

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