L’Armenia nell’Unione Economica Eurasiatica [di Ani Manoukian]

FireShot-Screen-Capture-087-Video-Genocidio-Armenio-1915-1918-_1920-1923-YouTube-www_youtube_com_watch_vurxR-cZsGAsfeaturerelated

Si deve al presidente kazaco Nursultan Nazarbayev il principio ispiratore dell’Unione Eurasiatica, mediato dal modello dell’Unione Europea. Nel suo libro del 1997 “L’Unione Eurasiatica. Idee, pratica e prospettive” sono richiamate le idee e le azioni da intraprendere per dare vita all’unione di paesi grandi e piccoli, potenti e deboli, indipendenti e dipendenti, disseminati nello spazio eurasiatico e lasciati soli a portare avanti con le proprie forze e le scarse risorse un’economia resa ancora più fragile dal collosso della grande potenza unificatrice del XX secolo, l’URSS.

Così, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, nasce l’idea di un’altra Unione seppure non condivisa entusiasticamente da alcuni paesi post sovietici, fra i quali l’Ucraina e l’Armenia. Un’idea “incubata” fin dal 1997. Dal 2015 entra in vigore sotto la stretta sorveglianza del presidente russo Vladimir Putin, molto impaziente nel voler recuperare potere e influenza nell’area ex sovietica, in contrapposizione all’occidente e nella convinzione di poter fare a meno del resto del mondo. E’ noto che in ogni coalizione le condizioni e le regole vengono principalmente stabilite dal soggetto più potente ed è quindi chiaro che la Russia è il paese più forte e autorevole all’interno della UEE, di cui fanno parte anche la Bielorussia, il Kazakistan e l’Armenia.

Lo spazio economico è definito “comune”, anche se ogni paese membro utilizza la propria lingua e la propria moneta. La comunicazione all’interno della UEE è comunque facilitata dalla comune conoscenza della lingua russa. Russia e Bielorussia mantengono il rublo, il Kazakistan il tenge e l’Armenia il dram. Il Tagikistan e il Kirghizistan per il momento si limitano ad osservare, non essendo entrati nell’Unione. Quasi invidiati dall’Armenia, a cui è mancata la possibilità di scegliere se entrare o meno nella UEE essendo già impegna con la Russia nell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva e nella Comunità degli Stati Indipendenti.

In una nazione appassionata del gioco degli scacchi si riteneva che anche il “gioco” della UEE si sarebbe dovuto sviluppare con una logica scacchistica, ossia facendo dipendere i risultati da opportune riflessioni e da mosse fatte con prudenza ed intelligenza. Il gioco invece si è svolto come una partita di calcio: con un campo unico detto “unione doganale” e con un arbitro chiamato Russia.

Gli armeni amano da sempre più gli scacchi del calcio. Per questo hanno manifestato da subito forte perplessità e contrarietà all’adesione alla UEE. Nell’anno in corso, però, la contrarietà dei cittadini si è scontrata con la volontà della classe dirigente del paese che ha ritenuto non sussistano dubbi e timori relativi ad eventuali conseguenze negative sull’economia che deriverebbero dall’adesione alla UEE. Ha mandato inoltre messaggi rassicuranti sul progresso economico e sui numerosi vantaggi che l’ingresso nel mercato comune euroasiatico produrrebbe all’Amenia. I russi però manifestano già segnali di nervosismo in relazione anche alla lingua parlata dalla popolazione armena che renderebbe difficoltosa, a loro dire, la comunicazione economica.

Non appare certo un vantaggio la ripresa del conflitto militare con l’Azerbaijan a seguito della dichiarazione dell’Armenia che rivendica la prtesenza del Nagorno Karabakh nella UEE accanto alla Repubblica d’Armenia, come un mercato unico. L’ Azerbaijan ha reagito con la violazione degli accordi sul cessate-il-fuoco e ha ripreso a bombardare. Non solo i confini del Karabakh, ma spingendo l’azione militare fino ai confini armeni. Sono interventi avviati fra il giugno e l’agosto 2014, immediatamente dopo la vendita di armi, comprese quelle di distruzione di massa, da parte della Russia all’Azerbaijan.

In pieno conflitto Vladimir Putin aveva invitato il presidente azero Aliyev e quello armeno Sargsyan al dialogo finalizzato a ristabilire la pace, nell’ambito di un incontro tenutosi a Sochi. In realtà l’incontro è soprattutto servito a Putin per far calare su Sargsyan il messaggio che il destino dell’Armenia dipende solo dalla Russia. Messaggio reso ancora più chiaro dall’assenza all’incontro, voluta da Putin, di un soggetto molto importante: Il Gruppo di Minsk, creato nel 1992 dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa con lo scopo di dare una soluzione pacifica al conflitto del Nagorno Karabakh e mediare fra Armenia e Azerbaijan. Putin ha inteso così rimarcare la sua supremazia sia in campo economico che in quello della sicurezza territoriale.

In relazione all’economia, l’Armenia comincia a risentire di una nuova, grave crisi. L’inflazione del rublo sta mettendo in serie difficoltà migliaia di armeni che lavorano in Russia. La maggior parte di questi hanno lasciato la famiglia in Armenia e l’economia nazionale armena è solidamente alimentata dalle rimesse provenienti dalla Russia. Non appaiono rassicuranti i messaggi del governo che continua a ribadire come la situazione sia sotto controllo, mentre i politologi e gli econonomisti indipendenti affermano che per l’Armenia nella UEE il peggio deve ancora arrivare. E’ questo il modello di Unione Eurasiatica che si ispira al principio di unione e pari dignità insito nella Unione Europea?

Gli armeni stanno ormai dentro questo gioco, in una piattaforma comune con un paese colpito da severe sanzioni internazionali e interessato da una seria crisi economica. Purtroppo non si tratta del gioco degli scacchi.

 

Lascia un commento