Il fantasma di un’Istituzione. Il caso dell’Ente Lirico di Cagliari [di Italo Ferrari]
Gli etologi riconoscono che nel mondo animale, sia pure con forme e organizzazioni diverse, esistono comportamenti improntati alla socialità che inducono gli individui a trovare i modi della sopravvivenza del più debole anche nelle circostanze delle competizioni e dei conflitti più acuti.Le lotte per la supremazia che determinano la gerarchia nelle società animali non si concludono, infatti, mai con la morte del soccombente il quale, quando è costretto a riconoscere la maggior forza del rivale decide di arrendersi, ponendo in atto un rituale che inibisce al vincitore la prosecuzione dell’attacco. In un tale contesto l’uomo costituisce l’eccezione. Nell’attività umana non sono riscontrabili analoghi segnali inibitori dell’offesa e l’uomo, seppure sia dotato dell’attitudine di rappresentare la realtà attraverso la mediazione simbolica, non riesce naturalmente ad esimersi dal vedere il proprio simile come un essere diverso. Si comprende così perché ci siano frequenti casi di omicidio, non solo isolato ma anche organizzato per bande ed eserciti, spesso addirittura sacralizzato. Di fronte ad una simile tendenza, esistono antidoti rappresentati anche dal senso di colpa associato all’intenzione e all’atto di uccidere. Esiste soprattutto ciò che volgarmente viene definito “cultura”, cioè quel complesso di cognizioni e processi mentali che consentono all’uomo una vita associata, o, come dice Tylor, “Quell’insieme complesso che include la conoscenza, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società”. Ciò non impedisce che, al fondo, ci sia sempre una tendenza all’individualismo più esasperato che sfocia sempre più spesso in un’organizzazione sociale di tipo “corporativo” incapace di accettare, come temperamento delle ragioni della conflittualità, la necessità di forme di codecisione e di collaborazione fra soggetti distinti attraverso le quali il sistema potrebbe potenziarsi e crescere. La miopia dei singoli, associata ad un malinteso senso di autoconservazione, impedisce all’aggregato sociale di diventare “sistema” consegnandolo ad una fine ingloriosa e inevitabile. La vicenda che ormai da troppo lungo tempo contrassegna la vita della Fondazione del Teatro Lirico della nostra città può, nei suoi tratti generali, essere spiegata partendo dalle considerazioni qui esposte. Non che non esistano pulsioni di altra e più miserevole natura appartenenti a volontà di sopraffazione e di rivalsa affatto personali: ma esse trovano certamente il loro terreno di coltura in un ambiente inadatto a diventare sistema virtuoso capace di svilupparsi e di crescere. Occorrerebbe perciò che nel corpo sociale cittadino si diffondesse la consapevolezza delle occasioni che potrebbero essere colte facendo prevalere la cultura della cooperazione su quella dell’antagonismo esasperato affinché in tal modo si concretizzino moti spontanei di contrapposizione ad atti e comportamenti distruttivi del futuro ma anche del presente. Non è consentito infatti dimenticare che, nella fattispecie, non stiamo trattando di ipotesi intellettualoidi e astratte ma che è in giuoco la sopravvivenza di un’istituzione fondamentale e con essa le ragioni di dignità del lavoro e di vita di tutti coloro che ne assicurano giorno dopo giorno la permanenza delle funzioni. A costoro dovrebbe pensare un governo della città che si ispira agli ideali della sinistra valorizzandone semmai la presenza e l’impegno in una delle strutture fondamentali della vita di una comunità umana che voglia orgogliosamente essere protagonista nella costruzione del proprio futuro. Se il superamento degli ostacoli di natura antropologico-culturale richiede necessariamente tempi relativamente lunghi, la messa in campo di tutti i provvedimenti atti a contrastare efficacemente il declino e alla fine la scomparsa della Fondazione non può attendere un giorno di più. Il primo passo in questa direzione deve essere perciò compiuto ora, a patto che sia un passo nella direzione giusta volto al riscatto dalla disperazione e alla liberazione di ogni energia possibile per un futuro di sviluppo, nella consapevolezza che potenzialmente queste energie il sistema attuale le possiede. Basta aver fiducia in esso e improntare l’azione di governo a criteri di onestà intellettuale e di giustizia sociale. |