Riusciranno le direttive ad evitare i disastri ambientali? [di Raffaele Deidda]

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E’ di oggi il disastro ambientale a Santa Barbara, in California, per la perdita da un oleodotto di circa 400.000 litri di greggio, secondo stime della Plains All American Pipeline LPA che lo gestisce. Lo sversamento riguarda circa 14 chilometri di costa del Pacifico: la spiaggia di Santa Barbara e la Refugio State Beach ricoperte di grossi strati di liquame. Dichiarato lo stato di emergenza per agevolare le operazioni di bonifica da parte di squadre specializzate. Ingenti i danni all’ambiente e alla fauna.

Altra notizia di oggi: la società Transocean patteggia. E’ la proprietaria di Deepwater Horizon, la piattaforma di perforazione marina da cui nel 2010 originò una marea nera con gravissime conseguenze ambientali nel Golfo del Messico. Morirono 11 uomini. Altri restarono gravemente feriti. La Transocean si è dichiarata disponibile a pagare 211 milioni di dollari ad aziende e a singoli che hanno chiesto i danni per l’incidente. Sarà la Corte Federale di New Orleans, che ha la specifica competenza, ad approvare o a respingere l’accordo di mediazione con la Transocean.

In Sardegna una notizia vecchia di due giorni. L’assessora regionale dell’Ambiente, commentando il provvedimento del Consiglio dei Ministri che recepisce la Direttiva europea in materia di sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, ha detto: “Sono giorni particolarmente importanti e positivi per l’ambiente e la sua tutela”. Nel provvedimento sarebbero contenute “misure particolarmente rigorose e severe per i soggetti autorizzati allo svolgimento di attività di ricerca e coltivazione in mare di idrocarburi, aumentando la soglia di controlli e i margini di sicurezza che devono essere garantiti, sulla base del principio chi inquina paga“.

Basta a farci stare tranquilli? No, se lo stesso presidente Obama ha lanciato, poco prima del disastro di Santa Barbara, l’appello ad agire sull’ambiente subito. Rivolto ai laureandi della Us Cost Guard Academy:  Il cambiamento climatico rappresenta una seria minaccia alla sicurezza globale, un’immediata minaccia alla nostra sicurezza nazionale”. Non basta che le società petrolifere si dichiarino disponibili a patteggiare il rimborso dei terrificanti danni all’ambiente, alla fauna e alle persone come accade negli Usa con la Transocean.

Neppure basta l’ “Istituzione di un’autorità competente che individui le responsabilità dell’operatore per il controllo dei grandi incidenti e provveda a far rispettare le norme della Direttiva stessa anche mediante ispezioni, indagini e azioni di esecuzione; l’introduzione di ulteriori sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla Direttiva”.

Appare di mero buon senso il commento dell’assessora: “E’ fondamentale rafforzare le misure di prevenzione e di sicurezza per evitare il verificarsi di incidenti gravi in mare e assicurare una sempre più efficiente protezione dell’ambiente marino e delle economie costiere”.

Perché il problema sono le attività della prospezione nel mare di fronte alle coste sarde e quelle conseguenti alla perforazione ed estrazione di idrocarburi. Duramente contrastate dagli abitanti delle Baleari che hanno rilevato l’utilizzo, da parte delle società interessate, di sistemi invasivi e dannosi per l’ecosistema. In Italia e in Sardegna dovremmo sentirci più tranquilli perché il governo italiano ha recepito la Direttiva europea sulle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi?

Non è invece preferibile opporsi ai permessi di prospezione e di ricerche di idrocarburi nel Mediterraneo a società tutt’altro che interessate alla tutela dell’ambiente e alla salute delle persone? Nella consapevolezza che la vera ricchezza per le popolazioni sono l’ambiente e un ecosistema protetto, soprattutto nelle aree dove l’estrazione di idrocarburi compromette, irrimediabilmente, la fauna, la flora e la biodiversità.

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