Noverari e Ludi equestri della Sardegna Patrimonio dell’UNESCO [di Maria Antonietta Mongiu]
Prefazione del libro collettivo Il mio San Costantino con 16 interviste a sedilesi e pellegrini, fatte dal sindaco e giornalista Umberto Cocco dal 2010 al 2014, presentato domenica 17 maggio a Sedilo a Sa prima ighina in occasione dell’insediamento del Comitato scientifico per avviare la richiesta per l’inserimento del Novenario di San Costantino nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’ Unesco (Unesco World Heritage).(NdR). Nell’agosto del 2012 e del 2013 il Comune di Sedilo promosse l’iniziativa “In hoc signo vinces”, dedicata a Costantino, il generale che nel 312, 1700 prima, sul Ponte Milvio, sbaragliò i suoi nemici con le insegne di Cristo, comparsogli in sogno. Così recita il mito fondativo del Cristianesimo che nel 313, con l’Editto di Milano, diventerà religio licita. Diversa è la versione nelle fonti pagane. A Costantino sarebbe apparso in sogno Apollo, divinità ancora rilevante nella tarda romanità assimilato a Helios/Sol Invictus/Mitra, che avrebbe deciso del destino del futuro imperatore, venerato come santo nei Menologi orientale e sardo. Nel solco dei sincretismi tipici della tradizione romana Costantino costruì un senso all’apocalisse del mondo antico con un inedito sincretismo pagano cristiano. Traghettò la crisi verso una via di uscita, un mondo nuovo. Un impero multietnico e multiculturale – ciò in continuità con il preesistente – con il baricentro già orientato verso le popolazioni barbariche. L’aquila imperiale in direzione dell’oriente da cui proveniva, dopo la caduta di Troia, come racconta Dante a cui piacque credere al magistero del Constitutum Constantini o Donazione di Costantino che Lorenzo Valla nel XV secolo riconobbe come un clamoroso falso. L’imperatore Costantino con realismo e tempismo eccezionali assunse per la sua opera riformatrice come denominatore la religio licita. Favorì l’inedito potere della burocrazia religiosa polarizzata sul vescovo nominato dai fedeli secondo un costume ebraico e con un ruolo che trascendeva l’attività religiosa-rituale per as¬sumerne anche una fiscale e pedagogica. Questa inossidabile struttura per la sua diffusività molecolare avrebbe esercitato una supplenza inerendo per di più nella costruzione di una mentalità e di un modus operandi che agirono (agiscono?) nel quotidiano e nella politica. Costantino era un homo novus. Secondo un consolidato palinsesto della tipologia è protagonista di profonde discontinuità. Inviso perciò alla nobiltà senatoria, conservatrice e autoreferenziale malgrado nei secoli si fosse meticiata. Gli homines novi sono quelli che consentirono a Roma di sopravvivere a se stessa con continuismi, soluzioni di continuità, innovazioni. A Costantino, dalla nomea di cinico e di spietato, piacque identificarsi con un potente archetipo per l’irresistibile carisma rappresentato da Alessandro Magno e Ottaviano Augusto. Come quest’ultimo riuscì a costruire un potere consensu universorum, a praticare la distinzione tra fini e mezzi, a fondare uno stato dove la rappresentanza formale non corrispondeva a quella sostanziale. Costantino, come raccontano le iconografie, comprese quelle documentate in Sardegna, preferì farsi legittimare non dal senato che nella sostanza disconobbe ma da Silvestro, dai santi Pietro e Paolo, e soprattutto dalla croce di Cristo. Un suo frammento, secondo la legenda, sarebbe stato recuperato nel Golgota da Elena, sua onnipresente madre. Da allora Costantino ed Elena ma soprattutto le reliquie avrebbero legittimato persone, rifondato luoghi, ridefinito geografie del sacro con chiese edificate in tutto l’impero apud loca martyrum o in assenza di questi con qualsivoglia frammento di corpi e arredi. Narrazioni fabulistiche, simboli e metafore accompagnarono Costantino fino alla morte nella dimensione del dies natalis, giorno di nascita alla vita eterna. La sepoltura fu attorniata da dodici, quanti erano gli apostoli. Auto identificatosi come un vero conditor non più con un qualsiasi imperatore ma con Cristo, il fondatore per antonomasia. Ben altro rispetto al tredicesimo apostolo come fece credere di essere e fu chiamato. Il culto di Costantino e di Elena, tra i culti di origine orientale, è tra i più noti e diffusi in Sardegna. Molte le chiese a loro dedicate che evidenziano una geografia del sacro documentata da una grande quantità di toponimi ancorché maggioritari siano quelli dedicati a Elena. La geografia dei due culti è indistintamente urbana e rurale e riguarda tutta l’isola con titoli in tutte le varianti del sardo a riprova del radicamento fin dalle origini nei diversi territori. La convinzione che la diffusione dei titoli sia ascrivibile alla presenza bizantina a datare dal VI secolo non è così incrollabile in virtù delle relazioni tra Sardegna e oriente nel corso del Cristianesimo primitivo e per la precoce diffusione del culto nelle città di mare. Certamente nel suburbio di Cagliari si documentano proprietà latifondiste legate all’imperatore. La durata della dominazione bizantina fino all’XI secolo – culturalmente ben oltre – giustifica l’onomastica documentata in escolche, habitat rupestri, eremi, cenobi, abitati, nella famiglia giudicale. Nomi presenti tutt’oggi nelle varianti sarde a riprova del valore identitario di un culto. A Sedilo trova riscontro in due località, insediate senza soluzione dal periodo nuragico. Oggi sono rurali ma un tempo erano centri abitati di cui persistono i complessi chiesastici. In uno, oggetto di pellegrinaggio, sono eminenti le architetture e il culto. Si tratta di un Novenario tra i più frequentati ed importanti della Sardegna, noto perché a luglio, vi si svolge l’Ardia dedicata a Costantino imperatore e per la qualità e quantità di ex voto. Fa parte di una rete legata al culto di San Costantino e di Sant’Elena documentato in diversi centri – tra i tanti Pozzo¬maggiore, Bosa, Samugheo, Ollastra, Genoni, Paulilatino, Siamaggiore, Flussio, Bottidda, Sedini, Sorso, Benetutti, Bantine-Pattada, Quartu Sant’Elena – o che ne conservano l’onomastica e la toponomastica. Maggioritariamente hanno il loro inizio in età altomedievale, fase tra le più interessanti della storia sarda per gli aspetti giuridici, istituzionali, economici, insediativi, architettonici. Sedilo come tanti altri luoghi della Sardegna è un luogo di lunga durata. Nel centro abitato infatti si leggono le tracce di antropizzazione stratificata con episodi di straordinaria valenza storica e architettonica che trovano un più puntuale riscontro nel territorio con una capillare presenza antropica senza soluzione dal neolitico fino alle chiese campestri, un tempo parte integrante di villaggi. Nel paese d’altronde è rilevabile il palinsesto di formazione a fuso ma anche elementi costruttivi e architettonici di spicco quali i recinti cuspidati o palazzi di prestigio come il palazzo Deiana oggi museo dell’Ardia e biblioteca. Vi sono facilmente individuabili altri fulcri del sistema insediativo quali le chiese da collegare a quelle campestri ben note nella memoria collettiva come, non diversamente, i tracciati antichi persistiti perché diventati percorsi pellegrinali in un reticolo di cui i nodi sono novenari e santuari tra cui quello di Sedilo dedicato a San Costantino ha un ruolo egemone ma non esclusivo. Un legame evidente anche sul piano visivo lo collega a quelli della Madonna di Gonare o di San Saturnino di Bultei. È improbabile immaginare il Novenario di Sedilo e la stessa Ardia al di fuori di percorsi strutturati in cui agivano sacro e profano. Un paesaggio di relazioni intercomunitarie che ha perso con il tempo il suo senso ma non le caratteristiche di fondo, il suo prestigio, le sue specifiche ritualità che si autoconservano mentre muta radicalmente il contesto di riferimento. L’iniziativa In hoc signo vinces – di cui Il mio San Costantino fa parte – si è svolta a Sedilo, in entrambe le annualità, ad agosto nei primi quattro giorni de Sas Nuìnas, dedicate al santo guerriero ed imperatore. La Novena, nota in letteratura e nelle pratiche religiose, è rilevante nella storia della innologia popolare per i gosos e per essere praticata intensamente dai sedilesi e dai pellegrini. Il luogo in cui si è svolta l’iniziativa In hoc signo vinces è la Piazza San Giovanni Battista in prossimità di uno dei luoghi-matrice di Sedilo, Sa Prima Ighina (da un probabile Raighìna). La scelta è stata dettata dall’urgenza di una rifondazione culturale da parte di una comunità che vuole assumere, attraverso la conoscenza competente, la necessaria consapevolezza del vissuto storico attraverso processi di interazione e di trasferimento reciproci. Pratica di autoriconoscimento e di autocoscienza agite attraverso la propria storia di cui quella devozionale è parte importante. Si tratta di una delle fondative qualità urbane che si invera fisicamente in una polarità culturale rappresentata da luoghi – simbolo che come il Novenario di San Costantino sono legati alla memoria del santo guerriero e dell’Ardia: chiesa e municipio a cui, come luoghi sociali, si sono aggiunti il Centro cultuale ed il Centro anziani. Questo spiega anche l’orario scelto per una un’azione di pedagogia sociale (20,30- 24,00) al termine della Novena di San Costantino. Un insieme di pratiche interdipendenti, senza soluzione di continuità. L’iniziativa In hoc signo vinces ha voluto sottolineare che Sedilo che pure viene identificato diffusamente con l’Ardia ha contenuti che la oltrepassano e ribadire che la vicenda dei culti di Costantino e di Elena in Sardegna va oltre l’Ardia di Sedilo o di altri centri in cui è attestata. La sua vicenda è in sostanza ancora tutta da scrivere come è di evidenza nelle relazioni degli studiosi nelle due annualità di In hoc signo vinces. È storia complessa ed attiene a diversi campi disciplinari come è complesso il rapporto in Sardegna tra cavallo e cavaliere, le cui grammatiche sono poco note, e a una serie di altre tematiche che possono contribuire inaspettatamente a sciogliere nodi tematici e consolidati paradigmi. La crisi che l’età di Costantino inverò per la forma istituzionale di governo fu ad esempio necessariamente così drammatica per la Sardegna? Nella evidenza archeologica il IV secolo fu nell’isola un momento dirimente: sorprendenti investimenti edilizi; si ridisegnarono e sistemarono le strade; furono fondati luoghi di culto legati ai martiri specie dioclezianei. Fu un secolo lungo che vide il protagonismo di un intellettuale senza pari quale fu Lucifero di Cagliari, poco noto alla comunità regionale. Porsi domande da parte di antichisti, epigrafisti, storici, archeologi, storici dell’arte, glottologi, antropologi, sociologi, pubblicamente è un obbligo professionale. Non lo è farlo nella piazza di un paese o di fronte ai sedilesi reduci dalla Novena di San Costantino. È successo e ha significato attivare un processo di condivisione e di messa in relazione di saperi accademici e di sapienze comunitarie e di messa in valore di paesaggi culturali a tutta prima inattuali ma carichi di recupero di senso per la comunità. L’azione sociale dell’iniziativa In hoc signo vinces è la restituzione di quell’identità sostanziata di futuro e non di retoriche e rimpianti. Le narrazioni delle vicende dei luoghi materiali ed immateriali di Costantino sono la sintesi di tante contemporaneità succedutesi ma ancora vitale presenza nell’esistenza dell’oggi della popolazione sedilese. Contemporaneamente configurano la Sardegna premoderna in una prospettiva differente: in dialettica con il resto del mondo e dentro traffici e commerci di vasto raggio. Non sono forse le Passiones dei nostri martiri dioclezianei la spia di contestuali processi in atto in altri territori? Che dire della lingua sarda. Quanto nell’onomastica e nella toponomastica è debitrice al latino e al greco medioellenico? Antine e Martine non sono forse vocativi – come haq sostiene Giulio Paulis – derivati dalle invocazioni dei celebranti durante funzioni ed orazioni ai due santi Costantino e Martino? Tardo antico e cristianesimo primitivo sardi, come in altri luoghi ritenuti più centrali, non sono forse anch’essi ricchi di inscrizioni funerarie? Fraintese nel Seicento, nel corso della ricerca dei Corpi Santi e ritenute false dal premio Nobel Theodor Mommsen, finalmente sono riconosciute autentiche. È proprio la vicende delle false iscrizioni e delle False Carte di Arborea aprono un orizzonte problematico sul disconoscimento continuo praticato per lungo tempo in Sardegna. La Passio di Sant’Efisio nelle nuove interpretazioni non apre una finestra sulle modalità in cui le èlite attraverso le agiografie si autolegittimano secondo modalità non esclusive della Sardegna ma riconoscibili nel resto dell’Europa? Non c’era bisogno di inventare nulla. Si trattava e si tratta di prendere coscienza di sé per vivere la Sardegna e se stessi nella dimensione storica. In hoc signo vinces ha consentito di chiarire ai tanti cittadini e cittadine presenti un complesso processo sincretistico che ha portato in Sardegna i culti orientali tra cui quello di Mitra, diffuso capillarmente. Furono probabilmente i militari a essere i referenti e con loro i mercanti attraverso le vie d’acqua e al reticolo dei tracciati il cui palinsesto è tuttora ricono-scibile. Il tardo antico e l’alto medioevo furono tutt’altro che periferia dell’impero o oscuri o inadeguati o subalterni o comunque non lo furono in forme differenti da altri luoghi. Una percezione spesso svalutativa non può tuttavia funzionare da alibi alla perdita di senso o all’inadeguatezza dell’oggi. In hoc signo vinces oltre alle connotazioni della Sardegna tra età tardo antica e medioevo nelle fonti materiali, epigrafiche, nei culti e riti compresi quelli di Costantino e di Elena, nell’iconografia e nelle architetture ha tematizzato la festa ed i suoi dispositivi. Dall’antropologia delle iniziazioni e delle narrazioni le domande poste dagli studiosi hanno riguardato finanche il vocabolario dell’Ardia o la proprietà della stessa e della festa di cui è fulcro. Tema cruciale non diversamente dalla proprietà delle gare poetiche. È dell’emittente-poeta o di chi registra? E quale è la missione dell’ISRE, fondato da Giovanni Lilliu perché fosse luogo di riconoscimento e di conservazione della memoria collettiva per contenere la deriva reificante delle sagre. Di conseguenza il nodo cruciale che riguarda tutto l’orizzonte tracciato dalla tradizione intorno a Costantino imperatore ma più in generale intorno alla miriade di santi che tuttora rappresentano il principio di individuazione di molti centri della Sardegna è come trasformare la memoria collettiva in luogo di autenticità e di auto riconoscimento identitario. Le comunicazioni di studiosi e di testimoni sono state intercalate da intermezzi musicali e narrazioni videoregistrate di sedilesi e di pellegrini che hanno raccontato la loro relazione con Costantino imperatore e di cui in questa pubblicazione si dà conto. Una narrazione di lunga durata che ogni anno si rinnova e muta col mutare dei tempi e delle persone avendo sempre un filo rosso con un passato non del tutto acclarato. Il baricentro continua ad essere il Novenario di San Costantino la cui origine affonda nel mondo antico per perdurare nella contemporaneità come luogo simbolo. L’apparecchiatura, materiale e immateriale, non trova riscontri se non in Sardegna dove i novenari sono ancora utilizzati con le stesse finalità originarie. Significativi quelli in cui il cavallo ha ancora il ruolo di protagonista (Sedilo, Bitti, Lula). Sono siti connotati anche da gare di abilità nelle diverse declinazioni di ludi equestri. Bisogna ammettere che la conoscenza dei novenari non è andata oltre gli studi condotti negli anni sessanta del Novecento da Clara Gallini: Il Consumo del sacro. Feste lunghe di Sardegna, Laterza, Bari 1971 rieditato con Prefazione di Vittorio Lanternari da Ilisso, Nuoro, 2003. D’altra parte antropologi, etnologi, sociologici, storici si sono poco dedicati al tema dell’Ardia e più in generale dei ludi equestri in Sardegna. Ancor meno nell’ambito dei novenari. Scarseggiano sia gli studi sulle strutture sociali relative agli eventi in questione e persino sull’alimentazione ivi compresi i dolci il cui ruolo nelle feste lunghe è di evidenza. Tra i documentari del secondo Novecento dedicati all’Ardia di Sedilo è ben noto quello di Fiorenzo Serra dove il ruolo del cibo nell’ambito elemosinale è centrale. L’iniziativa In hoc signo vinces ha iniziato a porsi domande sul dettaglio dell’oggetto novenario nella sua declinazione storica, nella sua relazione diacronica con il sacro e con i ludi equestri a cui si ascrive l’Ardia e la socialità conseguente nei suoi valori comunitari. Sedilo è il perno di una geografia del sacro che si fa intensa nel centro della Sardegna. Gli eventi a cui la stessa Gallini fa riferimento, compresi i dispositivi materiali, abbisognano di essere riconsiderati all’interno di un procedimento che ne identifichi e ne classifichi i caratteri costitutivi non solo per un’effettiva messa in valore ma soprattutto per garantirne l’effettiva trasmissibilità alle generazioni future. Oggi una delle problematiche riguarda la funzione da assegnare al patrimonio materiale ed immateriale e alla festa che nel Novenario si svolge perchè possano rientrare in un circuito virtuoso di riconoscimento. Quale azione porre in essere perché la comunità residente conservi quel senso che traspare dalle interviste qui proposte? Per quanto tempo le giovani generazioni ne percepiranno complessità, stratificazioni, caratteri, unicità degli eventi dell’Ardia e delle Ardie attestate in diverse località della Sardegna? La storia locale, in cui la ritualità devozionale comunitaria ha parte sostanziale non solo nella società tradizionale, è intelaiatura non secondaria del tessuto pedagogico, parte fondante di una comunità che voglia continuare ad essere educante. Riuscire a conservare i nuclei autentici attraverso la responsabilizzazione comunitaria consente agli eventi tradizionali nella sfera del sacro e del profano di oltrepassare i pericoli di reificazione e di perdita di senso e di percorrere ulteriori sincretismi che hanno consegnato alla contemporaneità un denso patrimonio in cui l’intreccio tra valori materiali e immateriali non ha uguali al di là dello status di credente. Nelle interviste curate da Umberto Cocco si colgono d’altra parte relazioni tra la comunità di residenti e quelle dei diversi comuni che storicamente erano implicati nel pellegrinaggio, nelle nuinas, nei ludi equestri di Sedilo. Si coglie la volontà di dare valore alla cultura materiale ed immateriale che si è stratificata perché c’è strisciante l’angoscia che i fulcri si disperdano in quanto non più riconosciuti. Diversi intervistati li pongono in dialettica con altrove letterari e culturali. Si colgono diffusamente le problematiche relative al cavallo dalle pratiche della doma fino all’Ardia vera e propria; il suo ruolo nella società tradizionale e le competenze trasmesse in un ambito mai formalizzato; le modalità del suo abbigliamento e di quello dei cavalieri. Rilevanti i riferimenti agli ex voto che una conservazione non adeguata espone al rischio di degrado non diversamente dai manufatti architettonici, dai reperti archeologici (cippi funerari), storico artistici presenti nel Novenario di San Costantino. Per dare ulteriore valore a tanto patrimonio il Comune di Sedilo attraverso il Progetto Il Novenario tra sacro e ludi equestri vuole attivare le procedure per richiedere l’inserimento dei ludi equestri e del Noverario di San Costantino nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO (UNESCO World Heritage). L’obiettivo discende dalla consapevolezza che ai sensi dell’art. 1 della stessa Convenzione del Patrimonio mondiale di Parigi del 1972 si tratti di “patrimonio culturale” in cui si intrecciano “opere architettoniche”, “elementi o strutture di carattere archeologico”, testimonianze etnologiche particolarissime, testimonianze antropo¬logiche che perdurano nel tempo grazie alla comunità locale che ne è protagonista e custode al contempo. Il Progetto vuol promuovere iniziative in accordo con gli attori ed i decisori territoriali e con quanti ne condividono lo spirito; conservare alcuni valori non negoziabili di una tradizione che rischia di essere manipolata; promuovere la cultura del cavallo come tramite con le attività agropastorali che in questo momento appaiono, nell’ambito delle complesse ritualità, meno rilevanti che nel passato; creare sinergie tra generazioni per la trasmissione dei contenuti materiali, simbolici, ritualità; ricreare attorno ai riti che caratterizzano l’attività del Novenario un’economia ecosostenibile come d’altra parte era nel passato. Nella società tradizionale il Novenario era un momento di sospensione e di scambio economico. Le ardie, il pellegrinaggio, il mercato, lo scambio, erano gestititi da diverse comunità non sempre limitrofe che costruivano una sovrastruttura con potenti esiti negli scambi linguistici e culturali. Attualmente il rischio è che le diverse attività legate alle Ardie e al Novenario siano una mera pratica di abilità reificata rispetto ai significati profondi che comunque vengono fortemente sentiti dai protagonisti che non ne hanno perso il senso. Ecco perchè il Progetto Il Novenario tra sacro e ludi equestri vuole coinvolgere le fasce più giovani non solo nelle attività direttamente legate al Novenario ma in altre che hanno a che fare con i servizi, la comunicazione, attività aggiuntive, gestione dei beni rinvenienti e più diffusamente dei beni culturali. Ha la volontà di creare un circuito virtuoso con i beni archeologici e paesaggistici che ad oggi non hanno avuto riscontro occupazionale ed economico significativi. Il Progetto consentirà di riannodare relazioni tra la comunità dei residenti, pellegrini, viaggiatori turisti per ricostruire una socialità che si autoriconosca e riconosca valore alla sua cultura. Il coinvolgimento e la partecipazione della comunità non può che essere un processo di reciprocità formativa il cui impatto pedagogico sarà amplificato dai modelli interni alle metodiche dello sviluppo locale sostenibile e rispettoso dell’ambiente e delle qualità del luogo e della tradizione. I dati di conoscenza restituiti alla comunità rappresentano un ulteriore stimolo per riannodare relazioni tra comunità e saperi che dal mondo antico attraverso il Novenario di San Costantino ed i suoi protagonisti – di cui una parte si racconta nelle pagine seguenti – sono arrivati alla contemporaneità attraverso percorsi in parte ancora oscuri. *Coordinatrice scientifica di In hoc signo vinces e di Il Novenario tra sacro e ludi equestri
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