Ci libereremo mai dai muri? [di Nicolò Migheli]

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Chi almeno una volta ha superato la frontiera tra l’Europa occidentale e i paesi del Patto di Varsavia sa che cosa è un muro. Militari in mimetica con fucili d’assalto esibiti. Cani addestrati a fiutare ed aggredire, valige aperte, borse rovesciate davanti a sguardi gelidi e diffidenti. Fino al 1989 l’Europa era così, in bianco e nero. Da una parte noi e dall’altra loro, simili e diversi. Ora tornano i muri. L’ungherese Orbán ne vorrebbe costruire uno tra la Serbia e il suo paese. Centosettantacinque chilometri di filo spinato, fasce di terra di nessuno, torrette e riflettori che sciabolano il buio della notte; la solita panoplia di allarmi elettronici controllati in remoto.

Non è l’unica barriera, nell’enclave spagnola di Melilla in Marocco ne esiste una, così tra Grecia Bulgaria e la Turchia. Muri che dovrebbero proteggere i cinquecento milioni di europei della Ue dalle invasioni dei disperati. Valli che hanno più effetto rassicurativo per chi li erige che una utilità. La Grande Muraglia non ha impedito all’Orda d’oro di conquistare la Cina e il muro di Berlino non ha salvato la DDR.

L’Europa nei secoli scorsi ha conosciuto ondate emigratorie che hanno colonizzato interi continenti sradicando popolazioni, sopprimendole, sottoponendole al proprio dominio. In questo secolo è proseguito lo sfruttamento coloniale dei paesi africani, appoggiando qualsiasi dittatore che facesse i nostri interessi, destabilizzando Medio Oriente e Nord Africa. Quelle popolazioni in fuga presentano il conto.

Se la geopolitica spiega, le scienze umane potrebbero dare risposte ulteriori. Perché tanta paura dell’altro? Solo perché di etnia e religione differente? Solo perché poveri? C’è qualcosa di più. Lo suggeriva l’antropologo francese Marc Augé, sostenendo che è un comportamento che tocca archetipi insiti nelle culture umane. È la paura che le comunità stanziali hanno sempre avuto verso quelle nomadi. Il timore di quelli che non hanno o non posseggono più un luogo, che si muoverebbero per impadronirsi del tuo. Nel contempo in queste migrazioni si immagina un possibile destino per la tua comunità.

Un terrore a cui si reagisce con il rafforzamento delle identità – qualsiasi cosa significhino- con una feticistica rappresentazione delle radici. Tensioni a cui non si sottraggono neanche le socialdemocrazie scandinave, messe in crisi da movimenti xenofobi e parafascisti. Il Partito Popolare Danese descrivendo gli immigrati come appartenenti ad una civiltà inferiore, nelle elezioni del 18 di giugno scorso, ha ottenuto il 21,1% dei voti; diventando il secondo partito del parlamento con buone possibilità di entrare nel governo. Nessuna società europea contemporanea è immune da queste regressioni. In Sardegna, alcuni che si definiscono indipendentisti, cominciano ad adottare il linguaggio di Salvini o di Grillo. Pochi per fortuna, però sono il segnale debole di fenomeni che possono diventare devastanti.

È pur vero che ogni società produce i suoi fascismi, che spesso il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie, come sosteneva il protagonista dell’indipendenza americana Samuel Johnson. Lo scontro continuo tra “razzisti” e “buonisti” comporta una impossibilità a capirsi, a trovare soluzioni ad una emergenza che rischia di travolgere le nostre società democratiche. Non c’è cultura o status che tenga, sono comportamenti che evidentemente affondano nel subconscio.

Il disprezzo dell’alterità si rivela anche in persone che hanno fatto gli studi giusti, ed hanno professioni che sono indenni alla supposta concorrenza dei migranti. È la paura delle proprie opinioni pubbliche che spinge la Francia ad applicare l’accordo di italo-francese di Chambéry del 1997 impedendo il passaggio dei profughi e respingendoli, così come sta facendo l’Austria con un trattato simile. Molti pensano che tutto ciò sia l’effetto della scomparsa di una sinistra forte. Forse è solo una nostalgia senza vero fondamento.

È stato il Partito Socialista francese ad affondare la costituzione europea per paura della concorrenza dell’idraulico polacco. Cento anni fa il Partito Socialista tedesco ruppe gli accordi internazionali del movimento operaio, per aderire alla guerra mondiale che le classi dirigenti di quel paese avevano imposto. Il dominio della finanza internazionale ha dato l’ultimo colpo, riducendo i residui della classe operaia a massa di manovra salariale – Marx è sempre utile- e i ceti medi alla perdita di reddito e status. Drammi che mostrano che il capitale apolide non vuole confini, mentre le persone impoverite o che temono di perdere quel che hanno, sognano barriere e respingimenti. Siamo destinati a non liberarci mai dai muri? Speriamo di no, però rischiamo conflitti da cui potrebbero nascere forme di governo autoritario.

Non a caso il modello di certe destre europee sono l’Ungheria di Orbán e la Russia di Putin. L’unica strada per evitare queste derive è costruire società meno ineguali e cambiare totalmente la politica europea verso l’Africa. Più facile a dirsi che a farsi. Viviamo in tempi di alleanze di volenterosi e di egoismi nazionali molto forti. La solitudine dell’Italia sul fronte dei migranti e la vicenda greca lo dimostrano. L’unica etica per uno stato è il proprio interesse. Così scrisse il politologo tedesco-americano Hans Morghenthau.

Occorrono èlite europee che riprendano il sogno dei padri fondatori. Non se ne vede traccia. Il declino e la disgregazione incalzano, con la prospettiva di un nuovo fascismo.

One Comment

  1. Maria

    Troppe cose concorrono alle “chiusure”, la prima è la paura. L’educazione alla libertà, alla tolleranza e la cultura aperta, l’identità intesa come conoscenza di noi stessi , della nostra cultura e delle nostre origini , concorrono tutti a rafforzarci come “persona” ed essere sociale che non discrimina : insieme sono un mezzo per superare i muri. Occorrono inoltre il superamento dello svantaggio sociale e il lavoro per tutti . E’ una ricetta complicata mi rifaccio a quanto affermava Davide Cova, sono obiettivi complessi e difficili da raggiungere. La società non aiuta ad educare, manda messaggi distorti, ci sono politici che si servono di tutto per farsi propaganda , senza mettersi il problema delle conseguenze.

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