Dopoguerra e ricostruzione [di Franco Masala]
L‘intervento è l’abstract della Relazione tenuta nel corso del IV appuntamento del Progetto “Alla ricerca della storia perduta” organizzato a Cagliari dal Fai Sardegna il 19 giugno 2015 per la presentazione del volume “Il Museo coloniale di Roma” di Franca Gandolfo, . Le pagine del volume antico squarciate dalle bombe del 1943 rendono perfettamente ciò che contraddistinse Cagliari e l’Italia dopo i tragici eventi della seconda guerra mondiale. Nonostante la pubblicazione del volume La protezione del patrimonio artistico nazionale dalle offese della guerra aerea (1942) e la presenza di contrassegni con triangoli nero/bianco sul tetto di obiettivi sensibili, le bombe colpirono indiscriminatamente uomini, donne, bambini, edifici monumentali e case d’abitazione, dimostrando che le armi sono tutto fuorché “intelligenti” e rendendo vana ogni precauzione preventiva. La difficile fase della ricostruzione mise in discussione, per esempio, i principi acquisiti della Carta del restauro, adottata nel 1938, costringendo a interventi “caso per caso” che emblematicamente si possono riassumere nel ripristino di alcune chiese cagliaritane, distrutte o danneggiate gravemente, secondo la formula della ricostruzione “dov’era e com’era” (chiesa di S. Anna); “dov’era ma non come era” (S. Domenico che poggia sulle rovine tardogotiche la chiesa nuova, peraltro egregio esempio di architettura del secondo Novecento dell’arch. Raffaello Fagnoni); “dove non era e come non era” (chiesa dei SS. MM. Giorgio e Caterina, sfrattata dalla via Manno e ricostruita alle pendici del Monte Urpino in forme moderne e interessanti). È vero però che una spinta notevole alla ripresa economica dal dopoguerra fu data dal Piano Fanfani che nell’arco di due settenni (1949-1956; 1956-1963) realizzò le abitazioni economico-popolari INACASA, guidando l’espansione di moltissime città italiane, Cagliari compresa. Qui un’appendice interessante è fornita dalla “città-giardino” di Adalberto Libera, realizzata tra le vie Pessina e Scano per i dipendenti di diversi istituti così da divenire volano dello sviluppo urbano. Contemporaneamente, in deroga alle norme del Piano di ricostruzione, approvato nel 1947, il sindaco poteva autorizzare la costruzione di edifici con volumetria aumentata per “grandiosità di proporzioni e particolare dignità di forma” determinando la costruzione dei “grattacieli” Enel, ex Banco di Roma e ex Banca Popolare di Sassari in punti nevralgici della città (ma già Sassari aveva avuto il suo primo “grattacielo” nei primissimi anni ’50 !). Che poi si trattasse, in particolare per il primo edificio, di buoni esempi di architettura non sposta il problema di una ubicazione almeno discutibile. Intanto, i finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno favorivano lo scavo di zone archeologiche importantissime (Tharros, Nora, Barumini), aprendo la possibilità di un turismo che cominciava a disporre di una decina di alberghi dell’Ente Sardo Industrie Turistiche, realizzati nel territorio regionale, dal 1953 in poi, con fortuna alterna a causa di una serie di motivi (difficoltà di gestione, preparazione inidonea del personale, strade e ubicazioni non sempre all’altezza) tali da provocare nel 1967 la dismissione di quel patrimonio. L’Italia era immersa in pieno boom, ben rappresentato dalla fortuna e dalla diffusione del modello della 600 FIAT in una con la realizzazione dell’Autostrada del Sole che finalmente univa Nord e Sud della penisola (anche se la sua naturale prosecuzione Salerno-Reggio Calabria è ancora in corso di realizzazione …). Aveva, però, anche le contraddizioni tra il successo internazionale del design italiano in tutto il mondo e, per fare un solo esempio, i problemi ancora ancestrali dei Sassi di Matera con promiscuità di uomini, donne, bambini e animali, oggetto di riflessioni letterarie e sociologiche che solo in tempi lunghi avrebbero portato alla loro liberazione e all’inserimento nel Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 1993. |