La ruspa di Renzi e il tramonto della democrazia [di Nicolò Migheli]

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Con dedizione ammirevole Renzi prosegue nell’opera di distruzione di quanto costruito dalla democrazia italiana. Riforma costituzionale, riforma del lavoro e della scuola sono i tasselli del medesimo progetto autoritario. Le èlite  si sono ribellate, così come ebbe a scrivere Christopher Lasch. Caduto il muro di Berlino, passata la paura del comunismo, perché non ripristinare i rapporti di potere esistenti prima della crisi del Ventinove?

La fine della società industriale classica e la finanza apolide sono state la condizioni “oggettive”. Ce lo chiede l’Europa e ce lo chiedono i mercati. Parole che tutto nascondono e alla fine si rivelano come il vero vitello d’oro dei nostri tempi. Non esiste società, esistono individui e interessi, a quella teorizzazione devono corrispondere le controriforme. Mettere le mani nella scuola, irreggimentarla come agenzia di formazione dei sudditi. Ci stanno riuscendo. A loro occorrono un insieme di individui ignoranti, appesi alle false notizie e al pensiero magico, manipolati fin da piccoli. Persone convinte di possedere il bastone napoleonico di maresciallo nello zaino, per poi accorgersi che se non si è nati nella famiglia giusta, se non si hanno risorse economiche per frequentare le migliori scuole internazionali, il destino sarà da precario.

Anche la meritocrazia si rivela un panno rosso agitato davanti ad occhi imbufaliti. In Gran Bretagna nonostante il decantato merito, i cognomi più importanti, quelli che ad ogni generazione coprono le caselle del potere reale, sono sempre gli stessi da centocinquant’anni. In Italia la finestra di opportunità che ha permesso alle generazioni del dopoguerra la mobilità sociale si è definitivamente chiusa. D’altronde andiamo verso una società dei senza lavoro, dove computer e robot produrranno quel che serve. Per rendersene conto basta osservare le casse elettroniche dei supermarket dove al cliente viene richiesto di fare il cassiere.

A che servono quindi le persone istruite formate ad una autonomia di giudizio? Bastano poche conoscenze informatiche e il resto è inutile, anzi può essere pericoloso. La stessa politica è diventata una finzione. Si racconta come il luogo della decisione, alle elezioni presenta programmi che poi vengono invariabilmente disattesi perché occorre seguire indicazioni imposte. In realtà i politici sono diventati i ventriloqui di burattinai che risiedono in organizzazioni internazionali non elette. Quelle che governano la nostra esistenza.

Renzi non fa eccezione. Il presidente del consiglio se non esegue i diktat di Bruxelles e Francoforte e Washington corre il rischio di essere rimosso. L’arma dello spread è dietro l’angolo. Tutta l’ostilità a Tsipras forse nasconde un cambio di governo orchestrato dalla troika. A differenza del greco, Renzi è organico a questo modo di pensare, è sufficientemente cinico. Lui crede nella finanza e a Palazzo Chigi si circonda di consulenti che vengono da quel mondo.

Di liberté, egalité e fraternité sopravvive solo la prima, l’unica che serva realmente alla èlite. La libertà assoluta di fare quel che si vuole. L’eguaglianza di opportunità abolita di fatto, basta avere bisogno di una visita medica specialistica per averne conferma. Se si paga si ha la precedenza. La fraternità sostituita dal conservatorismo compassionevole e dalla carità che i volenterosi vorranno praticare. Anche la coesione sociale a poco serve, meglio un insieme di individui concorrenti che sfoghino risentimenti e rancori vicendevolmente. La messa in ombra dei principi illuministici porta con sé un comunitarismo xenofobo, anche questo voluto perché per nulla contrastato.

Si assiste alla nascita di un neo feudalesimo con la finanza come imperatrice, e rappresentanti locali in ogni territorio nella veste di valvassori . Di nuovo i notabili che amministrano pochi fondi distribuendoli a pochi cittadini della loro cerchia trasformati definitivamente in clientes. La disaffezione alle elezioni – diventate recita- è funzionale al mantenimento ed alla conferma del potere. Ci sarà sempre una minoranza che li eleggerà. Le generazioni che hanno conosciuto altri tempi ed altri impegni, assistono sconfortate al tramonto di una democrazia fatta di contropoteri e contrappesi. Sopravvivranno solo forme plebiscitarie, la scelta tra gruppi di potere momentaneamente concorrenti per ridiventare alleati nella sostanza dell’agire.

Ci si chiede se il PD ci sarà ancora dopo questa mitragliata di misure impopolari. Ci sarà, e sarà quel che è diventato: un raggruppamento elettorale da mobilitare per le scadenze che confermeranno quei pochi di cui sopra. «Un partito franchising, come le gelaterie» dichiara Gianni Cuperlo.

In una deriva europea di questo tipo, si capiscono ancor di più i movimenti indipendentisti catalani e scozzesi. Loro aborrono il comunitarismo escludente, coniugano i principi illuministici all’interno della loro nazionalità. L’indipendentismo come possibilità di essere ancora democratici. E noi sardi? Tutte le decisioni in mano nostra.

3 Comments

  1. Antonello Farris

    Grazie. Concordo totalmente. E’ come se la democrazia si fosse ammalata gravemente…e sta morendo. L’unica possibilità sarebbe l’indipendentismo? La Scozia non c’è riuscita e anche la catalogna è ferma e nulla lascia prevedere che possa esserci un distacco dalla Spagna. E noi sardi?…
    Per ora è impossibile (ma sarebbe bello), viviamo in uno stato confusionale preoccupante. Ci vorrebbe un’elaborazione politica alta, ci vorrebbero uomini nuovi, colti critici lucidi decisi. E una scuola che a partire dall’asilo insegni con convinzione la liberté egalité fraternité. Non è facile ma forse se ci scrollassimo di dosso un certo torpore si potrebbe iniziare (anche a scendere nelle piazze tutte le settimane per qualche mese!). Io ci sto.

  2. Maria Luisa Vargiu

    Molto ben scritto, reale e triste.
    La ” ruspa ” è comoda e spaziosa.
    In tanti vi sono saliti.
    Con il turbo ora avanza.
    Con lei anche la ” Ribellione “.
    ” Venni, vidi, vinsi ” ?
    E’ solo del grande Giulio Cesare.

  3. Efis

    Giulio Cesare operò per la grandezza di Roma. Renzi operò con i nemici di Roma per sconfiggerla e umiliarla.

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