Cercasi leadership disperatamente [di Carlo Melis]
Ai tempi dei partiti in carne e ossa, dopo un tonfo elettorale il primo impegno, politico e morale, era dimettersi senza indugi. In gioco la dignità del gruppo dirigente la cui leadership era messa alla prova dalle scadenze elettorali. Bandita l’autoreferenzialità e la comunicazione significava radicamento nei territori di cui si conoscevano i problemi e dove si discutevano le azioni di governo che li avrebbero risolti. Le elezioni erano una verifica e misuravano il consenso di chi era in campo. Non gli sarebbe venuto in mente di convocare una convention in cui, prima che inizi, si contestano metodi di convocazione e di coordinamento. C’è il rischio che chi prima arriva si prenda la sedia? O sarà il segretario regionale – il primo in questione per la disfatta – a stabilire chi si mette dove o chi coordina cosa? Si è capito, in tanta confusione, che oggi 13 luglio (perché non il 14, data super simbolica?) in Sardegna il Pd convoca un’assemblea nel miglior stile populista dove ruoli e funzioni si confondono. Di conseguenza, anche le responsabilità, perché, come è noto, nella confusione o di notte le pecore possono convincersi di essere leoni. Pertanto è probabile che nessuno chiederà conto a nessuno. Senza peccare di nostalgia – la storia vuole però il suo pedaggio – mai sarebbe avvenuto un simile cacciucco nel Pci o nella Dc nonostante fosse un variopinto patchwork che impiegava le energie migliori nelle lotte fratricide salvo ricompattarsi nella gestione del potere in quei “ritiri” di cui Leonardo Sciascia in Todo modo ha dato un insuperato affresco. Quindi non un ritiro della maggioranza in un’abbazia per fare autocritica sul disastro elettorale e politico ma una più modesta, improvvisata, pasticciata assemblea nella domestica Sanluri. Il dubbio è se sarà una convention genere leopoldina o publitalia. Nella sostanza la stessa cosa. Auguri al partito di maggioranza e alla coalizione e ai naufraghi della politica. Povera Sardegna vittima dell’assenza di una vera leadership nel centro sinistra, al governo in Regione da un anno e mezzo. Un memorandum per Francesco Pigliaru che farà il discorso di chiusura, come in campagna in elettorale, ricordandogli che è già presidente della Regione e dovrebbe tenere quello iniziale per fare il punto della sua azione di governo e degli impegni assunti. Il primo fu la riforma della legge elettorale. Impegno, ad oggi, totalmente disatteso. Anzi, la giunta Pigliaru si è costituita in giudizio versus il ricorso al TAR di un gruppo di cittadini contro la legge elettorale sarda che, con il premio di maggioranza e la soglia di sbarramento, fa sì che sia eletto con pochi voti un candidato coalizzato con i due maggiori partiti (Pd e FI) e lascia fuori chi, non coalizzato, di voti ne ha presi migliaia. Circa la dichiarazione di Pigliaru “dobbiamo dimostrare che la politica non arricchisce nessun se non di valori” occorre dire che in alcuni casi la giunta regionale pur non arricchendo nessuno, ha comunque “sistemato” nelle strutture politico-amministrative della Regione persone dell’apparato dei partiti della sua maggioranza e, con i contratti di consulenza, altre bocciate dalle urne. Quanto ai riscontri delle dichiarazioni programmatiche, non può sfuggire l’assenza ad oggi di un qualsiasi progetto di sviluppo industriale e di un Piano Energetico Ambientale Regionale, mentre è quasi ingenua la proposizione di una Sanità con “una gestione indipendente dalle ingerenze della politica nelle scelte operative“. Con il persistere del caro tariffe sui traghetti da e per la Sardegna dove sta l’ottimizzazione dei servizi? E’ tutela dell’ambiente continuare a consentire la speculazione eolica con un articolo della legge edilizia che consente impianti eolici “negli ambiti di paesaggio costiero”? Di queste e di altre verifiche relative al programma della giunta Regionale i sardi vorrebbero si parlasse nella convention odierna. Non solo di “rimpasto” per sostituire assessori sgraditi al leader politico di turno, a cui addebitare incapacità e inefficienze ben note al momento della loro nomina, determinata dagli sponsor di riferimento e non dal “merito“, come Pigliaru costantemente garantiva in campagna elettorale. Nella convention il presidente abbia come vademecum le Vertenze industriali e la difesa di ciò che è salvabile; la Qualità paesaggistica (“Puntiamo a gestire l’aggiornamento del Ppr, salvaguardando i principi e adottando i testi unici dell’urbanistica e dell’edilizia per favorire l’adozione dei Puc”); l’Istruzione (“Presto il Piano straordinario per l’istruzione, fatto di cose semplici che però nessuno ha fatto”); la Difesa del suolo e riduzione del rischio idrogeologico (“Rimediare a un’antropizzazione sbagliata”); l’Ambiente (“Bonifiche, mai più discariche”); la Sanità (“Più innovazione tecnologica, più vicinanza con i cittadini, e soprattutto una gestione indipendente dalle ingerenze della politica nelle scelte operative“); l’Equità (“La povertà non è un destino, dobbiamo farci carico di queste persone e ridare loro prospettive oltre al mero assistenzialismo“); l’ Infrastrutture (“Edilizia scolastica e completamento delle incompiute”); i Trasporti (“Emergenza della viabilità marittima e dalla continuità aerea, ottimizzazione dei servizi. Subito i fondi per le metropolitane di Cagliari e Sassari e avvio del confronto con Trenitalia per la rete ferroviaria”); l’Agenzia regionale delle entrate (“Monitorare le imposte versate allo Stato da cittadini sardi”); il Patto di stabilità (“All’aumento delle entrate, lo Stato non ha fatto seguire un adeguamento del Patto. Siamo pronti a una grande battaglia per la Sardegna da condurre insieme, maggioranza, opposizione e parlamentari sardi”); la Riduzione della pressione fiscale sulle imprese per l’assunzione di giovani disoccupati. Contenimento di spese e sprechi (“Entro sei mesi la revisione della spesa, con l’obiettivo di riformare anche enti e agenzie regionali con accorpamenti e riduzione dei cda“).
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