Politici e celebrità, chi grida più forte è ancora oggi il più ascoltato [di Nathan Jurgenson]

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La Lettura. Corriere.it. Nathan Jurgenson: servono norme culturali per dare voce a chi non ce l’ha.

Si dice spesso che i social media danno «voce» a chi non ce l’ha. Il dibattito pubblico è attualmente molto diversificato, perché gli strumenti per comunicare sono oggi più democratici di quanto siano mai stati. Ma a dispetto di questa prospettiva incoraggiante, la ferrea legge dell’oligarchia, più forte che mai, subito si riafferma: gli attori imperanti prima dell’avvento dei social media continuano a dominare. I vecchi mezzi di comunicazione, le celebrità, i politici e tutti quelli che erano in precedenza i più influenti hanno tuttora successo nel social web. Non si può riconoscere ai social media di dar voce a chi non ce l’ha, se non riescono anche a far tacere chi prima parlava più forte.

Se si dà un megafono a tutti, chi più grida continua a essere il più ascoltato. Il volume è più alto per tutti, ma non è lo stesso per tutti. I social media manterranno la promessa di dare voce a chi non ce l’ha solo se andranno oltre una pura amplificazione generalizzata, che ricrea le gerarchie esistenti. Non parlo solo di come definire in termini giuridici la «libertà di parola», ma di norme culturali che stabiliscono chi viene ascoltato e quanto.

Voce per chi? Il contrasto a chi prima era troppo ascoltato è qualcosa a cui stiamo assistendo, ma è messo all’indice con etichette come «cultura dei twitter tossici», «dell’odio organizzato», «della vergogna», «della levata di scudi», «dell’indignazione», tutti prodotti dai «guerrieri della giustizia sociale». Queste espressioni sono di solito usate in senso peggiorativo da chi è abituato a dire qualsiasi cosa su qualsiasi argomento in una sostanziale assenza di contraddittorio. Ma questa tendenza è il prodotto, anche se imperfetto, di una sfera pubblica sempre più variegata creata dai social media, e fa temere a chi prima gridava più forte di essere ridotto al silenzio. In effetti, il modo migliore per dare voce a chi non ce l’ha è mettere a tacere chi prima dominava.

Nel mio paese, gli Stati Uniti, è proprio abbassando il volume dei tradizionali protagonisti che i social media hanno raggiunto il maggior successo. I movimenti per i diritti degli omosessuali, contro gli abusi sessuali, per la fluidità di genere, contro la violenza della polizia razzista, sono stati tutti avvantaggiati dalla sostituzione dei vecchi canali di comunicazione con un dibattito pubblico più ampio. Questi movimenti hanno avuto bisogno che voci nuove – una volta prive di legittimazione – diventassero autorevoli, e che le vecchie autorità non fossero più considerate legittime. Dovremmo combattere non solo per dare nuova voce a chi non è ascoltato, ma anche per zittire chi lo è troppo.
(Traduzione di Maria Sepa)

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