Gianni Licheri credeva in un’Università aperta [di Franco Meloni]

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Il 68 ha creato sogni. Nel Mistero Buffo della vita, si pensava che una risata avrebbe seppellito il potere. I discorsi erano sempre “a monte” e, nella misura in cui erano plausibili, raccoglievano consenso. L’arte oratoria faceva rimpiangere i sofisti e i discorsi che avevano infiammato la Comune. Ma il mondo era globale, ancora prima di esserne cosciente. I problemi dei contadini di Hanoi erano simili a quelli di chi manifestava a Berkeley o nelle miniere del Cile. Don Milani e i preti operai facevano sperare in una realizzazione di una Pacem in Terris per tutti gli uomini di buona volontà. Credevamo nella politica. Ciascuno a modo suo ma con il senso della responsabilità delle proprie azioni.

L’Aula Magna dell’Istituto di Fisica era il luogo delle discussioni. Si voleva un’Università aperta a tutti, che roba, Contessa, e non solo per i figli dei Padroni, che erano tutti da impiccar. Nelle innumerevoli sedute – ma nel frattempo studiavamo duro – era inesorabile l’intervento di Gianni Licheri che chiedeva a tutti noi se una scelta sarebbe stata opportuna, stavamo cambiando il mondo, per “il figlio del pastore di Orgosolo”.

Pratobello era vicino e Antine Nivola disegnava una Sardegna ridotta ad una riserva indiana dalla cementificazione delle coste. Nel tempo in cui era vietato vietare, Gianni Licheri dava un senso politico alle nostre istanze di cambiamento. Gianni mi manca. In un tempo in cui i cattivi maestri hanno fatto dimenticare che ne sono esistiti anche, e soprattutto, di buoni, lui, con altri, fortunatamente per me, rappresentava una roccia, solida ma senza spigoli.

Abbiamo lavorato a Sant‘Elia ad un progetto di cambiamento della scuola che eliminasse la necessità di dover scrivere lettere a professoresse che non vedevano gli ultimi, e quindi più importanti, dei propri studenti. Abbiamo lavorato nel proporre una scelta di un Rettore che non fosse solo dovuta alla decisione di pochi Baroni, e allora erano potenti. Gianni Licheri ha avuto il coraggio di proporsi, con un programma che mi sembra ancora attuale, per un governo dell’Università che non discendesse da unzioni divine. Ricordo sempre lo stupore del Magnifico Rettore Casula che non si capacitava della necessità di esporre, con un promettente Mistretta, la propria idea di governo confrontandola con quella di Gianni.

Sembrano millenni fa. Poi abbiamo fatto Promea, tentativo di collegare l’Università con il mondo della produzione. Gianni ne è stato Presidente e la speranza è stata grande. Poi la crisi. Nell’età in cui si dovevano verificare i risultati, la sua grande intelligenza è stata colpita nel modo più vigliacco da un male che ci toglie la coscienza di noi stessi. Il grande cuore di Gianni ha battuto forte, fino a pochi giorni fa. Ora rimane il ricordo e la coscienza di aver avuto una grande fortuna nell’averlo frequentato. E’ giusto rimpiangere e piangere gli amici, soprattutto se sono stati buoni maestri, e ancora, nelle mie scelte, sono portato a pensare cosa significherebbero per “il figlio del pastore di Orgosolo”.

*Fisico. Università di Cagliari

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