Selfie con Lombroso [di Nicolò Migheli]
Se non riguardasse una questione molto seria, la notizia pubblicata dall’Unione Sarda del 20 di agosto, andrebbe derubricata come colpo di sole ferragostano. Invece la Flumini Mannu Limited, sedi a Macomer e Londra, nella sua relazione di accompagnamento di un progetto di solare termodinamico su 330 ettari di Campidano produttivo, stigmatizza la pastorizia sarda con descrizioni che sembrano tratte dai brogliacci di Lombroso e dal positivismo di fine Ottocento. Mancano le misure dei crani e la dichiarazione di razza inferiore, per il resto ci siamo. Si usano categorie come progresso e arretratezza che rimandano a paradigmi economici che hanno dimostrato tutta la loro drammatica inutilità quando imposte alle comunità oggetto delle mire altrui, non protagoniste della propria modernizzazione. La pastorizia come attività barbara, sporca e violenta. Il passaggio sullo sgozzamento degli agnelli vale un saggio sulla reificazione delle società urbane. Una descrizione fatta a bella posta per impressionare i valutatori del Ministero dell’Ambiente, che si immaginano cittadini e in preda a fondamentalismi vegani. Chi ha scritto quelle pagine nulla sa, o meglio sa e falsifica una realtà che dovrebbe conoscere bene. Ignora le direttive europee e l’azione decennale dell’Assessorato all’Agricoltura sul benessere animale; non sa o non vuole sapere che gran parte delle macellazioni avvengono in luoghi dotati di certificazioni ed autorizzazioni sanitarie che obbligano a non infliggere violenze inutili, anzi a praticare una dolce morte; non sa che la macellazione tradizionale è simile a quella rituale che praticano gli ebrei e gli islamici. Chi ha scritto quelle pagine volutamente sottovaluta che oggi la pastorizia è una voce importante del Pil della Sardegna, che i formaggi sardi sono richiesti nel mondo proprio per la loro semplicità, per le caratteristiche nutrizionali e perché in gran parte prodotti da latte da pascolo. Il rapporto insiste con la categoria di attività economica assistita. Vero, la pastorizia lo è, così come tutta l’agricoltura americana ed europea, Svizzera e Norvegia incluse che della Ue non fanno parte. Mentre il solare termodinamico non lo sarebbe? Senza gli incentivi di stato avremmo le campagne invase da torri eoliche, fotovoltaico a terra? Trova un altro argomento di conversazione, si potrebbe dire parafrasando una celebre canzone del secolo scorso. Per fortuna il Corpo Forestale liquida queste affermazioni come esilaranti. L’autore del rapporto è l’architetto Luciano Virdis. Lo conosco dai tempi dell’università a Roma. Con lui in questi anni abbiamo avuto occasione di discutere e polemizzare su quel progetto sia in incontri informali con amici comuni, che in dibattiti pubblici organizzati dal FAI e da altri. Ha sempre sostenuto che in Sardegna non ci fosse nessun land grabbing. Mi dispiace caro Luciano il land grabbing esiste, e la tua relazione è lo strumento ultimo per il furto di terre. Lo confermi ogni giorno. Tu oggi sei diventato, magari senza rendertene conto, il tipico rappresentante di quella borghesia compradora che da giovane detestavi. Sei uno strumento in mano a gruppi internazionali che vogliono sottrarci le fonti della vita. Ti dissi che il solare termodinamico si sarebbe potuto realizzare in terreni marginali, nelle aree industriali. Mi rispondesti che, perché fosse economico, bisognava realizzarlo in territori di pianura. Quindi in terreni fertili a maggior valore aggiunto, dico io. Per fare questo ricorri agli strumenti più biechi degli stigmi antisardi, come un salviniano qualsiasi. Poco ci manca che scrivessi che abbiamo l’anello al naso e la sveglia al collo, anche se l’aggettivo barbaro quello significa. Non sopporti che gran parte dell’isola sia contraria al vostro progetto. Che l’opposizione non sia solo dei comitati ma anche delle istituzioni. Il rapporto che hai scritto è la dimostrazione della debolezza delle argomentazioni messe in campo. Tu pur sapendolo però le hai usate. Quel pecunia non olet lanciato contro i pastori si rivolta contro di te. Questa vicenda è l’ennesima esemplificazione dell’attacco in atto che le terre sarde stanno subendo. Per evitarlo, occorrerebbe una legge regionale di un solo articolo: Il territorio agricolo e forestale della Sardegna è bene strategico che appartiene ai sardi. Può essere usato solo per la produzione di cibo e di derivati per le attività artigianali. Basta poco, solo la volontà di scriverla e approvarla. |
La Regione faccia in fretta. Non c’è più molto tempo per salvare dallo scempio ambientale, economico, paesaggistico, il territorio agricolo e non solo. Faccia una legge che fermi l’eolico e il voltaico. Basta invasioni esterne con iniziative che portano utili (discutibili) a scapito della rovina del nostro territorio che va salvaguardato come fosse un tesoro…l’unico tesoro di cui disponiamo. Incrementiamo l’agricoltura, la pastorizia e l’agroalimentare.
E non trivelliamo da nessuna parte!