Slow Food Ararat: un presidio per salvare il Motal [di Nadia Pasqual]
I pastori armeni producono il formaggio Motal fin dall’antichità con una tecnica tanto semplice quanto sapiente. Munte le capre, il loro latte viene lavorato finché è ancora tiepido, senza riscaldarlo. La pasta del Motal viene aromatizzata con erbe di montagna e quindi inserita in contenitori di terracotta rivestiti internamente di panna acida. I contenitori vengono capovolti e appoggiati sulla cenere, dove il formaggio deve maturare per almeno quaranta giorni. A quel punto, la terracotta viene sigillata con cera d’api e il Motal si può conservare fino a sei mesi. La particolare tecnica di conservazione è ciò che rende unico questo formaggio, che ha il sapore dei pascoli di montagna e delle erbe aromatiche che crescono selvatiche sugli altipiani armeni. Sapori e tradizioni che rischiano di scomparire. I produttori del Motal sono tradizionalmente i pastori armeni, che allevano da 10 a 150 capre ciascuno e vivono in condizioni economiche molto precarie, e non sempre riescono a garantire il lungo processo di conservazione nella terracotta. Spesso, sono costretti a svendere il loro formaggio appena prodotto, alimentando un circolo vizioso che li impoverisce ulteriormente. Il Presidio del Motal, come è dichiarato sul sito di Slow Food, è nato per strappare i produttori al loro atavico isolamento, consentendo loro di collaborare, migliorare le condizioni di lavorazione del formaggio e ottenere le autorizzazioni sanitarie necessarie per venderlo sul mercato nazionale e internazionale. Per migliorare le condizioni sanitarie e la salute degli animali un veterinario locale, collaboratore della Fondazione Slow Food, visita regolarmente tutti i produttori. Inoltre, grazie al lavoro di coordinamento del giovane agronomo Ruslan Torosyan, è stato redatto un disciplinare di produzione che prevede l’uso di latte caprino in purezza, la salagione minima di 40 giorni, la stagionatura nei recipienti di terracotta e la salvaguardia delle capre autoctone. “Adoro questo formaggio, lo produco io stesso acquistando il latte dai produttori locali che conosco, e organizzo diversi laboratori per insegnare alla gente, e soprattutto ai giovani, le tecniche per produrre questo caposaldo della nostra gastronomia“, ha dichiarato Ruslan in una recente articolo di Carlo Petrini pubblicato su La Repubblica il 23 settembre scorso. La missione di Ruslan Torosyan non è solo di salvare il formaggio Motal, bensì di preservare gli antichi mestieri e i sapori autentici della sua terra, l’Armenia, e in particolare della regione di Gegharkunik, al confine con l’Azerbaigian. Qui si producono anche le albicocche della varietà Shalakh, utilizzate per preparazioni tradizionali, come la confettura chiamata “maraba”. Le albicocche in Armenia si coltivano da oltre tremila anni, ma le varietà autoctone come questa rischiano ora di scomparire, soppiantate da altre con una resa commerciale superiore. Gli sforzi di Ruslan, che è anche fiduciario della condotta Slow Food Ararat, sono stati in parte ripagati: l’albicocca Shalakh è stata inserita nell’Arca del Gusto di Slow Food, il catalogo internazionale che descrive prodotti alimentari, razze e varietà a rischio di estinzione. E’ questo il primo passo per attirare l’attenzione internazionale e attivare meccanismi virtuosi che permettano di invertire la rotta e conservare i sapori locali. Dal 3 al 6 ottobre Ruslan sarà a Milano per Terra Madre Giovani-We Feed the Planet, l’evento organizzato dalla Rete Giovani di Slow Food per discutere concretamente del futuro del cibo e del pianeta. Ruslan è convinto che i più giovani abbiano bisogno di essere motivati e coinvolti con tematiche contemporanee e linguaggi adeguati, e vuole dare il suo contributo. “Non si tratta solo di contenuti, che chiaramente tutta la rete condivide, ma anche di proporli in modo accattivante utilizzando le risorse creative e comunicative di questa incredibile e multietnica rete mondiale. Lo so, ne sono certo, tutti insieme riusciremo a cambiare il mondo del cibo e a salvare i tesori del gusto che stanno sparendo”. *Consulente di marketing e comunicazione per il turismo, esperta di Armenia |
L’Ararat non è più armeno, purtroppo. I Turchi, noti democratici che vogliono entrare in Europa da partners dopo che hanno fallito da conquistatori, glielo hanno portato via e noi stiamo tutti zitti ed anzi forse non ce ne siamo accorti, visto che si parla di formaggio armeno oggetto di un presidio Slow food Ararat.