Nelle primarie americane torna la sinistra [di Nicola Melloni]

20150412Hilary

MicroMega.it 15 ottobre 2015. Ho trovato molto interessante il dibattito tra i candidati Democratici alla Casa Bianca. Siamo solo all’inizio della campagna elettorale e le seguenti considerazioni vanno prese con un pizzico di prudenza, perché in effetti per il momento l’intento dei candidati è mobilitare il proprio elettorato e non vincere le elezioni nazionali.
Eppure, anche tenendo conto di ciò, non si può non notare un deciso spostamento a sinistra del dibattito politico all’interno del Partito Democratico.

Quasi tutti i pretendenti – con l’eccezione, ahimè, di Bernie Sanders – si sono detti intenzionati a restringere l’accesso della popolazione alle armi da fuoco e, soprattutto, a legiferare per rendere responsabili le grandi industrie delle armi – la temibile NRA è uno dei lobbysti più forti in America – per i massacri che si ripetono con triste regolarità.

Secondo uno dei candidati, Martin O’Malley, la guerra in Iraq è stato uno dei più grandi errori nella storia dell’America. Per Sanders il più grande pericolo per gli Stati Uniti è il cambiamento climatico. E nel programma della stessa Clinton vi è non solo l’impegno ad alzare il salario minimo ma anche a rafforzare la contrattazione collettiva, l’opposto di ciò che intende fare Renzi, tanto per fare un esempio.

Il dato però che ho trovato più interessante è quanto forte ed insistito fosse il tema della diseguaglianza. Sanders è chiaramente il più credibile su questo tema, ma non certo l’unico a reclamarlo e già questo è un cambiamento di paradigma clamoroso. Per il lungo trentennio neo-liberista il tema della diseguaglianza è stato totalmente ignorato. Anzi, si è fatto di tutto per marginalizzarlo: i creatori di ricchezza, i grandi capitalisti, dovevano avere mani libere, perché il loro benessere si sarebbe poi riversato a cascata verso i più poveri.

Qualsiasi intervento redistributivo era considerato dannoso in quanto distorsivo dell’efficienza dei mercati “perfetti”. Come ci dice l’economista Branko Milanovic, la diseguaglianza era poi un tema politicamente scottante, e si preferiva, al massimo, parlare di povertà senza neanche nominare i privilegi dei più ricchi.

Le cose sono cambiate. Il lavoro dei vari Piketty, Stiglitz, dello stesso Milanovic, fino al premio Nobel ad Angus Deaton ed addirittura al Fondo Monetario Internazionale hanno spiegato come la diseguaglianza estrema sia deleteria per la democrazia ed anche per la crescita; e le lotte di Occupy hanno avuto una eco sempre più vasta, ben oltre i movimenti più politicizzati. E’ una semina che pian piano produce frutti. Basti pensare che nelle tornate elettorali precedenti era completamente assente qualsiasi accenno alla diseguaglianza, mentre ora è diventato il vero centro del dibattito.

Uno spostamento tale dell’asse che, appunto, tra i candidati democratici può fieramente presentarsi uno come Bernie Sanders che si dichiara senza paura un socialista e che dice che gli Stati Uniti dovrebbero ispirarsi alle socialdemocrazie nordiche. Fino a pochi anni fa, una campagna del genere poteva essere rappresentata solo in maniera grottesca da Warren Beatty nello splendido Bulworth. Il tamburo è talmente battente che anche una moderata come Hillary è costretta a tenere il punto e a denunciare robber barons – i baroni ladroni di Wall Street.

Non illudiamoci. Sanders è troppo inviso al sistema di potere, a cominciare proprio dal Partito Democratico, e per questo motivo non ha davvero chance di vincere. E la Clinton, la quasi sicura vincitrice, tirerà fuori ben altri discorsi quando sfiderà i Repubblicani, o ancor più quando sarà alla Casa Bianca.

Ma è innegabile che, dopo decenni, è la sinistra dei Democrats a tenere le redini del dibattito politico. Un cambiamento epocale, soprattutto a livello culturale, che comincia a farsi spazio e a cambiare la maniera in cui gli elettori guardano alle questioni economiche e di giustizia sociale. Si potrebbe dire un tentativo di contro-egemonia.

Lascia un commento