Amore e guerra [di Franco Mannoni]

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Dopo l’otto settembre del Quarantatre, l’ultima frazione di guerra face sentire la sua cupa ombra anche su Aldianoa.
Prima di allora la presenza militare, italiana e tedesca, si avvertiva,ma senza drammi.
Era costituita da reparti asserragliati nelle batterie di difesa costiera e nelle casermette. In paese comparivano raramente e pochi militari vi circolavano.
Più impressionante era rimbalzata l’eco dei bombardamenti che avevano preso di mira la piazzaforte di La Maddalena e che affondarono la corazzata Trieste nella rada di Palau.

Furono gli avvenimenti seguiti all’armistizio e al cambio di alleanze dell’Italia che agitarono la scena.
I tedeschi, che già presidiavano un campo vicino al paese, affrettarono l’esodo che li avrebbe portati in Corsica e poi nel Continente, verso una conclusione per i più tragica.
L’armata germanica aveva attraversato la Sardegna come esercito ex alleato.
Aveva trovato un modus vivendi con il contingente italiano, che consentiva loro di avviarsi ai luoghi di imbarco e di fuga, senza gravi scontri. Ciò non riuscì ad evitare conflitti locali e scaramucce, quando non veri e propri conflitti armati come quelli che si accesero a La Maddalena fra militari tedeschi ed italiani.
Nell’isola vicina si consumò ,infatti,una delle tante tragedie del conflitto, nella quale italiani e tedeschi, divenuti nemici alla stessa maniera in cui, per determinazione dei capi, erano stati prima decretati come amici, bruciarono le residue energie di una guerra che aveva defedato entrambi. Vi furono morti e feriti da entrambe le parti.

Nella sua ritirata dalla Sardegna il battaglione dei tedeschi aveva posto il suo campo alla periferia di Aldianoa, nell’area pianeggiante verso la fontana. Avevano ammassato lì una cospicua colonna di camion scortata da mezzi blindati.
Erano carichi di munizioni, ma anche di vettovaglie e attrezzature di ogni genere.
La divisione,infatti, prima di sbarcare in Sardegna, aveva attraversato diverse regioni della Penisola, nella fase in cui, sotto le bombe degli inglesi e degli americani, la Wermacht si era trasformata da alleato in occupante. In questo nuovo ruolo non era mancata l’attività di confisca di merci e oggetti di ogni genere che i militari si portarono appresso. Dalle stoffe preziose alle ceramiche, dagli apparecchi meccanici alle monete, dalle saponette ai prosciutti.
Per lungo tempo, dopo la fine delle ostilità e in coda agli strascichi del dopo guerra,
si potevano vedere, nei campi prossimi al paese, lungo lo stradone bianco che vi conduceva, i relitti di automezzi militari, distrutti dai soldati della divisione tedesca al momento della precipitosa fuga verso la Corsica.
Erano i segni di un passaggio tumultuoso e convulso, iscritto nel tracollo delle ambizioni del Reich.

In effetti la permanenza non fu molto lunga.
In quei pochi mesi, però , fra tedeschi e locali, sotto la pressione dei rispettivi bisogni, si era stabilito un sistema informale e semiclandestino di contatti e di scambi.
Per quanto le risorse del posto fossero scarse, c’era sempre la possibilità di fornire ai militari del formaggio in cambio di petrolio, dei pesci in conto di sapone, delle verdure per caffè e zucchero, una lepre per tabacco.
Alcuni personaggi in queste attività si mostravano attivi e più vocati di altri. Nessuno si sentiva di criticarli, in una situazione di assoluta indigenza come quella in cui gli abitanti di Aldianoa versavano.

Zu Nicola, un maturo ex attivista del fascio, che prima della guerra si era arrangiato fra qualche piccolo affare e qualche lavoretto, aveva saputo adoperarsi in tale circostanza per ricavarne il maggior tornaconto possibile.
Con la mediazione di un soldato interprete trattava con l’ufficiale e gli addetti alla logistica per fornire quel poco che nel territorio poteva essere recuperato ottenendo, più che denaro, scambio di materiali e beni di consumo e persino medicinali, introvabili in quei tempi grami.
Nicola Multinu aveva perciò accesso al perimetro del campo e poteva rendersi conto non solo di ciò che avveniva, ma anche della particolare cura con la quale erano custoditi e sorvegliati certi carri, evidentemente portatori di carichi delicati e preziosi.
Non si può dire, in altre parole, che i locali ignorassero il valore dei carichi custoditi.

Fra tedeschi e popolazione locale non mancarono però di crearsi legami anche di natura diversa.
L’umano bisogno di socializzare e l’attrazione fra uomo e donna erano e sono capaci di rendere permeabili anche le rigide cortine disposte dalla disciplina.
E’ vero che l’iconografia consolidata assegna ai militari teutonici una glaciale indifferenza al cospetto dell’attrazione delle ragazze locali. E che assicura una altrettanto indefettibile riservatezza delle giovani del paese rispetto alle eventuali avances dei militari.
Nella realtà però le cose si svolgono, e si svolgevano anche allora, in maniera meno scontata e lineare.
In questa realtà, appunto, avvenivano gli incontri serali fra Klaus, un caporale dallo sguardo malinconico, alto, capelli nerissimi e ciuffo ribelle, e Tina , la diciottenne figlia del guardiano del faro..
Tina era bella e piena di vitalità, nera di capelli e dagli occhi grandi e scuri, non alta ma forte ed elastica nel corpo.
L‘economia di guerra che aggravava la miseria delle famiglie, la conduceva ad alternarsi fra i lavori nell’orto e l’aiuto a qualche signora che era in grado di compensarne l’attività.
Aveva incontrato Klaus recandosi al campo per consegnare a qualcuno un cestino di frutta.
Uno sguardo, un sorriso, qualche ammiccamento. Poi il giovane tedesco aveva fatto in modo di incontrarla ancora usando, per rivolgersi a lei,le poche frasi che aveva appreso nel suo percorso lungo la Penisola.
Tina non avvertiva una barriera tra lei e il giovane militare,anzi. Erano due giovani, sani e vitali, si attraevano.
Non poteva essere consapevole degli avvenimenti che allora sconvolgevano l’Europa, l’Italia e la Sardegna. Ne sentiva il riflesso nei racconti dei primi congedati che tornavano in paese o nelle angosciose attese di tante famiglie.
Ma le sembravano cose lontane,le pareva che non avessero diretta ricaduta sulla sua vita.

Sui diciotto anni, la forza attrattiva della sua bellezza , il desiderio di prendere dal mondo ciò che solo in quel tempo della vita è consentito di prendere con il sapore giusto, la rendevano insofferente ai vincoli che alla sua libertà venivano posti. Ciò che non le era consentito di fare alla luce del sole, cercava di ottenerlo nel segreto.
Klaus rappresentava per Tina l’accensione di una luce e il coinvolgimento in un’avventura che si svolgeva nel territorio inesplorato e misterioso dell’eros. Nel quale lei, la scugnizza popolana si sentiva trionfare come una regina.
S’incontravano in gran segreto al calare della sera e vivevano intensamente il breve contatto che era loro consentito dal rubare il tempo alle regole e alla disciplina, quella militare e quella familiare.
Tina impersonava nella sua figura, e nel carattere, un’idea di energia che si manifestava nella bellezza ad un tempo delicata e prorompente. La figura snella e slanciata, gli occhi scuri e profondi, la pelle ambrata, il sorriso pronto e contagioso.
Una bellezza che sembrava rifiutare di chiudersi in sé, che rifiutava di risparmiarsi. Il passo leggero e rapido sembrava sempre sul punto di assumere le cadenze della danza.
Klaus aveva avvertito la forza di quella femminilità e n’era stato conquistato fino alla vertigine.
Nel deserto di senso della guerra si faceva così spazio la forza dei sentimenti e la passioni scardinavano le regole di schieramento.

Venne poi per loro il momento dell’epilogo.
Tutto precipitò nel breve volgere di giorni.
I tedeschi, nonostante la forza della disciplina, sembravano preda del terrore. Le notizie che giungevano, sia quelle autorizzate, che quelle clandestine, parlavano di sconfitte dell’esercito dell’Asse su tutti i fronti. Prepararono così il passaggio in Corsica con una precipitazione che era ormai una vera e propria fuga.
Il campo era ancora vigilato dai plotoni di guardia, ma qualcuno del paese riusciva a fare delle rapide incursioni per recuperare qualcosa di utile dai cassoni dei camion.

Era una delle ultime sere della permanenza nell’Isola.
Molti automezzi militari erano disposti in fila al porto , pronti per l’imbarco.
I tedeschi erano divenuti collerici e minacciosi con la popolazione.
Una cupa atmosfera aleggiava sul paese.
Tina e Klaus si incontrarono ancora una volta in una vecchia casa abbandonata presso il recinto del campo. Non avevano il coraggio né di dirsi addio, né di esprimere la speranza di incontrarsi ancora a guerra finita.
Sentirono dei rumori intorno al campo e Tina fuggì via lesta come una lepre. Klaus rientrò nell’area militare attraverso un varco del recinto che evidentemente era stato appena aperto.
Capì che qualcosa di illecito si andava compiendo. Vide due persone che armeggiavano per avviare il motore di un camion è cercò di opporsi. Il camion partì e mentre intimava l’alt cercando di impugnare la pistola fu investito e travolto. Il camion sparì con tutto il suo carico verso la campagna buia, mentre suonava l’allarme del campo.

Quando scoprirono il corpo di Klaus, sembrò scatenarsi il terremoto.
Il comando , mentre il reparto si preparava all’imbarco, diede ordine di schierare gli automezzi destinati ad essere abbandonati, lungo la strada che collegava il porto al paese e in una delle vie principali. Camion e auto vennero minati e collegati fra di loro con una miccia. L’idea era quella che , completato l’imbarco, si desse fuoco alla miccia dal porto con l’intenzione di far saltare, uno dopo l’altro, tutti gli automezzi. Questa sarebbe stata la rappresaglia nei confronti del paese per la misteriosa morte del caporale Klaus.
Gli abitanti di Aldianoa avevano abbandonato furtivamente le case situate lungo il percorso minato e si erano rifugiati presso abitazioni ritenute più sicure. Tutti con il terrore per quel che sarebbe potuto succedere.
In effetti l’ultimo soldato che si imbarcò diede fuoco alle micce, ma non poté rendersi conto che un giovane pescatore, che aveva di nascosto assistito alla scena, passasse fra l’uno e l’altro dei primi camion della fila, e interrompesse la miccia prima che fosse innescato il fuoco, vanificando così la vendetta dei tedeschi.
La maggior parte dei quali avrebbe poi trovato la morte nelle battaglie che si combatterono nel mare Tirreno e in Corsica.
Tina lasciò poco dopo il paese. La famiglia si trasferì altrove e della ragazza non si seppe più niente.

P.S E’ una storia che sta a cavallo fra il reale e il fantastico, che ho costruito mettendo insieme pezzi di racconto colti nelle memorie di coloro che vissero quegli avvenimenti. Del tutto immaginari i personaggi, ma non le circostanze.

* La foto ritrae l’imbarco dei tedeschi dal porto di Aldianoa ( Santa Teresa) , mentre un aereo tedesco sorvola l’operazione

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