Cicitu Masala, poeta dell’acqua [di Sergio Vacca]
“Vinti ma non convinti, vi raccontiamo il vero Cicito”, o Cicitu, come amava farsi chiamare, è il bell’articolo di Maria Paola Masala sulle pagine della Cultura de L’Unione Sarda di mercoledì 28 ottobre. Si parla dello scrittore, del poeta, dell’indimenticabile didatta per generazioni di studenti. Del docu-film che suo figlio Ugo ha in preparazione. Ma Cicitu Masala era anche uno storico e – aggiungo – poeta dell’acqua. Dell’elemento, ne discuteva spesso in molti ambiti, ma ne scrisse anche in una breve e deliziosa “Storia dell’acqua in Sardegna”. Gli chiese di scriverla quel fine intellettuale che era Salvatore Antonio Demuro, amministratore per diversi anni dell’Ente Autonomo del Flumendosa. Amministratore lungimirante, che ebbe il merito di coniugare nell’attività gestionale oculatezza e cultura. Negli anni 80 del secolo trascorso, dovendo l’Ente realizzare, per conto della Cassa per il Mezzogiorno, uno studio di Impatto ambientale ex post di dodici dighe della Sardegna, Demuro, oltre ai tecnici interni, mobilitò e chiamò a raccolta alcuni scienziati e lo scrittore Cicitu Masala. A Masala l’incarico di scrivere una storia dell’acqua, con l’obiettivo, che lui assunse come compito dello storico, di indagare sul passato e proporlo all’attenzione del politico, proprio perché il passato è il cuore del futuro. Non riteneva, infatti, di dover elaborare progetti per il futuro, bensì di contribuire all’informazione del politico di turno sulla questione idrologica sarda. Non era particolarmente fiducioso, ma dà atto che la Regione Sardegna aveva deciso di elaborare il Piano Generale delle Acque, con la volontà – scrive Masala – di riscattare gli errori della passata programmazione e di ricominciare la lunga strada della rinascita proprio dall’acqua, la francescana Sorella Acqua, molto utile et umile et preziosa et casta, il “principio primo”, secondo un antico filosofo greco, di tutte le cose. Parte da lontano Francesco Masala, ma soprattutto inquadra la questione idrologica sarda nella nostra bimillenaria “storia di vinti” e, precisamente, la successione in Terra di Sardegna dei “padroni delle acque. E da storico attento e avvertito individua una “legge storica”. Ogni qual volta nell’isola il “vincitore” di turno imposta il problema dell’acqua su un piano pratico-concreto, allora è un segno di un incremento di valori socio-economici. Se, invece, il “vincitore” trascura le soluzioni pratiche, allora l’acqua diventa oggetto di culto, sotto il dominio della magia e della metafisica, con un verificabile decadimento dei valori economici, igienici, culturali. Prosegue Masala, alla prima categoria sono da ascrivere i Punici, i Romani, i Pisani, mentre nella seconda categoria si possono tranquillamente inserire i Bizantini, gli Aragonesi, gli Spagnoli. E conclude, non sembri un’ipotesi fabulosa o, peggio, deviante questa “legge storica”: ancora oggi c’è il rischio di ritrovarci incolonnati, in processione, “ad petendam pluviam”. Anche la diga sul Tirso avrebbe creato un “serbatoio d’acqua”, grande, quanto necessario, per creare quella “scorta” utile per i fabbisogni della popolazione attuale. In queste sue parole, molta della storia recente delle politiche riguardanti la risorsa. Una positiva riforma del comparto, da lui auspicata già negli anni 80, viene realizzata con la legge regionale n. 19 del 2006, che introduce come prassi di governo della risorsa la pianificazione di Distretto idrografico, secondo la direttiva comunitaria 2000/60. Ma che riconduce sotto un unico organismo, l’Ente Acque della Sardegna, direttamente dipendente dalla Regione [il “capo tribù” o il “padrone delle acque”], la gestione di tutte le risorse idriche. Provvedimento riconducibile, secondo la “legge storica” formulata da Masala alle politiche attuate dai Punici, dai Romani e dai Pisani. Il buio – sempre secondo la nota “legge storica” – ritorna con lo smantellamento degli statuti e della buone regole introdotte dalla legge 19 citata, attuato da certe politiche regionali del più recente passato. Mutatis mutandis, verrebbe da domandarsi se ultimamente siamo stati dominati dai bizantini, o dagli aragonesi o dagli spagnoli! |