Il sangue di Parigi e la retorica italiana [di Veronica Rosati]
Non conoscevamo Valeria Solesin. Abbiamo visto il suo volto sorridente per la prima volta lo scorso sabato attraverso i media. I suoi occhi trasmettevano il barlume della speranza che lei potesse essere ancora viva. La immaginavamo vagare sotto shock nei pressi di quei luoghi insanguinati. Oppure speravamo fosse ferita, senza documenti, al sicuro in qualche ospedale. Da subito ci hanno raccontato di lei. Quella speranza di ritrovarla viva era alimentata, in chi la conosceva, dalla razionale certezza che il suo carisma di giovane ricercatrice le sarebbe stato d’aiuto per uscire da quel preoccupante oblio. Valeria era un’istruita ed intelligente cittadina del mondo. Non le doveva essere difficile farsi aiutare. Tutte queste ipotetiche certezze si sono smorzate con la notizia della sua morte. Quel carisma reso forte dalla cultura non ce l’ha fatta, l’odio dell’Isis ha annientato ogni cosa. Il silenzio del dolore si alterna caoticamente al vociare degli infiniti tentativi di reazione e di spiegazione di tutto quello che sta accadendo. Anche la politica di casa nostra non rinuncia alla sua consueta retorica. Il presidente della Repubblica Mattarella ha detto che “Nel Dna italiano ed europeo è inscritto uno straordinario impasto di cultura, di umanità, di idee di libertà e relazioni sociali. Dobbiamo tenerlo presente nel momento in cui il terrorismo sferra il suo attacco contro la nostra Europa e porta morte e barbarie”. Qualche giorno fa, nel suo messaggio di cordoglio alla famiglia Solesin, aveva affermato che “Valeria era figlia d’Italia e figlia d’Europa. È stata uccisa da mano barbara, fomentata dal fanatismo e dall’odio contro la nostra civiltà, i suoi valori di democrazia, di libertà e di convivenza… Valeria è stata uccisa, insieme a tanti altri giovani, perché rappresentava il futuro dell’Europa. Il nostro futuro”. Valeria non merita di rappresentare quest’Europa che parla di pace ma che fa la guerra. Nemmeno quest’Italia allo sbando dove, se ti va bene, sei considerato solo da morto. Un’Italia che ha abbandonato intere generazioni al loro destino e che costringe sempre più spesso a migrare. Ufficialmente in nome di un mondo ormai globale, ma realisticamente per la semplice sopravvivenza. Non sappiamo se Valeria Solesin avesse scelto il suo futuro a Parigi o se fosse una dei tanti “cervelli in fuga” da un Paese che ha dimenticato la meritocrazia. Non è così importante, in questo frangente, ogni dettaglio della sua vita. Perché non è morto un curriculum vitae, è morta una giovane donna. Ricercatrice o cameriera non dovrebbe avere importanza. Era innocente come i civili che muoiono in Medio Oriente o i migranti che continuano ad annegare nel Mediterraneo. Tutti, a prescindere dalla loro provenienza geografica o culturale, sono morti in nome della libertà, della democrazia e della convivenza. Ciascuno di loro credeva in questi valori. Dunque, di quale Europa parla il Presidente? Forse dimentica l’Europa del rigore, dove le logiche del denaro ignorano i volti della gente. Le banche valgono più delle persone e del loro diritto ad una vita dignitosa. Un continente che ha bruciato la sua tradizione culturale sull’altare dei freddi numeri dei bilanci dei suoi Stati membri. Probabilmente ha scordato le minacce tedesche alla Grecia a suon di calcolatrice. Non fa niente se la nostra cultura, i nostri valori, non sarebbero mai esistiti senza la Grecia. Che importa?! Contano solo i numeri e il denaro. Sono l’unico criterio di selezione di un conglomerato di Stati che non vogliono avere nulla in comune gli uni con gli altri. Il Presidente deve aver dimenticato anche l’Europa del relativismo di valori mascherato da spirito di accoglienza. Le stragi di migranti continuano senza trovare soluzioni da parte dell’Europa indifferente. Ma siamo in guerra. L’ennesima battaglia contro il terrore. Ci hanno insegnato che il male parla necessariamente arabo e prega Allah. Il mondo islamico deve essere sempre oscuro e terribile, privo di una sua identità culturale. I giustizieri travestiti da statisti descrivono le nuove invasioni barbariche che vogliono annientare la nostra civiltà millenaria e culturalmente superiore. Nessuno ci racconta le colpe occidentali in questa guerra. Nessuno ha interesse a spiegare all’opinione pubblica il ruolo dell’Occidente nelle complesse vicende del Medio Oriente. Non hanno importanza le bombe occidentali, perché esportano democrazia, civiltà e diritti civili e annientano i barbari boia senza cultura. Le innocenti vittime del terrorismo non hanno nulla a che vedere con quell’idea di cultura occidentale sterilmente propagandata dalla retorica politica italiana. Non conoscevamo Valeria ma siamo sicuri che lei la vera cultura la viveva. Tutti quei morti non vogliono rappresentare nulla, se non loro stessi e il loro futuro che si è infranto. Troppe vite continuano a spezzarsi nell’indifferenza del civile Occidente, la quale fa meno rumore dei colpi dei kalashnikov, ma non meno male. Il silenzio si riempie di una retorica che strumentalizza non solo la cultura, ma anche la morte. Annienta la forza di quella cultura che invade l’anima e che non vogliamo smettere di crederla capace di fermare l’odio che uccide. |
Non sono d’accordo. Anche la sua è una retorica, mentre Mattarella non ne mette nei suoi discorsi, e non ne ha messo stavolta, più di quanto deve fare un Presidente della Repubblica a guardia della Costituzione e dei suoi valori in un momento importante della vita della nazione e dell’Europa. Ha trovato lui e abbiamo visto in tanti nella carriera di studi e nel progetto di vita di Valeria Solesin, “l’impasto di umanità, di cultura, di idee di libertà e relazioni sociali” che è insieme italiano ed europeo, secondo le parole del Presidente. Sono parole bellissime, e l’Europa che a lei e anche a me sembra così arcigna mi interrogo spesso se non difenda con il rigore di bilancio anche i propri valori; mi sembra che il coraggio di Angela Merkel davanti alla questione dei migranti possa insegnarci qualcosa.
La Grecia che se ne è strafregata per decenni, che non ha fatto pagare le tasse e mandava in pensione gli impiegati a 40 anni, ha esentato armatori e commercianti delle isole, chiedendo in prestito soldi e immaginando di potersi permettere di non restituirli, corrotta nelle sue classi dirigenti e inevitabilmente nella società (come l’Italia che a volte ci ritroviamo a difendere), questa Grecia non è giusta, non è equa né libera. Non è difendibile, e infatti non se l’è sentita di farlo nemmeno il governo Tsipras. È tutto più complicato, temo. La società più giusta e meritocratica che lei dice, contribuiscono a costruirla anche le persone che lasciano l’Italia; anzi, contribuiscono più di chi resta. Non sono solo e sempre costrette a varcare i confini nazionali (?) da governi e classi dirigenti inadeguati, ma da una società vischiosa, che si è acconciata al clientelismo, all’approssimazione, e io penso ancor peggio alla televisione, alla povertà culturale, alla scorciatoia del grillismo. O vanno via (?) con gioia, semplicemente per allargare orizzonti, accrescere relazioni, conoscere persone, culture. Mi sembrava che il presidente Mattarella avesse visto in quella ragazza tutto questo, così mi sembra ancor più dopo avere letto il suo articolo quassù. Io, guardi un po’, comunista, ho fiducia in quel canuto democristiano, per la vita specchiata, il rigore, l’ impegno democratico, per i suoi modi, la sobrietà. Non ultimo, conosce il terrorismo in una delle forme peggiori che ha assunto in Italia, non lo dimentichi. Anche per questo, mi sembra il contrario di quel che lei dice, un antiretorico, un Presidente autorevole, credibile.
Gentile Umberto Cocco,
Come lei osserva, probabilmente anche la mia è retorica. Forse lo è qualunque ragionamento sull’argomento. Le nostre sono solo parole e non bastano di fronte al sangue, al dolore, alla guerra.
Forse la sua precisa argomentazione proviene da un punto di vista sotteso ad un orizzonte in cui si ha o si deve avere necessariamente ancora fiducia nella politica e nelle istituzioni. Non sempre, per me, è possibile. Ciò non significa mancare loro di rispetto.
Riguardo alla ragazza uccisa, ho ritenuto importante collocare ciò che sappiamo della sua storia lontano dalla politica delle parole buone, ad uso e consumo delle gente comune. Lei viveva certi valori. Negli altri, politica compresa, sono solo degli slogan. Non fa niente se lei fosse felice di partire, non è questo il punto. Forse l’impoverimento culturale e sociale non è causato solo dalla politica, ma essa, nella mia visione, continua a tardare nel dare delle risposte concrete. Le sue azioni necessarie tardano ad arrivare. Ci sono solo parole. Retorica, appunto.
Non credo nel potere universale della politica del rigore. Almeno, non credo nel suo totalizzante potere di unificare l’Europa contemporanea. Riguardo alla Grecia, non intendevo ignorare i dettagli economici da lei indicati. Semplicemente, e forse ingenuamente, ritengo che il nostro credito culturale verso la Grecia sia superiore al suo debito verso l’Unione Europea. Nei miei sentimenti, nel mio cuore, almeno.