Controllati ma non sicuri [di Nicolò Migheli]
Martedì 17 novembre sull’onda delle stragi parigine, un sondaggio de L’Unione Sarda rivelava che il 76% dei lettori riteneva giusto e accettabile un ridimensionamento delle libertà personali o di stampa per combattere il terrorismo. La rilevazione non ha pretese scientifiche ma mostra una tendenza che si sta consolidando sull’onda dell’emozione provocata dal terrorismo. Chi dice che dopo Parigi è cambiata la nostra esistenza e si sta entrando in una società del controllo, ha ragione solo in parte. Già negli anni Ottanta, Michel Foucoult e Félix Guattari avevano colto fenomeni di lunga durata che definirono Società del controllo. Il Panopticon, il carcere progettato dall’economista Jeremy Bentham, dove il recluso è costantemente sotto l’occhio dei sorveglianti, come metafora delle società contemporanee. Scriveva Guattari che non era fantascienza concepire un meccanismo di controllo che dia in ogni momento la posizione di un elemento in un ambiente aperto, un animale in una riserva, un uomo in una impresa. Il filosofo francese immaginava una città in cui ciascuno può lasciare i sui luoghi abituali grazie ad una carta elettronica personale che garantisca il superamento di questa o quella barriera. La carta a secondo della condizione o del possessore, può essere rifiutata quel giorno o entro una data ora per un determinato accesso. Quel che importa non è la barriera, ma il computer che ritrova la posizione di ciascuno, lecita o illecita, ed opera una tracciabilità universale. Una distopia in parte realizzata, basta essere in possesso di un telefonino perché la nostra posizione sia individuata, registrata e archiviata. Non funziona ancora da chiave ma potrebbe essere solo questione di tempo. Gli attentati di Parigi sono diventati il casus per stravolgimenti costituzionali e creazione di consenso verso la limitazione delle libertà personali. Si va verso un Patriot Act europeo. Il 7° Programma Quadro “Sicurezza” dell’Unione Europea è la cornice per iniziative tecnologiche e politiche che vanno in tal senso. A leggerne gli obiettivi si resta sorpresi per come siano stati previdenti. Una serie di azioni che aumenteranno il controllo sui cittadini. È dal 2001 che, complice il terrorismo, le nostre società sono diventate le più controllate della storia. Le spese nel settore sono aumentate in maniera esponenziale. Poiché per gli stati sta diventando quasi impossibile gestire masse imponenti di informazioni, proliferano società private che dietro appalto svolgono investigazioni, raccolta e classificazione dei dati. Molte di queste imprese sono state create da persone che provengono dal mondo dei servizi. Allo stesso modo nel settore della difesa proliferano società di contractors. Sembrerebbe un allargamento delle funzioni degli stati, invece si assiste alla più vasta privatizzazione di servizi essenziali dai tempi della Rivoluzione Francese. Gli stati nazionali fecero in modo che sicurezza e difesa diventassero loro prerogativa, abolendo di fatto il fenomeno del mercenariato se non in situazioni coloniali. La privatizzazione di queste funzioni pone problemi seri alle nostre democrazie. Chi controlla i controllori? Chi ci assicura che la raccolta di dati sensibili non venga utilizzata per scopi privati, per colpire avversari e concorrenti, come forse sta già avvenendo? La Società del controllo ha buone possibilità di diventare autoritaria e illiberale. Ne abbiamo già i segni nell’Ungheria di Orbán. In Turchia la violenza estremista usata come strumento di consenso. Ogni qual volta vi è una manifestazione contro il governo, quest’ultimo limita o chiude gli accessi alle reti sociali e il web. Chi può impedire che da noi si possano bloccare manifestazioni annunciando un attentato probabile? Le ragioni di ordine pubblico prevarranno su quelle di espressione del dissenso. Il cittadino medio occidentale si è abituato nel tempo alla limitazione della sua privacy. Abbiamo affidato al web i nostri dati sensibili, con le nostre ricerche subiamo profilazioni che poi vengono vendute a società di marketing. Siamo pronti a tutto. Sull’altare della sicurezza impossibile sacrifichiamo la nostra libertà e forse la democrazia. Israele è il paese più controllato e militarizzato del mondo, ciò non impedisce gli accoltellamenti quotidiani. Non sarà la Fortezza Europa a salvarci. Si dovrebbe intervenire sulle cause internazionali e sul disagio delle banlieustan. Avverrà in parte. Il Panopticon è funzionale al tardo capitalismo. Instillare insicurezza con il terrorismo, oggi Daesch, domani con qualsiasi altra sigla, garantisce il controllo sulla società in un tempo dove i processi economici stanno amplificando la diseguaglianza. Sono scomparsi i corpi intermedi che gestivano la protesta. Resta la folla solitaria manipolabile. Un insieme di individui pronti per la Società del Controllo. Foucoult e Guattari ci avevano avvisato. Siamo stati noi a non crederci, a derubricare le loro distopie come incubi di due intellettuali radical chic. Anche la gauche au caviar, a volte, ci coglie. |