Spopolamento della Sardegna: l’inversione può arrivare dalla formazione [di Giuseppe Pulina]

SPOPOLAMENTO_SOTTOSVILUPPO

L’altro giorno ho letto con attenzione la pagina de L’Unione Sarda dedicata al (felice) tamponamento dell’emorragia di matricole che negli scorsi anni aveva colpito gli atenei isolani. Ho anche apprezzato il commento del dirigente scolastico che assume, quale principale causa del calo degli iscritti nelle scuole e e nelle università, lo spopolamento che sta interessando la nostra Isola. Il tema è centrale, soprattutto in questi giorni di acceso dibattito sulla riforma degli Enti Locali e non può essere liquidato con slogan o, peggio ancora, approssimazione.

Se si accetta il paradigma secondo il quale una società ha il benessere che riesce ad esprimere (e che le consentono di esprimere) e che il benessere è intimamene legato in qualche modo allo sviluppo economico, può essere utile riflettere (attraverso un modello altamente semplificato) sul circuito che lega lo spopolamento con lo sviluppo economico, passando per la variabile (di stato, direbbero i matematici) più importante: l’istruzione, ovvero il capitale umano. In sostanza, occorre ribaltare il ragionamento del dirigente scolastico per affermare che la riduzione degli studenti (cioè del capitale umano in formazione) non è l’effetto, ma la causa dello spopolamento. Per farlo occorre schematizzare il circuito vizioso dello spopolamento-sottosviluppo, come ho tentato con il grafo che illustra questo commento.

In sintesi, il decremento della popolazione riduce (segno meno) il capitale umano a disposizione dello sviluppo economico (segno meno) il quale, contraendosi anche per effetto di minori investimenti e di minore ricerca (dovuti sempre alla contrazione della popolazione, segno meno in entrambi), impatta negativamente (segno ancora meno) sullo stock della popolazione residente favorendo, da un lato, l’emigrazione (segno più) e deprimendone ulteriormente, dall’altro, la natalità. Meno giovani significa meno studenti e matricole e meno ricerca (segno meno), con un ulteriore rinforzo negativo (segno ancora meno) sul capitale umano disponibile e, direttamente e indirettamente, sullo sviluppo economici.

Come intervenire? Iniziando a cambiare alcuni dei segni dal meno al più. La via più immediata (e quella economicamente più conveniente) è di investire massicciamente su scuola e università, lo snodo in grado di cambiare rapidamente il segno provocando con ciò un rapido aumento del capitale umano, della ricerca e dello sviluppo economico e invertendo la spirale dello spopolamento-sottosviluppo in popolamento sviluppo. Tutto semplice? Certo che no, serve molto altro ancora, ma almeno un punto da cui cominciare lo abbiamo.

Non dimentichiamoci che gli economisti (fra i tanti in Italia, Mario Draghi in “Istruzione e Crescita Economica”, Salvatore Modica in “Teoria e evidenze empiriche sul legame tra istruzione, crescita e sviluppo: il dibattito internazionale” e Sergio Lodde del CRENOS in “Capitale umano e sviluppo economico cosa sappiamo in teoria e nei fatti?”) sono concordi nel legare la formazione con lo sviluppo economico, aspetto confermato dalle analisi di lungo periodo effettuate da Thomas Piketty ne Il Capitale del XXI secolo, dalle quali risulta non solo che gli investimenti in formazione rendono 5 volte più di quelli alternativi, ma anche che una parte della crescita (o decrescita) del PIL è data dallo sviluppo (o dall’involuzione) della consistenza della popolazione.

Spezzare un circuito vizioso è molto difficile e i benaltristi (ossia coloro che di fronte ad un tentativo di risposta a una sfida difficile amano dire che “occorre ben altro…”) sono pronti a lanciare strali verso qualsiasi tentativo di semplificare l’intricata matassa dei problemi che ci affliggono; tuttavia, tentare di arrestare questa spirale concentrando l’azione politica sulla crescita delle qualità culturali delle generazioni future è, per lo meno, un obbligo morale che abbiamo nei confronti dei nostri giovani.

Con quali strumenti? Concentrarsi subito su una Sardegna2020 più sostenibile e più inclusiva (2 degli obiettivi di Horizon 2020) attraverso una Sardegna più intelligente (terzo obiettivo di Horizon2020) significa privilegiare immediatamente gli investimenti in cultura e formazione, sviluppando una scelta “politica” che privilegi il più rapidamente possibile il rinforzo del capitale umano per contrastare, così, lo spopolamento: non ci sarà una società più sostenibile e inclusiva in un’Isola con una popolazione rarefatta e invecchiata.

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