Ghilarza, Giovedì 3 Dicembre “ Gramsci e la religione” con Adriano Prosperi, Silvano Tagliagambe, Andrea Oppo [di Umberto Cocco]
Lo storico Adriano Prosperi è atteso a Ghilarza giovedì prossimo 3 dicembre (ore 18:00, Torre Aragonese) alla seconda iniziativa dedicata dalla Rivista online SardegnaSoprattutto al pensiero di Gramsci a poco più di un anno dalle celebrazioni per gli 80 anni dalla morte (1937-2017), nel paese che sembra volersene riappropriare, di Gramsci, o appropriare, mentre il Mibact attraverso la Soprintendenza sta per riconoscere la casa di famiglia come bene storico da tutelare, e sta nascendo una Fondazione Casa Gramsci costituita dalla proprietà (la Fondazione Berlinguer), gli eredi Gramsci-Paulesu, l’Istituto Gramsci di Roma, il Comune di Ghilarza, e con la rete del vasto associazionismo culturale che in Sardegna si ispira alla figura e al pensiero del grande intellettuale sardo. Non c’è più nessun partito o leader politico in Italia che metta Gramsci nel proprio Pantheon, in Sardegna è finita la stagione degli Amici di Casa Gramsci che, muovendosi da Milano, mobilitarono tutta la migliore cultura progressista e democratica (non solo il Pci) fra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’80. Anche il filone del Gramsci sardo, coltivato da Renzo Laconi e sino a Umberto Cardia, attraverso la “scoperta” della biografia di Giuseppe Fiori, sembra essersi esaurito. Bisogna dire purtroppo, tutto questo è finito, a prescindere dalle nostalgie. E tuttavia Gramsci è al centro di attenzioni in molte parti del mondo. In Italia e in Francia oggetto anche di una strumentale lettura di destra e persino della destra nazionalista, del Gramsci anticapitalista, usato contro la globalizzazione e il multiculturalismo, contro i partiti della sinistra europea che ne avrebbero dimenticato la lezione, e dunque a favore della Le Pen, e Grillo, persino Casa Pound se non Fratelli d’Italia. Strumentali sembrano anche alcune rivelazioni e scoop come vengono definiti polemicamente, che sono fioriti nella pubblicistica italiana negli ultimi anni, su aspetti particolari della vita di Gramsci, del trattamento dei Quaderni dopo la sua morte, contro la strumentalizzazione che ne avrebbero fatto il Pci e soprattutto Togliatti, pubblicando e nascondendo a seconda della convenienza politica, in funzione della costruzione del mito di Gramsci e della continuità fra il suo pensiero e quello del successore. Si va dal Quaderno mancante, il numero 34, che è giallo non ancora risolto se mai lo sarà, alle più facilone rivelazioni della supposta conversione sul letto di morte. Ma ogni tanto si riaffaccia la ricerca seria, rigorosa, libera dai condizionamenti appunto anche del grande partito erede di Gramsci, e che riscopre pagine poco indagate, riapre prospettive agli studi gramsciani. Di questa specie è il libro di Giorgio Fabre “Lo scambio. Come Gramsci non fu liberato”, presentato a Ghilarza dall’autore e da Gianluca Scroccu e Maria Antonietta Mongiu, che verrà discusso a Roma il 16 dicembre, all’Enciclopedia Italiana da Giuseppe Vacca, Luciano Canfora, Francesco Margiotta Broglio fra gli altri, e che è stato recensito dai maggiori giornali italiani, con importanti riconoscimenti. Fabre in oltre 500 pagine ricostruisce i tentativi di liberare Gramsci dal carcere con l’intermediazione del Vaticano e dell’Unione Sovietica. Gramsci faceva di tutto per tenere fuori dalla trattativa il partito di cui era ancora “il capo”, temeva che potesse ostacolare la sua liberazione, per volontà di qualche avversario interno o anche solo per generosità, uso sbagliato della propaganda. Credeva invece molto nel ruolo del Vaticano, era “un’ossessione”. «Invece – scrive Fabre – con la Chiesa furono ripetuti disastri. Quella fascinazione per la Chiesa, che, alla fin fine, risultò un decisivo macigno, resta da capire sino in fondo. Non ci sono spiegazioni disponibili, salvo, qua e là, tracce di una sua idea della politica come processo simile a quello religioso, e dello Stato sovietico come Stato-Religione, di cui peraltro, il vero modello era appunto la Chiesa cattolica». Adriano Prosperi ha recensito su La Repubblica il libro di Fabre. L’allievo di Delio Cantimori, professore emerito di storia moderna alla Scuola Normale Superiore di Pisa, Accademico dei Lincei, è il maggior storico della Chiesa oggi vivente, e le parole di quell’articolo sembrano ricche di promesse. Ha accettato l’invito di SardegnaSoprattutto a continuare la discussione aperta con Giorgio Fabre, a rispondere alle domande del filosofo Silvano Tagliagambe e di Andrea Oppo, docente di Filosofia teoretica alla Facoltà teologica di Cagliari, coordinati da Maria Antonietta Mongiu. Prosperi è anche uno degli collaboratori più prestigiosi di Repubblica. Basterebbe leggere solo gli ultimi articoli sull’attentato a un ebreo a Milano di qualche settimana fa, quello sul cosiddetto scontro di religioni dopo le stragi di Parigi di qualche giorno fa, per capire quanto la sua riflessione su Gramsci e la religione possa essere interessante, attuale senza che questo voglia dire che Gramsci ha una chiave per interpretare la cronaca del presente. Studiando inquisitori, missionari, eresie, roghi, il professor Prosperi ha raccontato nei suoi libri insieme il potere brutale e repressivo della Chiesa cattolica, e la forza di persuasione e di conquista delle masse contadine della sterminata campagna esercitata in particolare con i missionari. Insieme, il mondo magico delle religioni folkloriche che l’Inquisizione ha perseguito e represso senza riuscire a cancellare, e la struttura del potere di una chiesa arrivata sino a noi “vincitrice”, sono elementi che suscitavano la curiosità di Gramsci, la sua ricerca in carcere, uno dei filoni più ricchi di sviluppi, quello dell’egemonia. E chissà quanto c’era in questa curiosità, della religiosità naturale del Gramsci ghilarzese e sardo, che si affaccia nelle lettere alla mamma, e poi dell’incrocio con quella ortodossa della Russia della moglie Giulia. |