Un pluralismo culturale e religioso [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 02/12/2015. La città in pillole. Il capoluogo sardo negli anni dello scisma d’Oriente e d’Occidente. Ci sono date che definiamo epocali o metafora o discrimine. Una, il 1054, all’indomani della temuta fine del mondo dell’anno mille, è uno spartiacque anche per Cagliari e la Sardegna. E’ quella dello Scisma d’Oriente o d’Occidente a seconda del punto di vista. In verità è quella della scomunica di papa Leone X al patriarca di Costantinopoli Michele I Cerulario e viceversa.

Quel gesto che viene dopo un percorso di differenziazioni, fece declinare il Cristianesimo, religio licita dal 313, da unitario in due differenti storie. La chiesa latina con il primato del vescovo di Roma perché successore di Pietro e la ortodossa che l’avrebbe disconosciuto. La faccenda aveva a che fare col ruolo politico che il vescovo di Roma avrebbe assunto ma anche con pratiche strettamente teologiche, rituali, liturgiche.

Qualche decennio prima (1015-1016), Muğahid dalle Baleari cercò di conquistare la Sardegna come altre volte provarono gli Arabi nell’altomedievo nella Cagliari bizantina che, sappiamo dalle lettere di Gregorio Magno al vescovo di Cagliari tra fine del VI e inizio del VII secolo, era percepita malcerta. Qualche decennio dopo il 1054, la Riforma di Gregorio VII avrebbe spinto Cagliari e la Sardegna definitivamente ad Occidente.

L’approdo troverà conferma con l’arrivo a Cagliari dei Benedettini dell’Abbazia di San Vittore di Marsiglia. Era il 1089. Erano anche ellenofoni, indispensabile in una realtà dove le lingue della èlite erano il greco medio ellenico e il latino e naturalmente il sardo, sostanziato da sostrati variamente stratificati.

Di quella Cagliari giudicale, non così remota e oscura o marginale, colpiscono pluralità e sincretismi, culturali e religiosi; l’osmosi tra Ovest ed Est, Nord e Sud. L’auspicio è che lo sia ancora e lo rimanga in futuro.

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