“Il mio filo rosso” di Giulia Maria Crespi: un libro importante per comprendere l’Italia contemporanea [di Gian Luca Scroccu]

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Pubblichiamo l’abstract dell’intervento tenuto nella I Tavola Rotonda: Una biografia speciale nel secolo “brevissimo” della presentazione del libro Il mio filo rosso: Il «Corriere» e altre storie della mia vita (Einaudi. Passaggi) di Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fondo Ambiente Italiano presentato a Cagliari come sesto appuntamento di Alla ricerca della storia perduta organizzato lunedì 18 gennaio a Cagliari dalla Presidenza regionale e dalla Delegazione di Cagliari del FAI (NdR).

Il libro di Giulia Maria Crespi “Il mio filo rosso. Il ‘Corriere’ e altre storie della mia vita”, edito da Einaudi, si colloca a pieno titolo in un recente e fortunato filone di pubblicazioni a carattere biografico-memorialistico. Tali volumi sono importanti perché la narrativa rievocativa e di testimonianza può essere di grande stimolo per il lavoro degli storici, ad esempio per quelli che si occupano della storia italiana del secondo Novecento. Non solo: la trama di continuità che lega i decenni compresi nell’intervallo cronologico 1960-1980 ci permette di soffermarci sulla nostra contemporaneità più stretta, dove persistono molte delle questioni emerse in quegli anni.

Giulia Maria Crespi, figura di imprenditrice eclettica, curiosa e dalla forte personalità, proveniente da una delle famiglie più importanti della borghesia italiana, coraggiosamente attenta alle questioni culturali internazionali come ad esempio la tutela ambientale, decidendo di scrivere questo libro ha quindi portato diversi elementi interessanti per chiunque voglia riflettere sulla storia del giornalismo e del suo rapporto con l’imprenditoria e la politica.

Il libro affronta infatti un nodo centrale, ovvero il legame fra politica ed informazione nell’Italia contemporanea, tema fondamentale che arriva sino ai nostri giorni caratterizzati dall’ampliarsi esponenziale dei nuovi media, fenomeno determinato dall’espandersi globale della rete e dal moltiplicarsi dei canali informativi ben oltre la carta stampata.

Dal libro emerge come la Crespi sia stata un’imprenditrice in grado di cogliere la crisi di un’Italia che alla fine degli anni Sessanta stava esaurendo la spinta propulsiva del miracolo economico. In quei frangenti si respirava un’ansia di cambiamento, si pensi al varo del centro-sinistra con i socialisti al governo, ma che presto ebbe dei caratteri irrisolti come si evidenziò tra il 1968 e il 1977.

Al “Corriere della Sera” di proprietà della Crespi in quegli anni si sarebbero succeduti alla direzione del giornale personalità assai diverse come Giovanni Spadolini e Piero Ottone. E proprio quest’ultimo sarebbe stato visto dall’imprenditrice milanese come la guida ideale per un giornale attento alle nuove soggettività emerse dopo il 1968. Il quotidiano di via Solferino si aprì decisamente a queste nuove istanze, basti pensare solo alla chiamata di un intellettuale scomodo come Pier Paolo Pasolini in veste di collaboratore ed editorialista, scelta dirompente che aiuta a comprendere la rottura rappresentata dalla direzione Ottone.

Un giornale che interpretava la crisi dell’Italia ovvero di un paese che non era più centrale nelle logiche della Guerra Fredda e che doveva subire un ridimensionamento in concomitanza con l’avvio di processi di globalizzazione economica sempre più forti (proprio durante la direzione Ottone l’Italia chiederà un primo importante prestito al Fondo Monetario Internazionale).

Il “Corriere” della Crespi e di Ottone tentò quindi di creare un giornale diverso e moderno, ma si scontrò col rapporto fra politica, informazione e mondo imprenditoriale, spesso appoggiati da poteri oscuri, uscendone sconfitto. Si pensi in tal senso al ruolo della Montedison di Cefis, o l’ascesa di Rizzoli supportato dalla P2, tutti elementi che contribuiranno all’allontanamento della Crespi. Il merito del volume è allora quello di aver riaperto una tematica storiograficamente molto forte e su cui gli storici dovranno interrogarsi.

Questo anche in ragione del fatto che si avverte la necessità di una discussione che non rimanga chiusa solo nel mondo accademico, ma si svolga in spazi di un dibattito dove la storia italiana sia analizzata non soltanto dagli storici, ma anche da tutti coloro che hanno a cuore la bellezza e la cultura del nostro paese. Un auspicio che la lettura del libro di Giulia Maria Crespi certamente aiuterà a concretizzarsi.

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