Svimez: livelli essenziali nazionali anche per la cultura [di Rosaria Amato]
R.it 3 febbraio 2016. Il disegno di legge approvato la scorsa settimana dal governo per il contrasto alla povertà prevede la razionalizzazione di tutti i servizi assistenziali e l’introduzione di un livello essenziale delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale. Oggi la Svimez fa la medesima proposta per la cultura. E’ evidente che le misure per combattere la povertà vengono prima, visto che garantiscono davvero l’essenziale a chi non ce l’ha, o almeno questo dovrebbe essere l’obiettivo, però la spesa per la cultura migliora lo stile di vita e le prospettive della popolazione, oltre a favorire il turismo. E al Sud le spese culturali latitano, e sono state massacrate dalla crisi, rileva l’istituto di ricerca. Dal 2000 al 2013 infatti la spesa totale nel settore della cultura nel Mezzogiorno ha subito un crollo di oltre il 30%, passando da 126 a 88 euro pro capite, mentre al Nord il calo si è fermato al 25%. Se la riduzione sembra tutto sommato sembra simile in percentuale, sono i valori assoluti ad essere estremamente distanti. Infatti fatto 100 il livello medio nazionale della spesa per la cultura, quella pro capite nel Mezzogiorno è pari al 69%, quella al Nord al 101% e quella al Centro al 141%. La Svimez calcola in questo studio la spesa pubblica, non quella dei privati (che comunque ha subito in ogni caso tagli drastici, per via della crisi che ha portato tutte le famiglie a tagliare le spese non strettamente essenziali), quindi quella degli enti locali e dello Stato. Guardando i conti da un altro punto di vista, nel 2013 per ogni cittadino del Nord è stato speso per la cultura il 35% di più di quanto speso per un cittadino del Sud. Su un periodo più lungo, dal 2007 al 2013, la stessa spesa è crollata del 55% al Sud contro il 30% al Nord. Si potrebbe pensare che queste profonde differenze siano dovute soprattutto al fatto che al Sud molti enti locali hanno bilanci dissestati e non possono permettersi di spendere anche per settori che negli ultimi anni sono diventati quasi un lusso. E invece no, rileva la Svimez: è proprio lo Stato che ha tagliato di più al Sud, il 74,6% tra il 2000 e il 2013, tanto che i 13,6 euro pro capite sono diventati tredici anni dopo 3,48 euro. Se a questi tagli si aggiungono le profonde differenze di spesa tra le Regioni (per esempio la Calabria nel 2013 ha speso poco più della metà della media nazionale per abitante, 68 euro contro 126) e tra i Comuni, si capisce anche come si sia arrivati a un divario così profondo tra le varie aree del Paese. La Svimez chiede “una effettiva riconsiderazione e riforma dei meccanismi finanziari e istituzionali”, “livelli essenziali delle prestazioni”, mutuati dalla Sanità, dove sono stati introdotti proprio per livellare le profonde diversità regionali che comunque si riscontrano ancora nel nostro Paese. Difficile prevederli anche per il settore culturale? Forse, ma ne varrebbe la pena. Anche queste sono politiche per il Mezzogiorno. |