Che farebbe Odisseo sentendo le urla di chi scappa dalla guerra e affonda nel suo mare? [di Franco Meloni]

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Odisseo ascolta, ed è contento, il canto delle Sirene che tutto sanno di ciò che avviene sulla terra nutrice. Se fosse libero, ne sarebbe ammaliato al punto da dimenticare gli affetti e la patria lontana, lui che ha già resistito al dono dell’immortalità.

Cosa farebbe ora, con il canto che conosce ogni gesta umana da che sulle rovine di Troia è stato sparso il sale ma non impedito il progredire dell’odio? Basterebbe la cera che tappa le orecchie per eliminare i rumori di una nave che, affondando, trascina persone che scappano spaurite da fame e oppressione?

Le Sirene sentono le urla e vedono l’ultimo contorcimento di corpi che perdono la vita per affogamento, estremo insulto che, per un tragico scherzo del destino porterà Ulisse in un buio Inferno.

Il Mare è bello e terribile. Può portare conoscenza e diffondere la cultura che ci dovrebbe rendere uguali. Ma certe vele possono spingere navi che pretendono morte. Le Sirene hanno visto che gli stolti mortali hanno aspetti in comune: la cupidigia per un bene immediato e il colore del sangue. E quello dei bambini sembra sempre più intenso.

Siamo riusciti a sentire l’effetto di un urto inimmaginabile tra oscuri corpi lontani nello spazio e nel tempo, e non siamo abbastanza sensibili per provare sgomento, e non siamo legati all’albero di una concava nave, per grida che ci arrivano adesso dal paese del miele e delle rose.

Consideriamo la nostra semenza.

*Fisico e Narratore

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