Il web, la verità e il dileggio [di Giuseppe Pulina]
Prendo spunto dalla recente dipartita di Umberto Eco per citare una delle sue frasi più famose pronunciata dopo aver ricevuto la laurea honoris causa dall’Università di Torino in Comunicazione e Cultura dei Media nel 2015: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli. Prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli” . Se l’imbecille di Eco è in qualche modo raffrontabile con il Cretino di Cipolla (vedasi Sereno, ma non troppo, antologia scientifica del cretino) o con quello di stampo più letterario di Fruttero e Lucentini (vedasi La prevalenza del cretino, semiromanzo serio sull’invasione di questa fatti-specie), la prova ontologica dell’esistenza di Dio trova oggi, dopo illustri tentativi da Anselmo d’Aosta a Kurt Gödel, un’ ulteriore e definitiva conferma: contro il cretino non può nulla neanche Dio; poiché il cretino esiste (eccome!), allora Dio esiste. Perché il cretino impazza sul web? Perché i social (e molti siti) non hanno alcun tipo di mediazione, esattamente come avviene al bar. Le bufale e gli insulti, perciò, circolano impuniti nel ciberspazio trovando le prime il triplo di ascolti rispetto a notizie scientificamente vagliate (o semplicemente controllate) (vedi Bessi et al., Science vs conspiracy: collective narratives in the age of misinformation. PlosONE, vol 10, n. 2, 2015) e i secondi subendo una gigantesca metastasi che amplifica parossisticamente la sindrome dell’automobilista che scarica la propria frustrazione urlando parolacce contro tutti. Succede allora che i siti che pubblicano più fesserie e insulti siano quelli tendenzialmente più frequentati, avvitando la società della connessione permanente in una disconnessione generale della ragione. Chi dovrebbe controllare le notizie, cioè i giornalisti, di solito lo fanno con scrupolo tanto che le news certificate sono diventate un tesoro da sottoporre copyright per non essere copiate né manipolate. Tuttavia, pochi, ma dannosissimi secondo quanto detto prima, giornalisti non controllano le fonti e utilizzano il web come unica sorgente primaria di informazione; alcuni di loro, poi, peggiorano le cose dando origine a sedicenti “testate” on-line la cui autorevolezza è inversamente proporzionale alla quantità del dileggio da loro praticato nei confronti degli interlocutori e degli insulti che riescono a raccogliere nel relativo blog. A costoro, e a tutti noi che scriviamo in un giornale i cui commenti sono fortunatamente “mediati”, ricordo che il 38mo stratagemma di Arthur Schopenhauer (L’arte di ottenere ragione), visto quale come ultima risorsa, è l’Argumentum ad personam che riguarda il diventare offensivi, oltraggiosi e grossolani, pur di avere (e non ottenere, per fortuna) ragione. |
Articolo molto interessante ed in parte veritiero. E’ infatti corretto affermare che la nascita di Internet, e soprattutto dei social networks, ha dato la possibilità a chiunque di poter esprimere la propria opinione ottenendo la stessa visibilità che solitamente veniva riservata agli esperti o alle personalità più di spicco. Tutto ciò è ovviamente alquanto deprimente, soprattutto se si pensa che oramai, se si va una “passeggiata” tra i diversi canali social, si possono contare sulle dita di una mano i commenti e le analisi realmente costruttivi e volti alla formazione di un reale dibattito magari acceso, ma rispettoso delle fondamentali regole di dialogo. Si leggono per lo più insulti, villanerie sgrammaticate, sentenze senza né capo né coda, e convinzioni complottiste sempre più catastrofiche (come dimenticare ahimé le scie chimiche, l’ordine dei 5 potenti della terra, l’imminente atterraggio degli ufo etc. etc.).
Fino a qui tutto corretto, non potrei concordare di più col Professor Pulina.
Detto ciò, vi sono un paio di punti qui discussi coi quali non posso che trovarmi in completo disaccordo.
Per iniziare, voglio fare riferimento alla questione della ‘cretineria digitale’ e cito il paragrafo testualmente:
“Perché il cretino impazza sul web? Perché i social (e molti siti) non hanno alcun tipo di mediazione, esattamente come avviene al bar. Le bufale e gli insulti, perciò, circolano impuniti nel ciberspazio trovando le prime il triplo di ascolti rispetto a notizie scientificamente vagliate […] e i secondi subendo una gigantesca metastasi che amplifica parossisticamente la sindrome dell’automobilista che scarica la propria frustrazione urlando parolacce contro tutti”
Innanzitutto non credo che questa analisi sia del tutto corretta in quanto punta il dito solamente sull’ultimo anello della catena cibernetica, senza andare ad analizzare quelle che sono le problematiche presenti a monte. E’ sempre troppo semplice prendersela con gli utenti naviganti nel cyber spazio, senza comprendere il perchè vi siano determinati atteggiamenti.
La “profile privacy” che il mondo digitale offre è un qualcosa che è nato quasi contemporaneamente ai social network stessi, ed è una delle colonne portanti, quelle più solide, della struttura cibernetica. Semplicemente non può essere abbattuta se non si vuole rischiare di veder crollare una parte della struttura.
Ciò su cui invece bisognerebbe interrogarsi, secondo la mia modesta opinione, è la mancanza totale di cultura nella maggior parte delle interazioni social. Perchè sempre più persone preferiscono l’insulto alla discussione? E perchè si preferisce sempre più “dare fiato alla tastiera” piuttosto che informarsi in maniera approfondita ed ascoltare gli opinion leader prima di formarsi un’opinione?
Io credo che questo sia un problema di stampo culturale che sta coinvolgendo il panorama sociale non più solamente occidentale, ma mondiale.
La democraticità di Internet non può essere messa in discussione, ma deve invece essere criticato ciò che viene prima dell’interazione, ossia la formazione culturale dei nostri internauti digitali. E questo apre le porte ad un grave problema che affligge la nostra società: la decadenza culturale sociale, dove la popolazione viene abbandonata sempre più al confronto senza mediazioni e soprattutto senza una educazione adeguata. Non è segreto che, in Italia come in altri paesi, si fa sempre più fatica a garantire un’istruzione adeguata ai cittadini, soprattutto quelli meno abbienti, e a ciò bisogna associare le problematiche relative ai singoli casi quotidiani.
Insomma il mondo dei social networks, più che uno strumento per dare voce ai “cretini”, sta pian piano diventando, appunto, quell’autostrada entro la quale tanti, troppi, automobilisti abbassano il finestrino per sfogare le proprie frustrazioni tramite l’insulto.
Il censurare i commenti degli utenti scurrili nelle grandi testate giornalistiche è un metodo che chiaramente condivido in quanto utile per proteggere gli interattori dentro e fuori il mondo digitale. Ma ciò su cui bisognerebbe innanzitutto interrogarsi sono le cause di questi atteggiamenti. Come può insomma la società migliorarsi per promuovere un maggior benessere psicofisico dei propri abitanti?
Un ultimo problema su cui vale la pena spendere due parole è il meccanismo di funzionamento dei siti web e dei social networks, ossia il famigerato sistema dei “click”. Più si clicca, a prescindere dalla veridicità o eticità del contenuto proposto, più si guadagna. Questa purtroppo non è una colpa che si può fare agli utenti, bisogna invece puntare il dito contro le major che detengono il monopolio del panorama digitale (Google e Facebook solo per citare due esempi) e che, utilizzando questo sistema, hanno costruito il loro impero.
Tutto questo, a mio modesto parere, sottolinea l’esigenza quanto più urgente di una ristrutturazione etica dei codici di comportamento su Internet, e di una più profonda riflessione sulle reali cause di questo malessere sociale, e di questo sistema economico-cibernetico controproducente dal punto di vista culturale.
In ogni caso ottimo articolo, davvero interessante e dall’ironia pungente!