Cervello e politica: come ci orientano il disgusto, il rischio e la paura [di Anna Maria Testa]

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Da qualche anno le neuroscienze hanno cominciato a osservare la politica, o meglio: hanno cominciato a osservare cervello e politica insieme, considerando caratteristiche e attività cerebrali, e connettendole con gli orientamenti politici dei proprietari di ciascun singolo cervello. Gli studi su cervello e politica sono agli inizi e non è ancora ben chiaro se le strutture cerebrali che mediano gli orientamenti politici ne siano la causa o l’effetto. È anche possibile che questo sia uno dei tanti casi di coevoluzione (il fenomeno A alimenta il fenomeno B, che a sua volta accresce il fenomeno A, e così via).

Comunque, vi invito a premettere un ideale “sembra che…” alle affermazioni che riguardano cervello e politica e che leggete qui di seguito, anche se sono tutte state pubblicate su riviste di ottima reputazione. Questo non esclude che, se vi va, possiate anche trarre qualche conclusione provvisoria sì, ma suggestiva.

La paura ci orienta a destra. Già nel 2011 si occupano di cervello e politica i ricercatori dell’University College di Londra: scoprono che i cervelli delle persone con un orientamento più conservatore sono dotati di una minor quantità di materia grigia nella neocorteccia (la parte cognitiva, più recente, che sa gestire l’incertezza e le informazioni contraddittorie) e hanno amigdale più grandi. L’amigdala è un affaretto a forma di mandorla che fa parte della porzione primitiva del cervello, ed è associata con le emozioni, prima fra tutte la paura, con la memoria emozionale e con la reazione flight or flight attacca o scappa).

Per dirla con Rita Levi Montalcini il cervello arcaico non si è praticamente evoluto da tre milioni di anni fa a oggi, e non differisce molto tra l’homo sapiens e i mammiferi inferiori. Un cervello piccolo, ma che possiede una forza straordinaria. Controlla tutte quelle che sono le emozioni. Ha salvato l’australopiteco quando è sceso dagli alberi, permettendogli di fare fronte alla ferocia dell’ambiente e degli aggressori. L’altro cervello è quello cognitivo, molto più giovane. È nato con il linguaggio e in 150.000 anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura. Si trova nella neo-corteccia. Purtroppo, buona parte del nostro comportamento è ancora guidata dal cervello arcaico.

Legami sociali più ampi ci orientano a sinistra. L’università del South Carolina, nel 2012, approfondisce gli studi su cervello e politica indagando la correlazione tra orientamento politico e neuroni-specchio, la cui attività coinvolge le relazioni sociali, l’apprendimento, il linguaggio e l’empatia. Ne risulta un dato che in parte corrisponde allo stereotipo dei due schieramenti, e in parte lo amplia. Di fatto, progressisti e conservatori elaborano i propri legami sociali in maniere diverse: i primi hanno il senso di una connessione sociale più estesa (dagli amici al mondo nella sua interezza), i secondi quello di una connessione sociale più tight, nel doppio significato di più stretta e più salda, nei confronti della famiglia e della nazione.

La propensione al rischio si manifesta diversamente, tra destra e sinistra. Uno studio angloamericano, datato 2013, va a cercare la correlazione tra orientamento politico e propensione al rischio, e scopre che progressisti e conservatori non differiscono nella quantità di rischi che si assumono, ma usano parti diverse del cervello quando devono prendere una decisione rischiosa: i progressisti attivano di preferenza l’insula, una regione associata con l’autoconsapevolezza e i legami sociali. I conservatori attivano (rieccola in gioco) l’amigdala, associata alla paura. Da ricerche precedenti era già emersa la maggior capacità dei progressisti di negoziare con rischio e incertezza.

Il disgusto ci orienta a destra. Una interessante Ted Conference del 2012 approfondisce i legami tra disgusto, cervello e politica, e racconta come il disgusto sia contagioso e comprenda l’idea di “contaminazione”. Alcuni dei risultati presentati sono sorprendenti. Per esempio: basta riempire una stanza di cattivo odore perché le opinioni dei soggetti sottoposti a test si spostino a destra.

A livello neurale, il legame tra disgusto e orientamento conservatore è confermato da una recente (ottobre 2014) ricerca del Virginia Tech Carilion Research Institute, che mostra come l’intensità della reazione cerebrale a immagini semplicemente disgustose (ma prive di qualsiasi attinenza politica), rilevata con la risonanza magnetica funzionale, possa predire con un’impressionante accuratezza del 98% gli orientamenti politici delle persone. In altre parole: i cervelli che reagiscono più intensamente al disgusto appartengono a persone orientate a destra (qui un’intervista con Read Montague che ha condotto lo studio.).

I ricercatori non si stancano di sottolineare che il cervello è plastico e che la sua struttura è il risultato dell’interazione costante tra eredità (cioè: il DNA trasmesso dai genitori) e ambiente (cioè la somma di apprendimenti ed esperienze sperimentate nell’intero corso della vita). L’istruzione, fra tutti i fattori ambientali, resta una potentissima leva di cambiamento degli orientamenti e dei destini individuali.

Tuttavia, se consideriamo la nettezza dei risultati di ricerca ottenuti, non possiamo non provare a trarre, su cervello e politica, qualche conclusione (lo ripeto: suggestiva sì, ma provvisoria. Prendetela con le pinze, insomma).

1) Chi vuole parlare efficacemente alla destra, o chi vuole promuovere idee di destra, può con profitto far leva sul disgusto, suscitandolo, accentuandolo, evocando rischi di contaminazione.
2) Chi fa leva sulla paura o agita lo spettro di un qualsiasi “nemico” (un vecchio ma tuttora efficacissimo trucco della propaganda) sta con ogni probabilità promuovendo istanze di destra.

* Nuovo e Utile, pratiche della creatività. 15/01/ 2015.

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