Unaoil: la fabbrica della corruzione mondiale. Come l’azienda di Monaco ha corrotto l’industria petrolifera mondiale [di Nick McKenzie, Richard Baker, Michael Bachelard, Daniel Quinlan]

libia

The Huffington Post  |31/03/2016. Nella lista delle grandi società mondiali, Unaoil non compare da nessuna parte. Ma per gran parte degli ultimi vent’anni, l’azienda di Monaco ha sistematicamente corrotto l’industria petrolifera mondiale, distribuendo diversi milioni di dollari in tangenti per conto dei colossi aziendali Samsung, Rolls Royce, Halliburton e del ramo aziendale offshore dell’australiana Leighton Holdings.

Ora, una serie di email e documenti trapelati ha confermato quello che in molti sospettavano sull’industria petrolifera, rendendo note le attività del gruppo che ha comprato funzionari pubblici e truccato contratti in tutto il mondo. Una fuga di notizie consistente in documenti confidenziali ha esposto la reale portata della corruzione nell’industria petrolifera, coinvolgendo dozzine di compagnie di punta, burocrati e politici invischiati in una sofisticata rete mondiale di corruzione e tangenti.

Dopo due mesi di indagini in due continenti, Fairfax Media e The Huffington Post possono finalmente rivelare che miliardi di dollari in contratti governativi sono stati conferiti in seguito al pagamento di tangenti elargite per conto di alcune società, inclusa l’iconica Rolls Royce, il gigante statunitense Halliburton, l’australiana Leighton Holdings e i pezzi grossi della Corea, Samsung e Hyundai. L’indagine ruota intorno al gruppo monegasco che risponde al nome di Unaoil, guidato dall’influente famiglia Ahsani. Dopo l’apparizione di una pubblicità in codice su un giornale francese, una serie di incontri clandestini e telefonate notturne hanno condotto i nostri reporter alla scoperta di centinaia di documenti ed email della famiglia Ahsani. La raccolta di notizie rivela come il gruppo abbia avvicinato esponenti delle famiglie reali, partecipato ad eventi importanti, eluso il controllo delle agenzie anti-corruzione, manovrando una rete segreta di faccendieri e mediatori operanti nelle nazioni produttrici di petrolio.

La corruzione alimenta le disuguaglianze socio-economiche, già ben radicate, ed è tra i fattori che hanno scatenato la Primavera Araba. Oggi, Fairfax Media e Huffington Post rivelano come la Unaoil abbia dilaniato alcuni settori dell’industria petrolifera del Medio Oriente a vantaggio delle compagnie occidentali, tra il 2002 ed il 2012. Nella seconda parte ci occuperemo degli ex- stati russi impoveriti per mostrare la reale portata dell’immoralità delle multinazionali, inclusa Halliburton. Concluderemo la nostra indagine mostrando come tali pratiche corrotte si siano estese fino all’Asia ed all’Africa.

I file fuoriusciti rivelano la corruzione di due ministri del petrolio iracheni, di un faccendiere legato al dittatore siriano Bashar al-Assad, di alcuni funzionari anziani del regime libico di Gheddafi, esponenti dell’industria petrolifera iraniana, funzionari degli Emirati Arabi e un trader del Kuwait conosciuto come “The big Cheese”. Tra le compagnie occidentali coinvolte nelle operazioni di Unaoil in Medio Oriente spiccano anche alcune delle aziende più ricche e rispettate al mondo: Rolls Royce, Petrofac, ABB e Elliot dall’Inghilterra. Le compagnie americane FMC Tecnologies, Cameron e Weatherford; i colossi italiani Eni e Saipem, le aziende tedesche MAN Turbo e Siemens; l’olandese SMB e il gigante indiano Larsen & Toubro. La documentazione indica anche che il ramo aziendale offshore dell’australiana Leighton Holdings era coinvolto in un grave caso di corruzione pianificata.

I file rivelano inoltre che alcuni membri dello staff di queste compagnie credevano di essersi affidati a un lobbista onesto, mentre altri che sapevano o sospettavano ci fosse corruzione si sono limitati a chiudere un occhio. Ma qualcuno sapeva molto di più. Alcuni esponenti di compagnie come la spagnola Tecnicas Reunidas, la francese Technipe e il colosso delle trivellazioni MI SWACO, non solo hanno attivamente sostenuto la corruzione ma hanno anche intascato tangenti a loro volta.

La multinazionale statunitense Honeywell a il ramo offshore dell’australiana Leighton hanno deciso di nascondere le tangenti dietro contratti fraudolenti in Iraq. Un manager Rolls Royce ha negoziato una tangente mensile in cambio di informazioni attinte dal cuore dell’azienda inglese. Molti di coloro che hanno ammesso il proprio coivolgimento, inclusa la stessa famiglia Ahsani che guida la Unaoil, continuano ad operare impuniti. I documenti mostrano chiaramente che la gente comune è stata tradita in Medio Oriente. Dopo la caduta di Saddam Hussein, gli USA dichiararono che il petrolio iracheno sarebbe stato amministrato a vantaggio della popolazione. Oggi, nella prima parte della denuncia “La fabbrica della corruzione mondiale”, questa dichiarazione viene smentita.

La fabbrica delle mazzette. Il gruppo monegasco ha quasi raggiunto la perfezione nell’arte della corruzione. L’azienda risponde al nome di Unaoil, ed è guidata da alcuni membri della famiglia Ahsani, milionari di Monaco vicini a principi, sceicchi ed esponenti delle élites aziendali europee ed americane. Alla guida vi sono il capo famiglia Ata Ahsani ed i suoi due elengatissimi figli: Cyrus e Saman. Le loro associazioni benefiche sostengono l’arte e i bambini in difficoltà ed alcuni membri della famiglia Ahsani siedono al tavolo di ONG insieme ad ex-politici e miliardari. Dieci anni fa un tabulato rivelò che la famiglia era in possesso di denaro liquido, azioni e proprietà per un totale di 190 milioni di euro. Appartengono al gotha mondiale. Come incassano tanti soldi? È semplice.

I paesi ricchi di petrolio sono spesso piegati da un’amministrazione mediocre e da alti livelli di corruzione. Il business plan di Unaoil prevede di giocare sulle paure delle grandi compagnie occidentali, convinte di non potere accapararsi contratti validi senza la sua intercessione. A quel punto, gli agenti di Unaoil corrompono i funzionari delle nazioni produttrici per aiutare questi clienti ad ottenere progetti finanziati dal governo. I funzionari corrotti possono truccare un bando di gara, far trapelare informazioni interne oppure assicurare un contratto senza una gara d’appalto pubblica.

Stando alle parole di Ata Ahsani sarebbe tutto alla luce del sole: “Non ci occupiamo di organizzare truffe per conto di terzi. Il nostro è un lavoro piuttosto elementare. Tutto ciò che facciamo è integrare la tecnologia occidentale e le possibilità locali” ha dichiarato a Fairfax Media e Huffington Post. Unaoil ha corrotto funzionari pubblici? “La risposta è: assolutamente no”. Ma le informazioni trapelate dalla mail e giunte, con una fuga di notizie, fino a Fairfax Media e Huffington Post dimostrano chiaramente che le parcelle da milioni di dollari che Unaoil riceve dai suoi clienti sono frutto di un’operazione di corruzione industriale che non fa che esarcerbare questo malcostume già radicato tra le società più influenti.

Le banche di New York e Londra hanno facilitato il riciclaggio di denaro perpetrato da Unaoil, mentre gli Ahsani hanno stabilito un’azienda di investimenti immobiliari nel centro di Londra. Dal 2007, la Unaoil è stata certificata dall’agenzia anti-corruzione Trace International. Già solo questo solleva seri dubbi sul valore di questa certificazione internazionale.

Ma per le società occidentali, messe di fronte alle indagini previste dalle leggi anti-corruzione delle rispettive giurisdizioni, Unaoil sembra essere un intermediario rispettabile e discreto, che permette alle aziende elencate di godere della cosiddetta “smentibilità plausibile”. Le aziende interrogate da Fairfax Media e Huffington Post, a proposito dei loro contratti con Unaoil, hanno sottolineato che seguono rigide politiche anti-corruzione e che s’impegnano a far luce sui loro rapporti con il gruppo di Monaco.

IRAQ. Dopo aver vinto la seconda Guerra del Golfo, la coalizione guidata dagli Stati Uniti è passata a salvaguardare il Ministro del petrolio, lasciando il Museo di Baghdad indifeso ed esposto al saccheggio dei suoi tesori. Ma la coalizione non è riuscita a proteggere l’industria petrolifera dai ladri. I file Unaoil rivelano che le stesse compagnie occidentali, insieme alla nuova élite irachena, avevano dato inizio ad un’intensa attività di sciacallaggio.

Unaoil pagò almeno 25 milioni di tangenti attraverso degli intermediari per assicurare il sostegno di potenti funzionari, continuando a lamentarsi perché considerati “stronzi e avidi”. Tra il 2004 e il 2012, Unaoil ha corrottamente esercitato la propria influenza anche su pezzi grossi dell’industria petrolifera del paese: Hussein al‐Shahristani, vice Primo Ministro dell’Iraq diventato Ministro dell’Istruzione; il Ministro per il Petrolio Abdul Kareem Luaibi (sostituito nel 2004); il direttore generale della South Oil Company, Dhia Jaffar al-Moussawi che nel 2015 è diventato vice-ministro ed un funzionario di spicco del minister del petrolio, Oday al‐Quraishi

La maggior parte dei politici più anziani ha ricevuto cifre da milioni di dollari, mentre chi si trovava ai piani bassi della catena alimentare veniva pagato di meno. Quraishi, che ha supervisionato il più importante progetto di espansione dell’industria petrolifera irachena, ha intascato mensilmente una somma pari a 6.000 dollari (5.000 per lui e 1.000 per gli eventuali regali da offrire), oltre ad importanti tangenti aggiuntive. Il ministro, il dottor Shahristani, attualmente a capo del Ministero dell’Istruzione, ha affermato di non essere coinvolto in alcun reato.

Altri funzionari iracheni non hanno risposto alle richieste di commenti. Unaoil ha anche comprato insider a servizio delle aziende petrolifere internazionali che sono stati messi sotto contratto dall’Iraq per gestire i suoi giacimenti. I documenti trapelati denunciano la corruzione all’interno del colosso italiano Eni, che gestisce le procedure di gara per gli appaltatori che operano sul vasto giacimento di Zubair. Tra i clienti di Unaoil in Iraq figurano il gigante Rolls Royce, le compagnie americane FMC Technologies e Cameron, l’italiana Saipem, la tedesca MAN Turbo, la Weatherford (azienda quotata negli Stati Uniti), la compagnia olandese SBM e il ramo offshore dell’australiana Leighton.

La replica di Eni “Il comportamento attribuito ad alcuni dipendenti Eni è a danno della compagnia, così come in diretto e chiaro conflitto con il codice etico di Eni che ogni dipendente è obbligato a rispettare integralmente. Non intendiamo commentare né sui nomi dei dipendenti indicati, né sull’esito di possibili indagini interne”.

IRAN. “Tutto funziona e va avanti grazie ai contatti ed ai rapporti con talenti speciali”. Così scrive un faccendiere iraniano, parte dell’eccezionale rete Unaoil, a proposito degli insider intenti a pagare e intascare mazzette. Dopo il recente indebolimento delle sanzioni da parte dell’UE, degli Stati Uniti e dell’Europa, questa rete è diventata ancora più preziosa. Nel 2006, questo agente Unaoil si lamentava nelle sue mail: uno dei clienti del gruppo, l’inglese Weir Pumps (ora proprietà dell’americana SPX) gli doveva centinaia di miglialia di dollari che lui aveva già promesso di piazzare, in parte, in Iran.

Siamo alla fine del nuovo anno iraniano: le aspettative sono alte, sono a corto di soldi e circa cinque milioni di sterline di affari con la Weir sono a rischio. Perché non posso rispettare gli impegni presi con il mio team di supporter”. Qualora il denaro non fosse stato disponibile la Weir Pumps avrebbe rischiato di “sciogliersi come un pezzo di ghiaccio, giorno dopo giorno”. “… più di mezzo milione di dollari della mia parcella per la consulenza… Li ho già spesi per promuovere i loro affari in Iran”.

In altri appunti venuti allo scoperto e risalenti al 2006, si dice che l’Unaoil avrebbe pagato “diecimila dollari al mese” per assicurare il sostegno dell’amministratore delegato di una ditta presieduta da un alto ufficiale iraniano, appartentente in parte ad un ente governativo iraniano e supervisionata da un consiglio “politicamente influente”. “L’AD vuole diecimila dollari al mese. AA (Ata Ahnasi di Unaoil) ha accettato, visti i suoi eccellenti contatti”. La rete iraniana di Unaoil, che è stata anche utilizzata per aiutare realtà come ABB, Elliot e la giapponese Yokogawa, si estende oltre l’industria petrolifera.

Nel 2011, la Unaoil ha contribuito alla risoluzione di una disputa che vedeva coinvolto uno dei suoi clienti austrialiani, rivolgendosi a “diversi contatti influenti… incluso il capo della polizia iraniana”. Prima del recente alleggerimento delle sanzioni, la Unaoil utilizzò alcune strategie che includevano anche il ricorso a società “di facciata” per aggirare il controllo dei funzionari occidentali. Consigliò ai suoi faccendieri corrotti di non trasferire fondi in dollari americani e di utilizzare compagnie “il cui nome non comprendeva la parola Iran”.

LIBIA. Nel 2004, quando l’Occidente iniziò a rimuovere le sanzioni contro la Libia, mentre il regime del colonnello Gheddafi si apprestava a fare affari con le compagnie straniere, la Unaoil non si fece trovare impreparata. Nel 2011, la sua rete di insider corrotti includeva funzionari e referenti in grado di influenzare le operazione delle agenzie di petrolio e gas più importanti della Libia. Nel tardo 2008, una società di trivellazioni canadese (la Canuck Completion) disse all’Unaoil di essere “interessata alla tipologia di Backsheesh (dal persiano, indica le tangenti ndt) che bisogna garantire a questi uomini per ottenere lavori” in Libia.

Tra gli insider corrotti della Unaoil c’era anche un influente funzionario libico, Mustafa Zarti, uomo di fiducia del regime di Gheddafi. I documenti Unaoil descrivono Zarti come “un buon amico del Presidente Gheddafi, figlio della Libia; un uomo molto influente nelle attività lobbistiche in Libia”. Unaoil accettò di pagare a Zarti milioni di dollari, in segreto. In cambio, lui avrebbe esercitato la sua influenza per avvantaggiare i clienti di Unaoil. “MZ (Mustafa Zarti) è nel consiglio dell’ LFIC (Lybian Foreign Investement Commitee), che controlla… i fondi petroliferi (sei miliardi di dollari). Vede il suo ruolo in questo modo: noi procediamo e lui risolve i problemi in cui ci imbattiamo. MZ ha accettato di trasferirci tutti i lavori legati al petrolio ed alla benzina” svela una nota del settembre 2006. Le multinazionali clienti di Unaoil in Libia includono il colosso malese Ranhill , il conglomerato di imprese coreane ISU e la società spagnola Tecnicas Reunidas.

SIRIA e YEMEN. In Siria, Unaoil si è rivolta ad un intermediario vicino al regime del presidente Bashar al-Assad. Nel 2008 e nel 2009, Unaoil ha promesso 2,75 milioni di euro all’uomo per aiutare il suo cliente britannico Petrofac ad ottenere contratti dalle società petrolifere del regime di al-Assad. Alcune email “strettamente confidenziali” del 2008 indicano che questo intermediario promise di pagare altre persone per ottenere i contratti. Ma non vedendo arrivare il pagamento nel tempo stabilito, si lamentò dei ritardi che gli stavano causando dei problemi con alcuni “amici” in Siria.

La situazione sta diventando molto spiacevole [sic] perché non sto rispettando le consegne” scisse ad Unaoil nel dicembre del 2009. Si ritiene che la Petrofac non fosse al corrente del coinvolgimento di Unaoil nelle sue operazioni siriane e, in risposta alle domande, la società ha affermato che “ambisce ai più alti livelli di comportamento etico”. In Yemen, Unaoil ha versato milioni su un conto svizzero appartenente al faccendiere e uomo d’affari Haitham Alaini, figlio dell’ex Primo Ministro del paese. In cambio, Alaini avrebbe usato i suoi contatti in Yemen per aiutare Unaoil.

KUWAIT E EMIRATI ARABI UNITI. In Kuwait Unaoil aveva nel suo libro paga un influente funzionario pubblico, soprannominato “The big Cheese”. Per garantire un contratto ad un suo cliente di lunga data in Medio Oriente, la società americana FMC Technologies, Unaoil esigeva un pagamento di 2,5 milioni di dollari.

In seguito, decise di incaricare un intermediario per trattare con “the big Cheese in Kuwait e decidere quale porzione… assegnare a quell’uomo”. Negli Emirati Arabi Uniti la rete Unaoil includeva un funzionario pubblico con legami con il Principe di Abu Dhabi. I documenti trapelati rivelano che il funzionario intratteneva scambi commerciali con gli Ahsani che, in cambio, chiedevano il suo sostegno sul territorio. Queste azioni includevano l’ingresso in un progetto finanziato dall’ufficio del “Sua Altezza lo Sceicco Mohammed Bin Zayed”. Unaoil ha corrotto un responsabile di una società sussidiaria della Abu Dhabi National Oil Company. Questo insider ha manipolato una giuria di gara per conto di un cliente Unaoil, il conglomerato di aziende indiano Larsen and Toubr

 

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