I riflessi nella città d’acqua e di pietra [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 06/04/2016. La città in pillole. Il grande interesse per il futuro della Laguna di Santa Gilla. Molto in questi giorni si parla di Santa Gilla prospettandola in un futuro non avvelenato. Ma se sconosciuti sorridendo ti chiedono dettagli di tanto avvenire allora è evidente che solo l’amore della civitas salverà i suoi luoghi fondanti. Possiamo attagliare a Cagliari quanto Fernando Pessoa nel “Libro dell’inquietudine” fa dire a Bernando Soares per Lisbona “Non ci sono per me fiori che siano pari al cromatismo di Lisbona sotto il sole”. Perché Cagliari come Lisbona è città di pietra ma soprattutto di luce e d’acqua. In entrambe la luce arriva senza filtri dal mare e vie d’acque interne, laguna e fiume, le uniscono al mare. Luoghi speciali per intrecci millenari di cultura e di natura e per uomini la cui “navigazione” nella vita è abitata dall’”allargamento della conoscenza dell’umanità”. Ne voglio nominare due, patrioti della città d’acqua. Il primo, di antica borghesia urbana, dopo un ritrovamento nel 1869 scoprì, nel 1891-1892, a Cala Moguru, con metodi avveniristici, anfore, ceramiche fini da mensa, lucerne, brocche. Fittili votivi tra cui maschere raffiguranti Giove, Esculapio, Apollo; protomi e corpi di animali; arti umani tra cui “gran mano”. L’arco cronologica tra V e II secolo av. C. fu ampliato da 150 anni di ritrovamenti che raccontano insediamenti, ateliers e un luogo di culto lagunare che rinsaldava relazioni ininterrotte dal neolitico antico. Il secondo benemerito si chiamava Giovanni Ruggeri. Di origine popolare, era figlio di Santa Gilla che amava come fosse una donna e di cui prevedeva gli umori e i rumori di fondo. Si batte per salvarla. Credette di farlo con l’autonomia di Elmas di cui fu il primo sindaco. Malinconici occhi e disarmante sorriso hanno insegnato a tutti noi come custodire con l’intelligenza del cuore la città d’acqua.
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