Fra Talmud e trivelle [di Raffaele Deidda]

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Racconta una storiella yiddish di due giovani, Chalom e Immanouel, che sono intenti a studiare il Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo. Chalom si alza e dice all’altro: “Che dici, ci fumiamo una sigaretta?” Immanouel è dubbioso, vorrebbe ma si domanda se sia corretto fumare mentre si studia il Talmud. “Secondo me lo è, ma se tu hai questo dubbio andiamo dal rabbino e poniamogli il quesito”, dice Chalom. Si recano in sinagoga e lo studente dubbioso domanda: “Rabbino, mentre si studia il Talmud si può fumare?

Giammai! Sarebbe un gran sacrilegio” risponde il rabbino., “Visto? Avevo ragione io” dice Immanouel all’uscita dalla sinagoga. “Mmmh…secondo me hai posto il quesito in maniera sbagliata… Torniamo dal rabbino e riformuliamogli la domanda”, propone Chalom. Di nuovo in sinagoga, è stavolta Chalom che domanda: Scusi rabbino, ma si può studiare il Talmud mentre si fuma?” “Certamente si! Ogni momento è utile per studiare il Talmud”, risponde il rabbino.

Cosa c’entra il referendum sulle trivelle del 17 aprile che riguarda il rinnovo delle concessioni di estrazione di idrocarburi entro il limite delle 12 miglia dalla costa?  Poco, ma il paradosso yiddish sembra adattarsi alle singolari dinamiche sarde relative alla vicenda trivelle, se si considera la genesi del referendum che queste hanno prodotto e le recenti esternazioni di politici regionali che quel referendum ora ritengono inutile se non dannoso. Dopo che il Consiglio regionale della Sardegna, insieme a quello di altre 8 regioni, lo ha promosso ai sensi dell’art. 75 della Costituzione.

Si legge nel documento della Regione Sardegna a firma del Presidente del Consiglio regionale: L’esito positivo del referendum impedirebbe al  Parlamento o al Governo di reintrodurre la norma che consente ai procedimenti in corso di concludersi e di rimuovere il limite, applicabile ovunque, della ricerca e dell’estrazione entro le dodici miglia marine: l’obiettivo proposto è esattamente quello di far sì che il divieto di estrarre idrocarburi, entro le acque territoriali, sia assoluto. Diversamente – e cioè qualora non si arrivasse ad un pronunciamento popolare di segno positivo – la rimozione del divieto sarebbe in ogni momento possibile”.

La posizione della Regione Sardegna e del suo Consiglio regionale è molto chiara. Perché, allora,  il  presidente della Giunta Pigliaru ritiene invece che Non sia un referendum tra chi è a favore delle trivelle e chi è contro: nessuno vuole un governo centrale capace di imporre una proliferazione di trivellazioni nelle 12 miglia, contro la volontà dei territori coinvolti” e aggiunge: “Credo che non sia ragionevole cancellare da un giorno all’altro l’uso di combustibili fossili. Di conseguenza, credo che sia ragionevole consentire che i pochi impianti oggi attivi possano continuare l’estrazione fino all’esaurimento dei giacimenti”?

Da quale rabbino si è recato il presidente della Sardegna per avere l’autorevole indicazione sul quesito “Dopo che la Regione ha promosso il referendum anti trivelle si può  dire che il referendum è inutile, suggerendo ai cittadini di non andare a votare?”. Dal rabbino potrebbe esserci andato insieme al segretario regionale del Pd, visto che anch’egli ritiene che il referendum sia “Doppiamente inutile per la Sardegna, dove non ci sono piattaforme marine per l’estrazione di petrolio e gas” e che “ Questo quesito è talmente mal posto che ci sta il si e ci stà il no e ci sta anche se non si va a votare”.

Ci sta tutto, insomma. Ci sta che il referendum è stato voluto da nove regioni governate dal Pd di Renzi.  Ci sta che per compiacere Renzi, che non vuole che il referendum abbia successo, i più alti livelli del Pd sardo invitino, implicitamente, alla diserzione anzichè favorire la partecipazione popolare. Se in Sardegna non ci sono piattaforme di perforazione in mare, i sardi non dovrebbero forse interessarsi dell’ambiente e dello sviluppo energetico del paese? Non dovrebbero scegliere come vogliono lasciare il territorio ai propri figli? Certo a leggere il Piano Energetico Regionale della giunta Pigliaru c’è solo da avere paura.

Come sono vere e sconsolanti le parole di Franco Meloni in questa rivista: “Ci vedevamo protagonisti e propositori di scelte che, e non era un battito d’ali di lievi farfalle, potevano riguardare un orizzonte lontano. Sicuramente più di dodici miglia. Discutevamo su regole per fare le scelte giuste, e quindi durevoli nel tempo, pensando a chi sarebbe arrivato dopo”.  E ora? Ora sembra che il rabbino Matteus Renziah potrebbe aver sentenziato ai suoi supini e non giovanissimi discepoli: “Tutto è consentito pur di non mettere in discussione le sacre strategie del governo, andate e convincete il vostro popolo sull’inutilità di questo referendum”.

Quel popolo, però, il 17 aprile voterà convintamente SI. Nella consapevolezza che per estrarre pochi barili di petrolio non si possono mettere in pericolo le coste, il turismo, la fauna e la pesca sostenibile. Consentendo alle compagnie petrolifere di lucrare sulle estrazioni, pagando le royalties più basse al mondo.

 

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