Caro turista ti scrivo, così mi distraggo un po’… [di Sandro Roggio]
Caro turista, dovunque sia stato questa estate in Sardegna, le siamo infinitamente grati. Ci ha dato aiuto a casa nostra, come si dice. Al punto di meritarsela qualche manifestazione di benvenuto come chi è portato dal buon vento; magari senza gli eccessi nel racconto di Conrad, quando gli abitanti del villaggio avvistavano il brigantino. Si sa, non sono poche le difficoltà a raggiungere l’isola: trasporti inadeguati e a costi scoraggianti per una famiglia con auto, indispensabile per arrivare in luoghi altrimenti inaccessibili. Dove lei si sarà aggirato tra delusioni e qualche bella scoperta, come sappiamo dalle cronache. È risaputo il suo interesse a capire la Sardegna /chi siamo noi qui anche d’inverno. Non basterà per attenuare lo scetticismo di Marc Augè sulla voglia dei turisti di guardarsi attorno, perché i viaggi non sempre sono fonte di esperienze culturali ed estetiche. Ma a noi farebbe comodo se diventassero sempre di più i vacanzieri come lei, curiosi di scoprire la Sardegna oltre le riviere, interessati alle biodiversità del Gennargentu, a vedere come crescono esuberanti sui monti il corbezzolo o il mirto (che non è solo un liquore); e a conoscere la storia dei piccoli paesi lontani dal mare diversi dai residence con animatore per non morire di noia quando cala il sole. D’altra parte non mancano gli estimatori dei luoghi uguali dappertutto. A loro agio nei labirinti di brutte case frontemare e nel sovraffollamento di spiagge. Appagati da piatti pronti scongelati basta un clic, a caccia di souvenir made chissà dove. Difficile che abbia scansato questi cliché di cui la Sardegna è piena, le numerose messinscena tipo i carnevali estivi, e la paccottiglia disdegnata dagli operatori del turismo più raffinati e lungimiranti. D’altra parte se fa un po’ di attenzione lo scoprirà: tutto ciò che si consuma in Sardegna otto su dieci viene da fuori – spiega il giornalista e studioso di economia locale Giacomo Mameli –, rendendo meno redditizia la brevissima stagione turistica e poco interessante la vacanza. Gli esperti dicono di viaggiatori alla ricerca di “altrove” di “altrimenti” e di “altri”, in controtendenza rispetto alla domanda convenzionale, pronti a entusiasmarsi di fronte ai caratteri autentici dell’isola ( “tu chiamale, se vuoi, emozioni” suggeriva un rapporto ACI- Censis ). Sarebbe bene se chi ha trascorso le vacanze in Sardegna avesse voglia di raccontare cosa va bene/male, premiando chi fa meglio, come già succede in siti come Tripadvisor. L’insoddisfazione resa pubblica potrà provocare malumori a qualcuno. Ma evviva: il disappunto esibito da frequentatori affezionati può servire a contrastare l’incuria del territorio. E ben vengano gli allarmi lanciati per il paesaggio ferito e in pericolo, come ha fatto un turista su queste pagine qualche anno fa scoprendo la mitica spiaggia di Stintino “ristretta come un golf di cachemere maltrattato”. Dice invece il presidente di Confindustria Sardegna centro-nord (su La Nuova Sardegna di qualche giorno fa) che lei frequenterà l’isola solo se troverà spa e centri benessere per cui servirebbe altra edilizia in deroga; “il problema – aggiunge – è che, anche in Sardegna, c’è chi vuole preservare a oltranza il territorio”. La deformazione, questa sì ad oltranza, del suo profilo di turista – con l’idea fissa di fare saune e idromassaggi – serve ad alimentare l’equazione farlocca più volume=più arrivi nell’isola. Per cui chi si oppone alle crescite degli alberghi in riva al mare (auspicate nelle aree urbane) è, secondo Confindustria, un agitatore contro lo sviluppo; un estremista anche se in sintonia con la legge cioè con le disposizioni del PPR che ha il consenso di turisti schierati a difesa della natura dell’isola, d’accordo per accessi regolati negli arenili. Quei turisti che non tornerebbero più se non ritrovassero intatta la splendida roccia a lato dell’albergo che li ospita da anni, o se fosse impedita la vista del tramonto dalla veranda del ristorante preferito. Ecco, la Confindustria dovrebbe preoccuparsi del partito del sì a tutto, riflettendo sui danni irreversibili prodotti dall’ accondiscendenza senza cautele a qualsiasi intrapresa che ci ha dato pure i drammatici paesaggi delle malattie come quello dei fanghi rossi. Lei è il cliente che ha sempre ragione. Il suo parere può fare riflettere chi vive di turismo ( l’edilizia è altro), specie se si avvertirà il rischio che l’isola manomessa non valga più un faticoso viaggio. Si faccia sentire. Lo dica all’ albergatore, al pizzaiolo, ai giornali sardi e continentali, a Bild-Zeitung, a Le Monde, con un tweet. Ha titolo per farlo, perché la fascia costiera, che un DdiL del governo regionale vorrebbe ulteriormente trasformare, è “bene paesaggistico” d’interesse nazionale ed europeo. È tutelato dall’ art. 9 della Costituzione ed è anche un po’ suo. Ieri il presidente Pigliaru ha detto all’ANSA che il DdiL, difeso strenuamente per sei mesi dalla sua mmaggioranza, merita di essere approfondito. Diffido del linguaggio contorto della politica quando prende tempo, e siccome non voglio altre delusioni aspettiamo di vedere le prossime mosse. Il presidente Pigliaru non dice a chi si rivolge. Gli interlocutori – oltre quelli istituzionali – sono tanti, Confindustria, Ance, il Qatar tramite Ferraro, e vari nemici acerrimi del Piano paesaggistico. Non so se stia parlando di quegli altri che la pensano come me e come lei, turista affezionato alla Sardegna, (tutti con atteggiamento “vagamente leninista”- ha scritto il suo assessore). Spero che l’on. Pigliaru si convinca presto che il “punto di equilibrio tra sviluppo e sostenibilità” – di cui ha detto all’ANSA – , non si realizza picconando con il suo DdiL il PPR che esprime già egregiamente il bilanciamento tre le esigenze di tutela e la trasformazione del territorio. E spero che la fase di riflessione annunciata non impedisca di approvare la estensione del Piano paesaggistico alle zone interne, come promesso in campagna elettorale. *Una versione ridotta è stata pubblicata da La Nuova Sardegna
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