Good As You [di Carla Deplano]
Non c’è praticamente giorno che non mi capitino sotto gli occhi notizie che testimoniano la recrudescenza omofoba che sta investendo il nostro Paese in piena deriva culturale (pestaggi, donazioni di sangue vietate, affitti negati, il vallum di Spresiano, oltre all’assenza di leggi a favore delle coppie di fatto o contro l’omofobia…). Sono fatti che vivo in prima persona come autentiche pugnalate al cuore. Nel corso degli anni ho perso i contatti con tanti amici che si sono dovuti loro malgrado trasferire in altri paesi per vivere liberamente la propria condizione, inaccettabile per le loro famiglie e il microcosmo con cui dovevano fare i conti quotidianamente. Uno di questi l’abbiamo ritrovato dopo molto tempo a Londra, ci ha fatto da guida nei locali notturni più cool di Soho. Ha detto che non tornerà più in Italia, dove manca da tredici anni, se non quando – ragionando per assurdo – le cose dovessero cambiare davvero. Con sofferenza ci ha confessato che ancora oggi i genitori gli impedirebbero ipocritamente di manifestarsi, di parlare, di essere quello che è: lo rivedrebbero solo a patto che si cucisse la bocca ed evitasse di frequentare persone “della sua stessa risma“… Lungi dal sentirmi offesa e indignata o a disagio per i ragazzi gay che mi ballavano accanto scambiandosi effusioni amorose d’ogni sorta, trovavo al contrario la cosa a dir poco arrapante (passami il termine) e ho provato veramente un senso di gioia e di rilassamento nel vedere uomini di tutte le età passeggiare senza problemi tenendosi per mano per le vie della città: pensavo che fossero cose improponibili in Italia, a meno di non essere denigrati o pestati a sangue subito dopo. Quando ero a scuola ero persuasa di un cambiamento in positivo dei costumi sociali, della mentalità e della cultura in senso lato. La realtà odierna, con i suoi fatti di cronaca, smentisce totalmente quell’utopia. |
il 17 maggio ricorre la giornata nazionale contro l’omofobia