Una festa quasi perfetta [di Gianluca Pisano]

una Festa q perfetta

Mar Mediterraneo. Sabato, sei del pomeriggio.
– Sei pronta? Lo sai che ho sempre paura di fare tardi.

Katia non apre ancora la porta, lasciando Ivan sulle spine. A volte glielo fa a posta. Sa che il suo fidanzato, quarantacinque anni, ha un rapporto difficile con l’orologio. Stanno insieme da dieci anni, entrambi appartenenti a famiglie facoltose, quella di Ivan soprattutto. Per lui dieci anni entusiasmanti di viaggi e feste. Un idillio. A parte quel discorsetto che, ogni tanto, lei gli ripropone come il rintocco dell’orologio a pendolo. Ogni volta che sta per assopirsi, nel silenzio della grande sala da pranzo, lo fa sobbalzare dal divano. Quante volte avrebbe voluto zittirlo … ma eccola. La giovane donna è elegantissima in un abito impreziosito da un collier di diamanti, che lui le ha regalato per il decimo anniversario.

Si avviano sul sentiero in pietra che, arrampicandosi vertiginosamente sulla parete rocciosa a picco sul mare, collega la loro suite alla piattaforma dove li attende un piccolo elicottero. Ivan ha organizzato una festa a sorpresa per il compleanno della sua fidanzata. Quarant’anni, ci vuole qualcosa di grandioso. Sono ospiti del residence da ieri, insieme ai loro amici che, all’insaputa di Katia, hanno già raggiunto il luogo della festa.

– Allora dicevi sul serio quella sera! – Stupore ed incredulità compaiono sul viso della donna, alla vista del velivolo.

– E le sorprese non sono finite! Appena ti senti pronta, fai un cenno al pilota.
Katia sa benissimo chi è il pilota. A cominciare dal suo nome, Stefano. Sei mesi prima, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede aziendale di famiglia, lei e Ivan arrivarono in tempo grazie a Stefano, costretto a guidare come un folle per i capricci del rampollo, che si ricordò dell’evento mezz’ora prima che cominciasse. Il cuore di Katia, da quel giorno, aveva cominciato ad accelerare e rallentare senza preavviso o un motivo particolare. L’aveva incontrato altre due volte di sfuggita, ma lasciandole la netta sensazione che avesse qualcosa da comunicarle. Ed ora eccolo lì, al comando di un elicottero. A dirle che, forse, un motivo c’era. Dopo dieci minuti di volo mozzafiato avvistano un enorme yacht.

– IVAN, MA … MA E’ TUO ???

– Beh, è di mio padre.

Erano mezzi di rappresentanza della famiglia di Ivan, nota per una forte realtà industriale, da lui conosciuta ben poco. Perché dedicarle troppo tempo ed energie quando ci si poteva divertire, preoccupando sempre più il padre che, su di lui, aveva riversato troppe aspettative?

Il pilota atterra sull’imbarcazione e, finalmente, spegne il motore.
– Lui è anche il capitano dello yacht. Come vedi, Katia, siamo in ottime mani! Ed ora guarda dietro di te … BUON COMPLEANNO!

Dal ponte coperto esce una ventina di amici, rimasti fino ad allora nascosti per realizzare il desiderio di Ivan.

La festa è appena cominciata. Risuona musica barocca con un quartetto d’archi: sono quattro eclettici artisti che, un po’ per passione, un po’ per necessità, hanno imparato ad alternare, e contaminare, la musica classica con generi moderni. Note leggere si mescolano alle conversazioni degli invitati. Katia sta osservando le bollicine che, lentamente, risalgono sul suo calice colmo di champagne. Non vede più Ivan, e nemmeno Stefano ma … meglio scacciar via certi pensieri. Dopo l’entusiasmo iniziale ha cominciato a rievocare altre feste, che le hanno lasciato vuoto ed inquietudine. Dal barocco i musicisti passano al jazz, mantenendo ancora un po’ l’atmosfera giusta per conversare. Ma, ben presto, la renderanno adatta al ballo proponendo vari generi di rock in un programma accuratamente studiato perché il ritmo salga sempre più in alto. I tavolini della grande sala addobbata sono stati prontamente spostati ai lati, e i più abili danzano con naturalezza.

Fin qui tutto è magico, Katia non chiederebbe di più. Ma teme che, anche per la sua festa, la magia che gli amici suoi e di Ivan sanno creare, altrettanto rapidamente sia distrutta. Le musiche si fanno sempre più martellanti ed ossessive, le note accompagnano il moltiplicarsi delle bevande alcoliche nei bicchieri. É come se ne seguissero il ritmo indiavolato. Tutti i presenti, eccetto Katia, subiscono la metamorfosi che comincia dal quartetto, il vero “regista” della serata. Dai primi balli di gruppo si passa ai movimenti scomposti di danzatori solitari. Delle allegre risate é rimasto ben poco; ora molti sorridono con sguardi inespressivi. Sono cominciate le passeggiate verso un divanetto nascosto alla vista dai musicisti, dove Katia teme siano state messe a disposizione le droghe. Sa che le basterebbe percorrere pochi metri per accertarsene. Ma ha paura di vedere e di ammettere che i suoi amici, e il suo Ivan, ne fanno uso. “Se non vuoi vedere girati dall’altra parte e divertiti come preferisci, io faccio così”, le risponde il suo fidanzato, mentendole ogni volta.

– Ivan, rinfresco e musica sono ok. Ora però basta con questo rock, dov’é il dj ? – la voce di Omar, il miglior amico di Ivan, è alterata.

– Cinque minuti e lo yacht sarà una discoteca galleggiante ma … acqua in bocca, lo sai che mi piacciono le sorprese.

– Ti prego, vieni a dormire. – li interrompe Katia – Domani mattina vorrei vedere l’alba con te. Quando mai ci ricapiterà un’occasione come questa? Lo sai che ..

– …il mondo é di chi si alza presto al mattino, e il mattino ha l’oro in bocca e bla bla bla … giusto? Che palle con queste cavolate! Possiamo tornare qui quando vogliamo, ok? Dai, non ricominciare! Ora si ball…

Un boato accompagnato da luci stroboscopiche fa sussultare tutti, lasciando in piedi solo i pochi invitati rimasti sobri.

– RAGAZZI FINALMENTE ECCOMI QUAAAA, Il MITICO DJ-HAMMER, CHE HA APPENA PRESO A MARTELLATE VIOLINI E CHITARRE DI QUELLE QUATTRO MAMMOLETTE! DAAAAI … IN PIIIISTAAA …

– NON CREDO CHE TUO … USCIAMO SUL PONTE, NON SI SENTE NULLA! Mi piace ballare, ma non mi piace come stanno andando le cose. Ne abbiamo già discusso tante volte..

Molti sono già sul ponte in preda a malessere, altri giacciono ubriachi sui divanetti. E la festa continua …

Domenica, sei del mattino.

Con occhi semichiusi Omar vede sei sagome scurissime.

– Mmm … ecco i mattinieri. Che cavolo volete, lasciatemi dormire. Ehi, chi siete ? Non vi riconosco, siete in controluce – si lamenta Omar, strascicando le parole. Poi il suo istinto gli suggerisce di scattare in piedi per difendersi: quelli non sono i suoi amici. Ma si alza a stento: ha dormito due ore, ed è uno straccio. Scotta e trema per la febbre. Era così sbronzo e fatto da essersi addormentato sui divanetti del ponte di poppa. Il freddo della notte ha fatto il resto.

– Men nga ma dimbale? Da ma xiif. Da ma mar.*
– IVAN, STEFANO, DOVE SIEEETEEE? POLIZIA! POLIZIA ! MI VOGLIONO UCCIDERE!
– No problema.
– COSA DICI ? COSA VOLETE? IVAN MUOVITIII – il giovane cerca ansimando visi famigliari senza trovarli. Sul ponte è solo con i sei uomini che, mettendo a fuoco, identifica in africani giganteschi.

– Calmo. Calmo amico. Dice “Aiuti me? Ho fame. Ho sete.”
Omar si gira intorno e vede decine di bottiglie vuote: birra e superalcolici ovunque. I vassoi sono pieni di briciole e il cibo è sparso dappertutto. Il vento del mare porta un odore fetido e pungente, suscitando in lui senso di nausea e smarrimento, insieme ad un brutto presentimento, ed è convinto che provenga da molto vicino.

– CHI SIETE? ANDATE VIA O CHIAMO LA POLIZIA!
Ivan ha sentito le urla dell’amico; anche lui, barcollante, si è precipitato a poppa affacciandosi sulla piattaforma dello yacht. Nella mano sinistra stringe il cellulare, nella destra un fucile subacqueo, che punta verso il basso. Mira alla cieca, con lo sguardo offuscato. Gli occhi di Katia sono invece terrorizzati, sentendosi sottotiro insieme a un bimbo di pochi mesi raccolto da un barcone che stringe tra le braccia. Alla sua sinistra Stefano, intento ad aiutare i superstiti del naufragio.

– Ehi, – pronuncia a bassa voce il pilota e capitano, attirando su di sé l’attenzione del giovane armato, sperando così che non accada l’irreparabile – metti giù quel fucile. Tu ed il tuo amico datevi una …
Swissssss

Stefano avverte il sibilo della fiocina sull’orecchio sinistro e, dopo alcuni istanti, una sensazione di calore che si diffonde sul collo. I visi impietriti si distendono per un attimo, appena l’asta d’acciaio termina la sua gittata in acqua. Ma il sollievo collettivo viene interrotto dalle urla di Katia, che vede per prima il rivolo rosso scuro scorrere sotto l’orecchio dell’uomo. Ivan inizia a tremare e farfugliare, ma il pilota ferito non perde tempo ad ascoltarlo.

– TORNA A DORMIRE! HAI CAPITO?! Qui serve una mano, ma sbronzi, drogati e aspiranti killer non ne vogliamo.
Dalla piattaforma i migranti fissano Ivan, uomini e donne dai vestiti fradici multicolore, con grandi occhi bianchi colmi di paura, mista a speranza. Il suo sguardo viene attirato dai colori sul relitto, assicurato alla piattaforma. Non sono abiti e stracci, come ha pensato inizialmente. Riesce a contare otto cadaveri, tra cui due donne. “Che orrore.” – E quel bimbo? – chiede Ivan distogliendo lo sguardo dai corpi immobili.

– Mamma morta. Barca. – Ivan sussulta ma non si gira, ha dimenticato i nuovi ospiti saliti sul ponte, non invitati alla festa. – Padre no trova. –

– Ivan, possiamo tenere il bambino, mentre cercheranno il padre?
L’orologio a pendolo fa scoccare, nella testa di Ivan, l’ultimo insostenibile rintocco. È arrivato il momento di mollare Katia.

– Non ci penso nemmeno. Qualcuno laggiù, sulla terraferma, lo troverai.
Katia sente sgorgare le lacrime dagli occhi. Ma il bimbo, ora sereno tra le sue braccia, le dà una nuova speranza. Al capitano pure.

* Frasi in Wolof, la lingua più diffusa in Senegal, anche se é il Francese la lingua ufficiale.

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