Il Marganai non è solo un problema “forestale” [di Nicola Sechi]

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I tagli forestali nella foresta del Marganai possono e devono essere visti da altre angolature.
Come quella delle risorse idriche per le quali si deve partire dalla dimensione vasta, ovvero ecosistemica, o quanto meno dalla scala di bacino idrografico. In Sardegna abbiamo numerosi laghi artificiali, oltre 40 di grandi dimensioni, che invasano le risorse idriche necessarie ed indispensabili per tutti gli usi e senza le quali non può esistere dignità urbana e poi sviluppo.

Una risorsa quantitativa e qualitativa. Ed oggi sappiamo bene come la quantità sia deficitaria e spesso critica come nei giorni attuali e come vissuto in vari momenti degli ultimi decenni e la qualità del tutto scadente. Cosa da tutti percepibile al rubinetto per le possibili restrizioni e per gli odori e sapori non certo gradevoli e talvolta anche con colore evidente.

In realtà i due aspetti della quantità e della qualità sono strettamente legati: al diminuire della quantità corrisponde un ulteriore peggioramento della qualità. Senza entrare nel merito di come l’acqua viene ciclizzata nei bacini idrografici (cicli chiusi o cicli aperti) e di come l’acqua processa l’energia, per la quale è essenziale l’evapotraspirazione vegetale a cui corrisponde una diversa capacità dei suoli di trattenere i materiali, c’è da dire che le perdite di materiali dai bacini idrografici sono tanto maggiori tanto minore è l’entità e l’estensione della vegetazione naturale.

In sintesi si possono fissare i seguenti punti universalmente condivisi:
– i tassi di apporto ad un lago sono direttamente proporzionali alla intensità dei processi di dissipazione energetica che nello spazio e nel tempo si verificano nei bacini imbriferi;
– nei bacini imbriferi i processi di ciclizzazione dei nutrienti e dell’acqua sono accoppiati e l’energia che li alimenta è canalizzata dallo sviluppo e dal tipo di vegetazione;
– la quantità dei materiali asportati dal territorio verso un lago è quindi inversamente proporzionale ai cambiamenti quantitativi e strutturali della vegetazione.

La conseguenza concettuale di questo quadro è che:
– la quantità e qualità delle acque deriva dai processi e i flussi nel territorio versante;
– le cause primarie del deterioramento degli ecosistemi acquatici sono l’interferenza sulla copertura vegetale naturale ad ampia scala e la manipolazione del regime idrologico;
– avviene l’alterazione delle capacità termico – dissipattive con una notevole riduzione delle capacità di raffreddamento dei territori.

In parole povere se vogliamo più acqua e di adeguata qualità è opportuno:
– il ripristino vegetazionale forestale naturale della maggior parte dei bacini idrografici ed in particolare delle aree a maggiore altitudine.
– i suoli pesantemente compromessi devono essere ricolonizzati con specie che blocchino velocemente le perdite.
– la creazione di zone umide in particolare nelle parti pianeggianti.
– il ripristino di stagni, lagune e sistemi umidi di ogni tipo.
– il ripristino delle aree ripariali fluviali, ampliamento delle casse di espansione fluviale e rimozione delle opere di contenimento.

La foresta di Marganai ricade anche all’interno del bacino idrografico del Lago Cixerri dove la grande maggioranza del suo bacino idrografico è del tutto spoglio di vegetazione naturale. Il lago è in pessime condizioni qualitative sia per gli scarichi urbani che per la condizione di “steppa erbacea” massima espressione delle perdite territoriali. Condizione che, basta guardare le carte geografiche e di uso del suolo, riguarda praticamente la maggiore estensione della Sardegna e dei bacini idrografici che alimentano i nostri laghi artificiali.

La questione quindi in Sardegna non è al momento, almeno la dove sono presenti corpi idrici come i laghi, l’utilizzazione della foresta, per sacrosanta possa essere, ma la sua espansione e solo dopo che ha raggiunto estensioni compatibili con un assetto ecosistemico funzionalmente adeguato, procedere ad una sua utilizzazione salvaguardando l’erogazione dei servizi ecosistemi di base.

Quindi il problema non è forestale ma di pianificazione e gestione territoriale su ampia scala ben diversa da quella attuale e che consenta e riporti quanto meno i bacini idrografici alla normale funzionalità ecologica ed all’erogazione dei dovuti servizi ecosistemici oggi del tutto compromessi.

E non si tratta di utopia, data la scala spaziale assai impegnativa, ma di un obiettivo ineludibile anche per contrastare la tendenza alla desertificazione già incipiente sotto l’avanzare delle variazioni climatiche di cui abbiamo già diretta e forte percezione. Variazioni che molto presumibilmente mettono sotto stress i nostri modesti scampoli forestali a cui poi magari si applicano interventi di diradamento che, anche se da ritenersi razionali secondo l’ortodossia scientifica, sono di fatto un’interferenza con possibile stress aggiuntivo dall’esito incerto e comunque negativo ai fini delle risorse idriche.

A questo deve poi corrispondere la risoluzione del problema degli scarichi urbani ancora del tutto eluso: è abbastanza inconcepibile che ancora non sussista una loro adeguata depurazione ed un riciclaggio diverso o meglio obbligatorio.

*Professore di Ecologia. Direttore del Dipartimento di Architettura, Design ed Urbanistica dell’Università di Sassari

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