Lo scandalo norvegese e le nostre paure [di Nicolò Migheli]

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Il criminale nazista Andreas Breivik, stragista confesso di 86 innocenti di cui 77 ragazze e ragazzi, si è visto riconoscere il diritto ad una giusta detenzione. Il principio che ha animato la sentenza del tribunale norvegese è che chiunque in uno Stato di Diritto, anche il peggior terrorista e killer, non può vivere nella condizione in cui vengano disapplicati i Diritti dell’Uomo.

La Norvegia non pratica le condanne a morte, non contempla l’ergastolo, la pena massima sono 21 anni e a quella è stato condannato il nazista. Il paese nordico non ha voluto cambiare, non ha invocato leggi speciali neanche in questo caso. Però queste  sentenze creano scandalo sia in patria che fuori; sono pietre d’inciampo per le nostre emozioni e per il nostro desiderio di giustizia. Non a caso individui come Breivik vengono definiti mostri, una eccezione a quello che vorremmo fosse l’Umanità. L’inaccettabilità del nazismo ci ha fatto definire Hitler come pazzo e come tale lo espelliamo dal consorzio umano. Stessa sorte per Breivik.

Uno spostamento nel bestiale, non vogliamo che niente ci unisca a loro. Degradazione che rende lecita qualsiasi condanna, compresa la morte. In questo modo cade la percezione di agire contro un simile, ma contro chi volontariamente con i suoi delitti si è autoescluso. I sentimenti di risarcimento e di difesa, sono ben più forti di qualsiasi anelito votato al recupero. Ancor di più verso i Breivik che non solo non si pentono, ma addirittura rivendicano le azioni fatte, le ascrivono ad una sorta di vita eroica diventando ispiratori e punti di riferimento per altri. Eppure lo stragista norvegese e il nazismo non sono un altro da noi, sono dentro noi. Sono la tenebra che non vorremmo vedere, non vorremmo evocare. Ancor di più in questi tempi, definiti dallo scrittore Antonio Scurati di vittimizzazione secondaria.

Noi viviamo dentro una condizione umana che ci pone dalla parte della vittima, ancor di più se questa è nostro simile per appartenenza culturale, se è incarnata da giovani che potrebbero essere nostri figli, nostre sorelle o fratelli. Ecco perché lo stragista e il carnefice sono inaccettabili in quanto percepiti come altro da sé. La sorpresa scandalosa che Oslo ci procura, è che anche il killer può diventare vittima. Un tribunale l’ha certificato, ma noi non siamo disposti a riconoscerlo e ci ribelliamo. Se il desiderio di vendetta è comprensibile in un individuo lo è altrettanto in uno Stato?

Che non lo sia lo hanno stabilito almeno tre secoli di civiltà giuridica; dimostrando che lo Stato di Diritto è condizione affinché vi sia democrazia compiuta. Nonostante ciò solo da pochi decenni in tutta Europa la pena di morte è stata abolita e le carceri non solo come luogo di espiazione ma del recupero dei detenuti. La sentenza norvegese ci interroga anche su di un altro aspetto, quanta libertà siamo disposti a cedere sull’altare di una sicurezza impossibile?

Nei giorni scorsi il presidente egiziano al Sisi in conferenza stampa rivolgendosi ad Hollande, ha affermato che un paese di novanta milioni di abitanti sotto attacco terroristico, come il suo, non può permettersi il lusso dei diritti umani. La stessa Francia con l’applicazione dello Stato d’Urgenza ha comunicato al Consiglio d’Europa di Strasburgo che alcuni articoli della Convenzione sui Diritti Umani sono stati sospesi. Il che significa che ogni cittadino deve gioco forza rinunciare ad una parte dei suoi diritti.

La Norvegia, questo non l’ha fatto, ha considerato le libertà personali e collettive superiori ad ogni attacco terroristico, scommettendo più sulla propria coesione sociale che sugli apparati repressivi; ha trattato l’inumano con l’umano. Dalla Scandinavia arriva un bel segnale, ma che probabilmente verrà ignorato. Il timore del terrorismo domestico e di quello jihadista convincerà i cittadini e i governi a limitare le libertà di cui godiamo. Gli imprenditori della paura non attendono altro per estendere il controllo, le loro fortune politiche e finanziarie.

È amaro dirlo, ma lo sguardo favorevole degli europei è più rivolto alle democrazie autoritarie come quella ungherese e polacca, che a quella liberale norvegese. Eppure l’Europa non è mai stata così sicura come oggi.

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