Manifattura, de te fabula narratur [di Carlo A. Borghi]

festarch-2008

Considerando come stanno le cose e i colli di Cagliari, si può dire, scollinando, che a valle di Castello (Kastrum o Casteddu) si trova un nuovo borgo. È un borgo brugu che si aggiunge ai noti e antichi quattro borghi storici di città, e si colloca al confine tra Villanova e Marina. Stampace, più in là verso ovest, è l’altro antico borgo che da sempre tenta di diventare alto quanto Castello, senza riuscirci.  Son fatti così gli antichi borghi urbani.

Ora il nuovo borgo si chiama ex Manifattura Tabacchi. Consiste in 22.000 metri quadrati, misurati a palmi dalle sue due palme, la Paloma e la Palmira. Se queste avessero fatto una figlia l’avrebbero chiamata Palmina. Ma non l’hanno fatta, quindi non lasceranno eredi. A differenza degli altri borghi di città che hanno perso le mura, l’ex Manifattura conserva i suoi baluardi storici. Dentro le mura infatti non manca la chiesa in forma di cappella e c’è l’asilo per i piccoli  delle operaie sigaraie e degli operai meccanici e manutentori.

Lo spaccio di generi alimentari e coloniali era sempre aperto. Si facevano buoni affari come al discount.  Non manca il Cine-Teatro, tra film anche a luci rosse e teatro di rivista, proprio come si faceva al cine-teatro Massimo e all’Arena Giardino, tanto tempo prima del Teatro di Sardegna. Il Due Palme era dotato di un bar annesso alla sala, dove ci si ritemprava nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo. Quella sala, spogliata delle sue poltroncine e dei suoi arredi, è adesso salone dei ricevimenti per piccioni e pantegane. In altri tempi i giovanotti degli altri borghi si presentavano alla fine dei turni di lavoro per aspettare le fanciulle sigaraie. Nascevano amori tra una sigaretta e l’altra. Passava il tram, scampanellando. Sono quarant’anni che non passa più, né in su né in giù.

Le pareti degli spogliatoi riservati agli operai – come rilevato da un sopralluogo precedente l’epoca dei Festarch – erano ricoperte di pagine di calendari e rotocalchi, con pudichi nudi femminili. Nessuno sa se questi reperti siano stati catalogati e conservati in archivio, prima dell’inizio dei lavori di restauro. Sarebbe stato un lavoro di scavo tipico della arteologia industriale. Qui, per ora, finisce l’avventura/della Signora Manifattura che come il Signor Bonaventura  aspetta e spera in un bel finale. Un happy end dove tutti son felici, gli attori, gli artisti, i danzatori e anche gli amici, i conoscenti, i parenti.

Di questi tempi Bonaventura sventolerebbe un bell’assegno di un miliardo in Sardex. Era il 2007 quando tre artisti performatori fecero un’incursione nel borgo chiuso, per girare una video-performance ambientata nella grande sala destinata (ab antiquo)  alla preparazione delle foglie di tabacco. Era un modo – e un atto situazionista – di marcare il territorio attraverso i corpi di un ex body artista (lo scrivente) e di una danzatrice contemporanea Ornella D’Agostino, filmati dalla video artista libanese Sabine El Chamaa. Di quell’azione resta un’ampia documentazione filmata.

Nel Borgo Manifattura tutto può capitare, anche che le due palme si slancino in assolo e duetti di danza urbana e metropolitana, del resto in tempi andati ballavano il twist e lo shake. In un borgo degno di questo nome, non deve mancare la municipalità che potrebbe insediarsi nei comodi spazi dell’ex direzione, dopo un’apposita tornata di elezione.

Palma Paloma e Palma Palmira, una volta insediati Consiglio e Giunta Comunale si alterneranno nel ruolo di sindachesse. Una volta l’una e una volta l’altra e poi tutt’e due sarebbero ognuna, come nel caso delle profetiche palomitas obscuras di Garcia Lorca.

Intanto in città, Zindaco Zedda si avvia alla scadenza, aspettando di replicarsi in Zedda Zindaco due. Nella Cagliari pre-elettorale l’ex Manifattura Tabacchi risulta il miglior luogo per mettere in atto lo slogan del Mitomodernismo (1994): facciamo dell’arte azione.  Fare dell’arte azione sì, prescindendo dal virtuale e restando nel corporeo e nel carnale.

Nota. Nella Delibera Regionale dell’8 aprile 2016 si parla di manifatture e sensi contemporanei. Tutto usato al plurale e affogato in un mare di culturalese e burocratese. L’ordinanza prevede che sia l’innovazione a dover incubare e ingravidare l’azione culturale di tutte le culture.

Viceversa, non dovrebbe spettare alla cultura e alle culture (quelle viventi nel presente storico) il compito di incubare e inseminare le smart-imprese fino a farle sgravare? In ogni caso la storia dell’ex Manifattura nei primi tre lustri del XXI secolo, postula una procedura di consultazione e di partecipazione degli interessati alle scelte strategiche e artistiche. Nulla si è mosso. Nulla si muove.

Non c’è urgenza di tante Manifatture, ne basta e avanza una per facilitare la congiunzione terrestre e astrale tra arte e scienza. Unite in una danza sinaptica, sinestetica e panoptica.

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