La grandezza e la forza di un gruppo politico si vedono dalla capacità di rialzarsi [di Aldo Canalis]

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Sono un cittadino di sinistra che cerca, a qualche giorno dalle Amministrative ed a qualche mese dal Referendum, di districarsi nello stagno che investe la  sinistra e la Sardegna. Rara la possibilità di farlo, come se si fosse rinunciato a descrivere la politica e l’assenza di politiche. Non è accaduto neanche nei momenti più bui della Sardegna quando stampa, politica, intellettualità erano asservite ai padroni delle ferriere. C’era sempre qualcuno che si metteva fuori dal coro per essere coscienza critica. Così si diceva.

Cicito Masala è celebrato oggi da chi sarebbe stato oggetto della sua invettiva come lo fu  un’intera classe dirigente che, secondo lo scrittore, ebbe la responsabilità di svendere la Sardegna in cambio di “cattedrali nel deserto”, veleni, disoccupazione. Oggi è diverso? No. Basta uno sguardo al Piano Energetico Regionale, ai diversi Piani Casa, a quanto accade in Gallura con i sindaci lasciati soli a difendere i territori e una rinata agricoltura dai padroni del vento e del sole. Con la Regione assente perchè impegnata a rassicurare il governo che qui va tutto bene.

Ecco perché ritengo una benedizione questo sito che ospita punti di vista differenti evitando il populismo che non piace a chi come me ha militato per una vita a sinistra ed è, come altri, in crisi. Crisi di relazione con chi governa a livello cagliaritano e regionale, di cui non capisco visione e progetto che sembrano identici a quelli di Emilio Floris e di Ugo Cappellacci. Crisi di relazione con gli ex gruppi dirigenti del PCI di cui registro regressioni e contraddizioni. Minoranza nei numeri ma non nella gestione del potere.

Cosa pretendere d’altronde da un’ élite di pensionati di lusso sempre sul carro del vincitore, disponibili a reinserirsi dove c’è profumo di potere e a chiudersi in un’autoreferenzialità che gli consente di galleggiare. La loro autoconservazione e la guerra a chiunque mini i loro poteri e cerchi di portare innovazione, hanno prodotto in Sardegna astensionismo, aministrazioni pentastellate in crescita, e l’impossibilità di modificare le istituzioni e le loro componenti, amministrative, accademiche, politiche. Tutte interscambiabili e in capo a stessi clan, famiglie, consorterie.

Qualcuno la potrebbe definire un’endogamia sociale affermando con questo l’impossibilità in Sardegna di spostarsi  dal punto (classe?) in cui uno si trovi a nascere. Unica alternativa? Andarsene il più lontano possibile ed è ciò che stanno facendo i giovani sardi che emigrano, per chi può, già dal liceo. In massa per l’università. Provate a verificare dove sono iscritti i figli dei “baroni” sardi per capire le condizioni dell’offerta formativa e del diritto allo studio. Il prezzo che l’isola pagherà lo vedremo tra dieci anni.

Chiuderanno con le scuole i nostri paesi per mancanza di materia prima e le università sarde diventeranno appendici di qualche ateneo continentale. Si realizzerà il sogno di molta classe dirigente provinciale che teorizza la moltiplicazione della cosiddetta “università diffusa”. Sarà accontentata. Le sedi di Cagliari e Sassari avranno il ruolo che hanno oggi le sedi di Oristano, Olbia, Nuoro.

I nostri paesi nel mentre non potranno che peggiorare: sempre più periferie delle periferie. Ce lo rammenta la cronaca. Chi governa la Regione non solo è poco di sinistra ma è sprovvisto dei fondamentali strumenti di lettura e di interpretazione di quello che accade nelle fasce più deboli. E’ necessario allora che si riparta dalla politica e dalla rifondazione dei partiti.

Una proposta per il PD. Quelli che sono stati messi a riorganizzarlo e ad individuarne il segretario non si candidino più a nulla. D’altra parte hanno alle spalle più legislature e possono tornarsene ai loro mestieri, se ne hanno uno. Promettano che non accetteranno presidenze, consigli d’amministrazione, varie ed eventuali.  Altrimenti è di evidenza che lavorano per se e che le dimissioni di Renato Soru non sono servite a nulla.

Questa è una bella prova. Solo così il PD può chiedere conto a chi presiede la Regione che, a metà legislatura, è ancora alle prove generali dando l’impressione di aver messo insieme un gruppo di dilettanti nell’amministrare senza alcuna forza politica alle spalle.

Nei luoghi in cui si gareggia per le amministrative il PD accetti la possibilità di perdere. E’ accaduto nella tornata precedente, senza alcun effetto. Stavolta dimostri che la grandezza e la forza di un uomo o di un gruppo politico si vedono dalla capacità di rialzarsi.

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