Tangenti Nigeria, convocato Descalzi la procura stringe sui manager Eni [di Emilio Randacio]

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La Repubblica 10 giugno 2012. Un invito a comparire fissato per questa mattina. A Milano, in una caserma, lontano dalla curiosità dei cronisti. Un «invito» che, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha preferito declinare. Tre giorni fa, i pm Fabio De Pasquale, Sergio Spadaro e Isidoro Palma, hanno firmato un documento di tre pagine in cui contestano al numero uno della multinazionale energetica italiana il concorso in corruzione internazionale e gli chiedono un interrogatorio per spiegare la sua posizione con contestazioni precise e circostanziate.

Insieme a Descalzi, tra gli indagati ci sono anche il suo predecessore, Paolo Scaroni, i manager Eni, Roberto Casula – responsabile per il business nell’Africa, Vincenzo Armanna,  Luigi Bisignani – vecchia conoscenza di Mani Pulite e considerato «intermediario dell’affare » -, il manager Gianluca Di Nardo, oltre a tre cittadini nigeriani che avrebbero fatto da trait d’union con le autorità del loro paese. Il destinatario finale della tangente da nove zeri, – sempre secondo quello che è il solco seguito in procura – sarebbe stato Daniel Etete, «rappresentante della società Malabu, titolare dal 1998 della licenza Nigeriana». Etete, a sua volta, avrebbe diviso la «posta» con l’ex presidente Jonathan Goodluck , e tre suoi ministri.

Il sospetto della procura – su questo filone indaga ormai da quasi due anni – è che i vertici di Eni «per ottenere (insieme alla olandese Shell, ndr) i diritti di esplorazione del blocco 245 – è scritto testualmente nell’invito a presentarsi – nella Repubblica nigeriana… concorrevano nel versamento in data 24 maggio 2011 di un miliardo e 92 milioni di dollari su un conto della Jp Morgan Chase di Londra».

Secondo i tre magistrati, la mega mazzetta sarebbe servita a far ottenere un trattamento di vantaggio a Eni e Shell, che si sono effettivamente accaparrati i diritti di esplorazione, ma «in violazione della riserva di quote alle società locali, a un prezzo vantaggioso e con benefici fiscali e di esclusiva nelle attività di sfruttamento dei pozzi petroliferi».

Del miliardo, 200 milioni sarebbero stati inoltre «retrocessi al fine di remunerare amministratori e dirigenti Eni e gli intermediari, Bisignani, Di Nardo e i tre cittadini nigeriani». L’invito formalizzato contro Descalzi, in realtà, è piuttosto sintetico. In questi ultimi mesi, però, il lavoro della procura è proseguito grazie anche alla collaborazione delle autorità nigeriane e di quelle olandesi, dove ha sede Shell.

Descalzi – attraverso il suo legale, l’ex Guardasigilli Paola Severino ha fatto sapere che intende depositare una memoria per spiegare la propria posizione. In realtà, la mole di prove che i sostituti milanesi sono riusciti a ricostruire sarebbe enorme. In questi ultimi mesi, poi, uno degli indagati, Vincenzo Armanna, è stato ascoltato per ben quattro volte, e potrebbe aver ulteriormente chiarito la dinamica con cui è stata assegnata illecitamente la licenza nigeriana. Mentre il nuovo governo del paese africano, anche su spinta del Parlamento, sembra orientato a revocare il diritto di esplorazione di uno dei giacimenti più grossi mai scoperti.

Con il mancato interrogatorio del numero uno Eni – è comunque un diritto della difesa non presentarsi -, nei prossimi giorni in procura dovrebbero essere convocati anche gli altri protagonisti italiani della vicenda, per sentire la loro versione. Potrebbe essere uno degli ultimi atti dell’indagine che a luglio potrebbe terminare con un avviso di conclusione per l’attuale vertice del gruppo Eni.

Descalzi ieri è volato a Potenza per avere «un incontro positivo» con i pm dell’altra inchiesta che coinvolge Eni, sul centro olii di Viggiano dissequestrato e che dovrebbe ripartire entro agosto. Ieri l’amministratore ha incontrato il procuratore capo di Potenza per l’inchiesta su Viggiano

 

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