Omofobia, sessismo, una questione di genere (I) [di Maria Francesca Chiappe]

sassari

La relazione che pubblichiamo è l’introduzione a “Omofobia, sessismo, una questione di genere”, parte dell’iniziativa “Diritti al cuore” conclusasi sabato 18 a Sassari in Piazza d’Italia con una manifestazione contro sessismo, razzismo e omofobia (ndr).

Omofobia e sessismo, la cronaca di questi giorni suggerisce l’urgenza del tema, la necessità di un dibattito continuo e forse ci pone davanti all’evidenza di dover cambiar passo perché, quando si pensava di poter andare avanti nelle battaglie sui diritti civili, sconvolgenti notizie portano a riflettere sul fatto che siamo di fronte a una regressione culturale. Che non è sarda, non è italiana ma è globale.

Le donne rivendicano lo sfondamento del tetto di cristallo che impedisce di occupare i posti di potere, il che lascerebbe intendere che per il resto la parità di genere, pur nelle differenze, è raggiunta. Invece ci scontriamo con una diffusissima mentalità  di possesso che porta al femminicidio, delitto in costante crescita con i maltrattamenti di cui troppo poco si parla.

E’ come se l’universo femminile debba, chissà perché, scontare le conquiste del secolo scorso: “la volevi la parità? e ora che vuoi”. Quote rosa, doppia preferenza di genere, “che rivendicate ancora, siete  dappertutto, che vi manca”? E se poi una donna un posto di potere davvero lo conquista, magari perché è brava, più brava degli altri, difficilmente le viene riconosciuto.  Oppure partono sorrisini e ammiccamenti. Oppure i partner si sentono sminuiti e da lì possono cominciare un sacco di cose, nessuna bella.

Intanto passa la legge sulle unioni civili e si discute della norma lasciata a terra dell’adozione del figlio del convivente, però all’improvviso ci rendiamo conto di quanto l’odio verso gli omosessuali ci sia, esista, sia diffuso e venga addirittura rivendicato. Dal pulpito.

E’ il caso di un sacerdote sardo, un parroco, che durante l’omelia della messa domenicale, citando – un teologo dice a sproposito – San Paolo, addirittura invoca la morte per gli omosessuali. La morte che neanche una settimana dopo è arrivata davvero, a Orlando, in Florida, per mano di un esaltato solitario, armato di un potente fucile mitragliatore, un simpatizzante dell’Isis il cui padre ha detto: era scioccato dopo aver visto due uomini che si baciavano, odiava gli omosessuali, è vero, ma la punizione spetta a Dio. Come don Pusceddu.

Finchè ci saranno preti come don Pusceddu, che non mi risulta siano stati sanzionati dalle gerarchie ecclesiastiche; finchè ci saranno padri che invocano lo choc di un assassino che ha appena ucciso 50 persone, finchè ci sarà un altro padre che davanti al terribile delitto di Roma pensa sia suo dovere andare in tv a sottolineare che il figlio non è gay, assassino sì, gay no; finchè ci sarà tutto questo, dovremo continuare una battaglia incessante fatta di discussioni, dibattiti, convegni. In una parola: cultura.

Qui in Sardegna non è successo come  a Orlando, ma il giorno prima di quella strage due ragazzini omosessuali sono stati pestati, in quanto gay, in discoteca. Al Poetto. Cagliari.

E qui, a Sassari, pochi giorni fa una donna è stata bastonata a sangue dal compagno che l’ha ridotta in fin di vita: l’uomo poco prima era stato fermato dai carabinieri e lasciato andare, mi vien da dire, a finire quello che aveva cominciato.

Cosa bisogna fare? Qual è la radice della violenza di genere e di quella omofoba che la nostra società che si dice evoluta non riesce a estirpare? Forse bisogna ripartire dall’inizio, dall’educazione al rispetto, di uomini, donne e omosessuali, di tutti.

Quel che in America Trump dice di Hillary Clinton è intollerabile perché vergognosamente sessista, quel che tanti nostri colleghi, amici conoscenti dicono nei nostri uffici o al bar o ovunque delle donne  – o degli omosessuali – non è da meno. Da qui dobbiamo partire, o ripartire.

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