Celestini: «Raggi parta dagli ultimi» [di Giuliano Santoro]
il manifesto, 23 giugno 2016. Ascanio Celestini, attore, scrittore e regista, viene dalla borgata di Casal Morena, alla periferia sud-est di Roma. Ha cominciato la sua carriera di narratore scavando con occhio da antropologo nella memoria e nelle storie orali. Da qualche anno ha piantato il radar sulle periferie metropolitane, raccontando le storie della gente che vive ai margini della città. Il suo ultimo film, uscito l’anno scorso, si intitola Viva la sposa. Lo abbiamo incontrato per chiedergli come osserva, dal suo punto di vista, il tracollo della sinistra, l’abbandono delle periferie da parte delle forze eredi del Partito comunista, le mutazioni in corso a Roma. «Fino ad alcuni anni fa c’era un vincolo ideologico tra gli elettori e gli eletti – dice Celestini – L’elettore si sentiva rappresentato perché votava un’insieme di idee delle quali l’eletto era portavoce e attuatore. Quelle idee non erano generali e buone per tutti. Nel caso del Pci, ad esempio, si trattava di una visione del mondo che puntava a trasformarlo radicalmente. Per questa trasformazione tutti erano chiamati a partecipare e a discutere. Questo accadeva soprattutto nelle sezioni che si trovavano ovunque e soprattutto nelle periferie». E poi, cosa è accaduto? Quando comincia la crisi? La mancanza di spazi comuni, pubblici e condivisi nella città è tra i temi dei tuoi ultimi lavori. Non so se te ne sei accorto: la vittoria del Movimento 5 Stelle a Roma non ha avuto festeggiamenti di piazza. Un timidissimo applauso al comitato elettorale nell’immediato e poi una festa privata, a inviti, in un teatro nel centro. Non è strano, per un partito che si definisce «di cittadini»? E soprattutto, non ti pare che questo denoti ancora una volta la nostra allergia agli spazi pubblici, aperti? Il tuo nuovo spettacolo va in scena proprio a Roma (oggi all’Auditorium, ndr). Parla di un «povero cristo» metropolitano. Che genere di miracoli occorrerebbero per la Roma dispersa, abusiva, clandestina? Qualche giorno fai hai chiesto pubblicamente alla nuova sindaca di Roma cosa intende fare per la cultura, sottolineando come il concetto di «legalità» non sia sufficiente e anzi rischi di travolgere esperienze culturali formalmente «illegali». Tu che cosa le suggeriresti? C’è un balconcino che affaccia sui fori dal quale i sindaci di Roma si sporgono assieme ai loro ospiti. Se avessi la possibilità di condurre la nuova giunta in un luogo emblematico di Roma, per fargliela osservare da una prospettiva differente, che luogo sceglieresti e perché? |