Per le donne vale ancora la pena sposarsi? [di Laurie Penny]
Internazionale.it, 30 luglio 2016. Susan B. Anthony non si è mai sposata. Questa suffragetta, abolizionista e attivista per i diritti civili, aveva già capito nel 1877 che “nella transizione delle donne da una posizione di subordinazione a una di sovranità, dev’esserci un’epoca di case automantenute e autosupportate”, che porterà “inevitabilmente a un’epoca di donne single”. Sette generazioni dopo, quell’epoca potrebbe finalmente essere arrivata. Sempre più donne vivono senza un partner, e ancora una volta la questione non è come avere un matrimonio migliore, ma se vale la pena sposarsi. Due libri pubblicati di recente da due giornaliste statunitensi hanno soffiato sulle braci quasi spente del dibattito sul matrimonio, l’unione, l’enorme quantità di lavoro che ci vuole per mandare avanti la baracca e se vale la pena sposarsi per le donne che antepongono la loro autonomia alla sicurezza (sempre minore) offerta dalla vita di coppia. All the single ladies di Rebecca Traister mette l’accento sul potere crescente delle donne single negli Stati Uniti e sulla minaccia che rappresenta per lo status quo socioeconomico. Labor of love di Moira Weigel si concentra sul fatto che per molte donne ciò che viene chiamato amore ed è visto come un destino scontato si traduce in un lavoro – lavoro duro, lavoro senza fine, lavoro domestico e organizzativo senza limiti e senza ricompensa. Ed è molto più opzionale di quanto la società ci spinga a credere. “La vita da donna single non è un’imposizione”, scrive Traister. “Al contrario, è una liberazione”. In fondo alle priorità. Questi libri non potevano arrivare in un momento migliore. Non riesco a trovare le parole per esprimere la mia ansia per il fatto che a quasi trent’anni non sento ancora il minimo desiderio di sistemarmi e mettere su una famiglia tradizionale. Ho aspettato senza preconcetti il momento in cui avrei provato un impulso neodarwiniano a riprodurmi, ma non è ancora arrivato. Nonostante tutta la pressione sociale che subisco, sto bene così. Sono felice che il mio lavoro, la mia attività politica, la mia comunità e i miei libri siano importanti quanto le persone con cui esco. Mi piacciono i bambini, ma non abbastanza da accollarmi il lavoro, il dolore, la preoccupazione e la perdita di opportunità che comportano. Non adesso, e forse mai. Vivo in una comune, ho relazioni multiple e sono concentrata sulla mia carriera. Ho sempre pensato, perché questo è quello che mi hanno sempre detto, che fosse solo una fase. Ma leggere questi due libri mi ha aiutata ad ammettere che il matrimonio e i bambini sono sempre stati in fondo alla lista delle mie priorità, e rischiano continuamente di essere depennati. Ci sono troppe altre cose che voglio fare. Ho fatto la stessa scelta che gli uomini della mia età hanno potuto fare per secoli senza essere criticati dalla società o costretti a rifletterci attentamente. E di per sé non è una scelta radicale. La possibilità che milioni di donne facciano la stessa scelta, invece, è una prospettiva minacciosa. La rivoluzione sta nell’eliminazione dell’imperativo che per secoli ha incanalato tutte le donne verso il matrimonio eterosessuale e la maternità. Mentre le scrittrici riconoscono, per la prima volta in generazioni, il rammarico covato in silenzio nel matrimonio e nella maternità, il lavoro previsto da entrambi sta diventando finalmente visibile. L’espressione chiave è “lavoro emozionale”. Weigel ci ricorda che il lavoro emozionale non è solo fare le pulizie, cucinare o soffiare il naso ai bambini, ma organizzare la famiglia e le relazioni, pianificare il matrimonio e la riproduzione, ricordarsi i compleanni e gli anniversari, gestire lo stress, tenere conto delle allergie. In sintesi, tutto il lavoro che serve per mantenere felici gli esseri umani al livello intimo. Ricompensa insignificante. Qualcuno deve svolgere questo lavoro, e il peso è ricaduto sulle spalle delle donne per così tanto tempo da renderlo invisibile in base alla supposizione che le donne sono fatte – da dio o dalla natura – per occuparsi di queste faccende, con tutto un corredo di stupidaggini pseudoscientifiche. L’idea che le donne possano essere stanche di svolgere questo lavoro senza essere ricompensate rappresenta una grave minaccia per il funzionamento della società come la conosciamo. È più che possibile, per le persone che svolgono questi lavori domestici ed emozionali, sentirsi alienate dal prodotto di questa fatica, specialmente quando la ricompensa che ricevono è così insignificante. Il lavoro emozionale e domestico è lavoro, e le donne hanno dovuto affrontare tremende condizioni lavorative per troppo tempo. Ho capito che il dibattito sul lavoro emozionale era stato sdoganato quando ho visto che era finito sulla copertina di una rivista femminile che non è certo radicalmente femminista. “Chi svolge il lavoro nella vostra relazione?”, domandava Psychologies accanto a una foto di Beyoncé che, in un album pubblicato di recente, ha chiesto al marito di fare di più “altrimenti perderai tua moglie”, insieme alla velata minaccia di far cadere il governo. Bey ha smesso da un pezzo di chiedere “di metterci l’anello”, come ha fatto il resto di noi. “La rivoluzione” annuncia Traister, “sta nell’ampliamento delle scelte, nell’eliminazione dell’imperativo che per secoli ha incanalato tutte le donne (non schiave ) in una strada a senso unico verso il matrimonio eterosessuale e la maternità”. Riconsiderare il matrimonio e la vita di coppia come un lavoro che si può scegliere solleva interrogativi concreti per le donne che pensano a “mettere su famiglia”. Ne vale la pena? Accettare, nel migliore dei casi, una vita di gestione domestica è un prezzo troppo alto da pagare per un riconoscimento così limitato? Davvero volete passare anni a prendervi cura dei bambini e di un partner quando è già abbastanza difficile prendervi cura di voi stesse? Non molto tempo fa il matrimonio era l’unica opzione disponibile per la maggior parte delle donne che volessero una sicurezza finanziaria, figli legittimi, uno status sociale e una vita sessuale regolare. Le nostre antenate hanno combattuto per il diritto ad avere tutti questi vantaggi al di fuori della vita di coppia, e oggi i benefici del matrimonio e della monogamia sono sempre più spesso superati dai loro costi. I romanzi del terrore di Jane Austen. Tanti studi hanno dimostrato che sono gli uomini, e non le donne, a trarre i maggiori benefici dal matrimonio e dalla vita di coppia. Gli uomini che si sposano sono generalmente più felici e in salute degli uomini single. Le donne sposate, invece, non se la passano affatto meglio delle donne single. Gli uomini divorziati hanno solitamente molta più voglia di risposarsi, mentre le donne non ne vogliono sapere. Questo spiega perché sono le donne e non gli uomini a dover essere indirizzate fin dall’infanzia verso la vita di coppia. È alle ragazzine, non ai ragazzini, che si insegna a prepararsi al matrimonio, a immaginare il loro ruolo futuro di mogli e madri, ad aver paura di “restare al palo”. “Scapolo” è un termine rispettoso, mentre “zitella” è dispregiativo. Sono le donne, non gli uomini, i bersagli della propaganda del romanticismo. Da Hollywood ai reality show passando per i tabloid, è universalmente accettato che una donna single, a prescindere dalle sue risorse, dev’essere per forza alla ricerca di un uomo. Ma davvero è così? Ho sempre disprezzato Jane Austen fino all’anno scorso, quando mi sono ritrovata su un treno senza nient’altro da leggere se non Emma. In quel momento ho capito qualcosa che non avevo mai intuito quando studiavo lettere: i famosi romanzi di Austen che parlano d’amore all’interno di case imponenti e matrimoni claustrofobici hanno molto più senso se pensiamo che tutte le sue protagoniste sono profondamente depresse ed economicamente disperate. La ragione per cui le sue eroine di classe media sono così ossessionate dal matrimonio è che non hanno alternative. Senza un partner sarebbero costrette ad affrontare la povertà, la vergogna e l’isolamento sociale. Non sono storie romantiche. Sono racconti del terrore. In tre settimane ho letto tutti i suoi libri. Oggi le donne single hanno più potere, ma c’è ancora un prezzo da pagare per la scelta di non sposarsi. I libri di Austen sono ancora considerati storie frivole per donne frivole, ma in realtà parlano di disperazione. Austen, che non si è mai sposata, racconta di donne che vivono in gabbie costruite dagli uomini e cercano di sopravvivere come possono. È proprio questo che rende i suoi romanzi bellissimi e, almeno per me, spaventosi. Le reali paure delle donne e le loro preoccupazioni a proposito del matrimonio e della convivenza sono state ignorate e sminuite sempre nello stesso modo, considerandole questioni da poco e indegne di considerazione all’interno della sfera pubblica. Ma la verità è che si tratta di questioni vitali, viscerali, incentrate sul lavoro e sul potere ancora oggi, in un mondo in cui la maggior parte delle donne, per fortuna, ha più scelta rispetto all’inizio dell’Ottocento. Oggi le donne single hanno più potere e sono più presenti che mai, ma c’è ancora un prezzo da pagare per la scelta di non sposarsi. Non parlo solo dello stress di navigare in acque sconosciute e ignorare decenni di condizionamenti che ci spingono a pensare che la vita senza un partner non abbia senso. È anche una questione di soldi. Più di metà degli statunitensi che guadagnano meno del salario minimo sono donne single, e le donne single hanno il quintuplo di probabilità di vivere in povertà rispetto alle donne sposate. Questa è stata considerata la prova che il matrimonio aiuta le donne, ma in realtà dovrebbe essere ritenuto il segno che la società deve fare di più per sostenere la scelta delle donne, così come ha sostenuto le scelte degli uomini per secoli. Se le donne rifiutassero in massa il matrimonio e la vita di coppia il funzionamento della società moderna sarebbe profondamente scosso. Uno stravolgimento simile è già avvenuto in passato, quando il capitalismo è riuscito ad assorbire l’ingresso massiccio delle donne nei luoghi di lavoro tradizionalmente maschili riducendo i salari. Ma resta da capire come si formeranno le nuove famiglie e come saranno cresciuti i figli. I timori sul calo del tasso di fertilità tra le donne bianche della classe media è paragonabile all’isteria moderna verso le donne della classe operaia, nere o migranti che “fanno troppi figli”. Il tentativo dei neoconservatori di costringere le donne bianche e benestanti a tornare in cucina è motivato dal panico razzista e dalla volontà di ripristinare un ordine sociale che ha funzionato sempre e solo per gli uomini. Nel mondo reale l’amore è probabilmente l’unica risorsa infinita e rinnovabile, ed è arrivato il momento di avere più scelta. “Le donne single si stanno ritagliando uno spazio in un mondo che non è stato costruito per loro”, conclude Traister. “Se vogliamo progredire dobbiamo fare spazio alle donne libere, adeguando sistemi socioeconomici costruiti sull’idea che le donne contino qualcosa solo da sposate”. Traister è convinta che le donne single dovrebbero pretendere dallo stato il sostegno che un tempo era dato dai mariti. “Chiedendo al governo di sostenere le loro ambizioni, le loro scelte e la loro indipendenza, le donne single si stanno affermando come cittadine esattamente come hanno fatto gli uomini statunitensi per generazioni”. Lo stesso vale nel resto del mondo. La liberazione delle donne dal lavoro domestico ed emozionale obbligatorio è una prospettiva di libertà che le generazioni passate potevano solo immaginare. Dobbiamo assolutamente prenderla sul serio. E quelle che scelgono comunque il matrimonio e la vita di coppia nonostante tutte queste alternative? Possono farlo con la consapevolezza che la loro è una scelta libera. Quando la vita di coppia smette di essere obbligatoria diventa ancora più speciale. La prossima settimana uno dei miei partner si sposa, e questa settimana sono andata al suo addio al celibato. Sono felice per lui e per la sua fidanzata, che mi ha dato il permesso di parlare di lei in questo articolo. Mi piacciono i matrimoni. Mi piace guardare le persone a cui voglio bene costruire un futuro insieme, qualunque esso sia. E mi piace vestirmi bene e ubriacarmi di champagne da due soldi con i loro parenti fuori di testa. Non c’è niente che mi piaccia di più che essere ospite di un matrimonio per un fine settimana. Ma resta il fatto che credo nello smantellamento delle istituzioni sociali ed economiche del matrimonio e della famiglia. Credo in tutto questo perché ho il cuore tenero, e non “nonostante” il mio cuore tenero. Sono una romantica. Credo che l’amore debba essere liberato dai confini della famiglia tradizionale e monogama, e che anche le donne debbano essere liberate. Penso che avvolgere gli aspetti più intimi e sfiancanti del lavoro umano in uno smielato involucro di cuoricini e fiori, chiamandolo amore e pretendendo che le donne lavorino senza ringraziamenti né ricompense, sia un’idea assolutamente antiromantica. Nel mondo reale l’amore è probabilmente l’unica risorsa infinita e rinnovabile, ed è arrivato il momento di avere più scelta. Voglio più scelta per me e voglio più scelta per tutte noi. Non solo come femminista ma come romantica, perché solo così un giorno potremo incontrarci e sceglierci nell’uguaglianza. Ciò che è personale, comunque, resta anche politico. Il fatto che le donne rifiutino le pretese d’amore e matrimonio non riguarda solo la vita privata. È una questione lavorativa. Non è impossibile che, una volta capito quanto sono terribili le loro condizioni lavorative, le donne decidano di scioperare, e sarebbe uno sciopero che la società non può neanche immaginare: vasto, sparpagliato, con i picchetti alla porta di tutte le case e alla soglia di ogni cuore. Come un vero sciopero, potrebbe funzionare solo grazie alla consapevolezza e alla solidarietà tra gli scioperanti, e ci sarà un prezzo da pagare. Ma è così che si conquista la libertà. *Traduzione di Andrea Sparacino **Questo articolo è uscito sulla rivista britannica New Statesman Regno Unito
|