Lo sconcerto delle élite e la mediocrazia [di Nicolò Migheli]
Il voto britannico del 23 giugno ha avuto sulle élite europee l’effetto di un calcio in bocca. Se con il nuovo ballottaggio delle presidenziali austriache dovesse vincere un neonazista, le reazioni stizzite e di incomprensione si ripeteranno. Si è passati dall’incredulità al rancore. Si è arrivati a mettere in dubbio il suffragio universale, a negare il voto ai poveri e quelli che non hanno studiato. La ragione una sola: non sono persone razionali, sono preda del primo populista che passa. Viene da chiedersi, dove erano tutti questi razionali in questi anni? Dove era quella sinistra che aveva ragion d’essere nella difesa di poveri e diseredati? La risposta: in club esclusivi, o cercando di farsi accogliere nei circoli che contavano. Evidentemente le fabbriche, i campi e le officine avevano senso solo nelle residue canzoni, nei riti stanchi degli scioperi. Loro i razionali erano nel tempo, la globalizzazione non si può fermare, dicevano e scrivevano. Se il lavoro scompare, tanto peggio per il lavoro. Mi ricordano un aneddoto raccontato da Sergio Quinzio che trovandosi in un refettorio di un convento alla sua affermazione sul mistero della resurrezione della carne ebbe sorrisi compatiti e la risposta dell’abate: “Quindi lei crede alla resurrezione della carne?” Poi solo scuotimenti di testa divertiti. Allo stesso modo la sinistra ha creduto che la scomparsa dell’Urss fosse una re-apocalisse, una rivelazione al contrario, in questo caso, la legittimazione della propria inutilità. Ancora con questa lotta di classe? Siamo in piena post modernità, le classi non hanno più senso, bisogna teorizzare le comunità di destino. Marx sostituito da Nietzsche, l’innamoramento per lo stato di eccezione di Carl Schmitt per i più colti, gli altri nei programmi tv a fare gli autori di talk show o della televisione di intrattenimento pomeridiana, teorizzando che lo spettatore e l’elettore avevano l’intelligenza di uno scolaro di prima media che stava negli ultimi banchi della classe. Oppure a discettare di intraprenditorialità, la precarizzazione degli altri. Loro, garantiti dai legami familiari, dalle loro appartenenze di ceto. Loro sicuri e gli altri nei marosi dell’incertezza, vivendo di contratti di un giorno e di voucer. La fuori tagli pesanti all’istruzione e la ricerca, la sanità per chi può pagarsela, loro no, i figli nelle migliori scuole europee e le cure della sanità privata. E poi ci si meraviglia se i demagoghi hanno praterie su cui liberare i cavalli del risentimento popolare. Bisogna seguire la corrente del fiume. Ma, porca di una miseria, siete stati eletti per questo? Vi hanno votati perché voi rappresentaste noi, e non quei signori che frequentate nei salotti. Perché cambiaste lo stato delle cose. Perché vi ricordaste da dove venite Tutto diventa destabilizzante, la richiesta di maggior giustizia sociale, per la Sardegna di atti minimi come una politica linguistica coerente per un sardo ufficiale, il muso duro con Roma sui trasporti, sulla ennesima svendita del nostro territorio, sull’appalto della sanità ai fondi sovrani del Qatar. Non vi stiamo chiedendo chissà quale indipendenza, ma dignità, la possibilità di guardarci allo specchio senza piangere. No! Non sia mai che a Roma qualcuno pensi che siamo separatisti come una volta quelli della Lega. La puzza di localismo sardegnolo è insopportabile nei circoli che contano. Come è potuto accadere tutto questo? Me lo chiedo e trovo risposta nel filosofo canadese Alain Denault, docente di scienze politiche dell’università di Montreal che ha scritto un libro dal titolo eloquente: Mediocratie, Mediocrazia. Il governo della rivoluzione anestetizzante, l’atteggiamento che induce a posizionarsi sempre al centro, all’estremo centro. Persone mediamente preparate, mediamente competenti, soprattutto affidabili per il sistema. Chi conosce le organizzazioni sa che sono intimamente conservative, rifiutano i troppo competenti e gli incompetenti. Sono destabilizzanti, i primi soprattutto. Tutto deve essere standardizzato, sostiene Denault, e quindi la mediocrità come modello. È avvenuto nelle università, nelle imprese, ed infine nella politica. Adeguarsi al pensiero dominante e alla incarnazione nel leader. Si può continuare così? Si può agevolare una reazione popolare che potrebbe essere terribile? Lo stesso Henry Kissinger dichiara che l’Europa potrà salvarsi se avrà un atto di identificazione, uscire da una visione solamente contabile ed amministrativa della realtà. Se questo è vero per la Ue lo è ancor di più per la Sardegna. Dateci un’idea, una prospettiva, abbiate uno slancio. Ci accontentiamo di poco. |
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