Incendi e assenza di politiche in difesa del territorio [di Sergio Vacca]

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Quello che si osserva oggi nel territorio del Guilcer Barigadu, devastato dagli incendi dolosi, è molto triste. Il colore nero delle piante bruciate, specie macchia e pascoli, quello bruno scurissimo dei suoli ricoperti di cenere e l’odore acre che vi si respira trasmettono sensazioni di tragedia e di impotenza. Anche per la vastità delle aree interessate.

Impotenza, perché in Sardegna non si vede mai la fine di questa tragedia.  Su quella degli scorsi due giorni, trovo plausibili le cause indicate da Umberto Cocco, Sardegna Soprattutto 3 luglio 2013, circa “l’incuria sulle strade delle province di Oristano e Nuoro” e la “grande confusione, nella struttura di coordinamento, fra chi fa i piani antincendi e chi ne gestisce le emergenze”.

La prima cosa che  preme sottolineare è che anche per questi ottomila ettari si accelera il processo di desertificazione, ossia di degradazione irreversibile delle terre che porterà a diminuire progressivamente la capacità di sostenere la vegetazione, fino alla scomparsa totale. Viene da osservare che questa tendenza si somma ad altre cause in atto o potenziali di degradazione del territorio.

Credo sia opportuno riflettere sulle conseguenze dell’applicazione di alcune iniziative improprie di forestazione industriale, realizzate tra gli anni 60 e 70 con l’introduzione in aree montane di specie inadatte alle caratteristiche e qualità delle terre  e sulla realizzazione del cosiddetto “Piano pascoli”, che ha distrutto soprassuoli in equilibrio millenario con le terre, innescando imponenti fenomeni di erosione dei suoli.

Come pure occorre riflettere sulla trasformazione di aree ad alta potenzialità agricola in campi fotovoltaici e di solare termodinamico, fortemente voluta da imprese italiane e da multinazionali interessate unicamente a trarre profitto dagli incentivi per le produzioni energetiche con le cosiddette rinnovabili. E pure molta attenzione andrebbe posta nei confronti di quelle iniziative di produzione di biomasse vegetali per  uso energetico o per la produzione delle cosiddette bioplastiche. Ma, non andrebbe neppure distolto lo sguardo sull’iniziativa di utilizzare i reflui di Alghero e Sassari per l’irrigazione delle aree agricole della Nurra, in assenza di adeguate iniziative di verifica della compatibilità tra reflui e le caratteristiche e qualità delle terre.

Cosa lega gli incendi  di cui si parla e tutte queste diverse attività già realizzate o in programmazione. Due cose fondamentali. La prima è l’avvio o l’intensificazione di processi di degrado delle terre fino alla desertificazione. La seconda, attiene al disinteresse generale nei confronti di questi fenomeni o processi.

Disinteresse che non riguarda soltanto i singoli cittadini, che possono avere altri – e forse più cogenti – motivi di pensare ai propri casi, quanto, soprattutto, i reggitori della cosa pubblica, a tutti i livelli, ai quali è demandato anche di occuparsi di questi aspetti. Umberto Cocco immagina – prendendo spunto dal devastante incendio nella Sardegna centrale –  un’ adeguata assunzione di responsabilità da parte delle competenti assessore dell’Ambiente e dell’Agricoltura.

Per quanto riguarda una politica in difesa del territorio, degli atti necessari per raggiungere questo fondamentale obiettivo, non si vede infatti alcuna significativa traccia nelle azioni del governo regionale. Per risolvere il problema degli incendi, nulla che non sia ciò che viene fatto da decenni: squadre operative a terra – alle quali va tutta la stima e considerazione per il difficile e pericoloso lavoro che svolgono – e mezzi aerei di supporto. Ogni anno un Canadair in più o in meno e via elencando. Come efficacemente evidenziano media e comunicati delle diverse categorie interessate. Ma nulla che rappresenti una innovazione, soprattutto nella prevenzione.

Da anni si parla di “contro-fuoco” o comunque di tecniche innovative nella fase di prevenzione, come nella fase di gestione degli eventi. Ma, oltre a qualche azione sperimentale a piccola scala, nulla che modifichi  il modello corrente di lotta agli incendi. Nulla che innovi la prevenzione. Posto che la si attui, come osserva Umberto Cocco.

Ma viene anche da osservare che tutto questo sia frutto di carenze culturali. Da anni si parla dell’istituzione della Scuola Forestale a Nuoro. Diatribe sulla localizzazione, ma nulla che si muova. Recentemente [Sardegna Soprattutto, 20 giugno] ho dato conto di un’ipotesi di unificare la Scuola Forestale al Corso di Laurea in Scienze Forestali ed Ambientali, presente a Nuoro da oltre vent’anni, nell’area dell’ex Artiglieria. Ma, né il sindaco della città, né le competenti sedi regionali manifestano chiaramente le loro intenzioni e, tanto meno, agiscono.

La Scuola, unitamente all’Università, potrebbe contribuire alla modifica del modello operativo esistente, sperimentando e introducendo nella prassi corrente nuove e più efficaci azioni di prevenzione e di lotta antincendio. Ma da questa auspicata sinergia nascerebbero  anche  prassi operative che riguardino  la salvaguardia del territorio. Sempreché vi sia la necessaria volontà politica dei decisori politici.

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