La metamorfosi delle zanzare [di Leonardo Mureddu]
“Il treno era pieno di gente ma noi trovammo posto su un terrazzino che divideva un vagone dall’altro. Parlavamo del primo maggio, quello in cui il simulacro di S. Efisio, patrono della nostra città viene portato sino a Pula, luogo del suo martirio. Nonostante la città vuota era stato fatto uscire dalla chiesa con il suo “abito da viaggio”. Un camion qualunque lo aspettava ma durante il tragitto molti cittadini erano usciti dalle macerie e piangendo avevano appeso alla veste del santo la foto dei loro cari al fronte, raccomandandosi a lui che li riconducesse a casa.Ero molto commossa e mi voltai per non far vedere che piangevo. Feci una preghiera silenziosa, anch’io volevo raccomandare qualcuno, “che non avesse danni!”. Questo frammento della storia di Cagliari è stato raccontato tante volte: la devozione dei cagliaritani che vollero che anche nel 1943 si facesse la processione di Sant’Efisio. Esiste anche qualche documento in video. Il brano citato sopra è la testimonianza diretta che ne dà Nena, allora poco più che adolescente. Quando mi sono arrivati in mano i quadernoni di Elena Cillocu coi diari copiati “in bella” su fogli a righe di quinta, ho pensato che non valesse la pena leggerli né lavorarci sopra. Intanto non è facile leggere un manoscritto, per quanto redatto con una calligrafia tonda e ferma: non siamo più abituati alla lettura del corsivo. Poi, trattandosi di una novantenne che scriveva dei suoi ricordi di ragazza, mi aspettavo una prosa enfatica e nostalgica. Insomma, i quaderni restavano lì nella vecchia borsa da spiaggia con cui erano arrivati. Poi per fortuna una cara amica incuriosita dalla lettura di alcune pagine si è offerta di trascriverli, e così finalmente mi son trovato con un file su cui lavorare. Già sapevo di cosa si trattava: durante la guerra, subito dopo i bombardamenti su Cagliari, la popolazione delle città dovette sfollare verso i paesi dell’interno. Nena, la protagonista di questo diario, allora non ancora ventenne, si trova a dover seguire la ditta di carburanti per cui lavora, mentre il resto della famiglia si trasferisce altrove. Questa separazione, unita all’abbandono delle abitudini cittadine e al doloroso distacco dall’innamorato sono lo sfondo dei diari di Nena. Su questo tema si innestano però nuove conoscenze, amicizie che diventano profonde, esperienze e avventure di vita nella Sardegna rurale degli anni ’40. La lettura è piacevole, spesso ironica. Sono notevoli le pagine che trattano di una fugace visita di Nena in una Cagliari deserta e stralunata, durante la quale per l’ultima volta ripercorre i luoghi dell’infanzia prima di abbandonarli per sempre. Nella casa di alcuni zii evidentemente ricchi, con tante stanze c’è un giardino con fiori e alberi da frutto e una vasca: “…nella vasca del giardino avevo studiato la metamorfosi delle zanzare e quando ero piccolina e le vedevo prendere il volo uscendo dall’acqua, battevo le mani tutta felice“. È vero che ci sono migliaia di libri, biografie, diari che trattano di quel doloroso periodo della nostra storia. Ed è anche giusto che sia così. Questo di Nena però non è un semplice diario di guerra e di privazioni, è una vera opera letteraria, quasi un romanzo di formazione. Seguendo la narrazione si assiste a una dissolvenza incrociata nel quale un mondo di ragazzina, di giochi e di primi amori si fa sempre più sfocato, mentre prende corpo un mondo di donna adulta, determinata a trovare il suo posto e a scegliere da chi farsi accompagnare. Tutto questo nei mesi che vanno dall’arrivo a Orroli e i successivi trasferimenti nuovamente verso il sud, fino al ritorno definitivo nella Cagliari liberata. * Xedizioni di Cagliari pubblicano questi scritti di Elena Cillocu nel volume Nena. ** Ricercatore tecnologo presso INAF – Osservatorio di Cagliari
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