Lettera aperta al Presidente del Consiglio Matteo Renzi [di Maria Antonietta Mongiu]
La Nuova Sardegna 29/07/2016- Egregio Presidente del Consiglio Renzi Le scrivo come cittadina sarda che ha assistito, in diversi ruoli, a firme di patti che sembravano decisivi per la Sardegna. Purtroppo lei non è il primo Presidente del Consiglio che arriva con un patto da firmare, con un finanziamento da erogare. Siamo abituati a promesse di finanziamenti che poi finiscono oltre il mare. E’ vicenda antica. Roma non era ancora la capitale d’Italia quando la prima Commissione d’indagine parlamentare d’inchiesta presieduta da Depretis fece il tour della Sardegna. Quelle modalità hanno finito per ripetersi. La Relazione di Quintino Sella sulle “Condizioni dell’industria mineraria nell’isola di Sardegna” è un utile ripasso per comprendere come si sono creati, a livello governativo, molti stigmi sulla Sardegna, diventati autostigmi nelle nostre élite. Dalla Relazione capirebbe l’origine di alcune vicende diventate delle tragedie antropologiche ed ambientali. Riguardano il Sulcis-Iglesiente e, a seguire, le aree diventate “industriali” negli anni della cosiddetta “Rinascita”. Per questo oggi leggiamo con preoccupazione che, sospeso il Galsi, si insiste per i rigassificatori da posizionare nei golfi della Sardegna, già oltraggiati dalla chimica di base. Si riparla di centrali a carbone (sic!) contro ogni normativa europea. Egregio Presidente l’avranno informata che un comitato di cittadine e di cittadini ha avuto la meglio sull’infausto disegno di perforare il nostro territorio e che tanti comitati si sono costituiti con sindaci e consigli comunali, per impedire l’esproprio di fiorenti aziende agricole per realizzare impianti di cosiddette “rinnovabili” che insultano la preziosità del paesaggio ed uccidono le aziende agropastorali che faticosamente resistono come presidio nelle campagne. Saprà che molti impianti sono oggetto di indagini della magistratura e sono attrattori di fenomeni malavitosi. C’ è urgenza di un Piano Energetico Regionale in perfetta coerenza col Piano Paesaggistico Regionale. Egregio Presidente, il motto “Per il paesaggio, l’arte e la natura. Per sempre, per tutti” del Fondo Ambiente Italiano, ben si attaglia alla Sardegna e all’impegno di molti sardi e di molte sarde che nel riconoscimento del paesaggio trovano la migliore affermazione dei propri valori identitari. Il paesaggio infatti insieme alla lingua sarda costituisce per la comunità regionale un valore non negoziabile. L’azione di pedagogia sociale di tante associazioni è tesa, per tale ragione, a creare nell’opinione pubblica un forte e deciso sentimento di protezione dell’immenso patrimonio culturale ed ambientale, fondamento di un’economia sostenibile e della tenuta democratica della comunità, secondo l’art. 9 della Costituzione recepito, come ben sa, dal “Codice dei beni culturali e del paesaggio” che, accogliendo anche la Convenzione Europea del Paesaggio del 2000, fonda il Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna varato nel 2006 e che attende da troppo tempo di essere completato. Oggi infatti quel Piano, primo ad essere varato in Italia e fondamento di uno sviluppo sostenibile della Sardegna, riguarda solo la parte costiera ed è fortemente insidiato nei territori costieri e in quelli “interni”, come le ho sopra descritto. Egregio presidente questo nostro Mediterraneo, uno dei padri delle più belle civiltà di cui lei diffusamente ha parlato anche di recente, piange perché obbligato ad ospitare troppi morti e perché sulle sue sponde, ricche, come quelle sarde, oltre l’immaginabile di testimonianze del passato antico e recente, non cessano gli oltraggi al patrimonio culturale, storico, artistico e archeologico. Il paesaggio, unione di materiale e immateriale, non può prescindere dalla sua componente culturale, vero potente motore di una comunità transnazionale (il Nordafrica è qui a ricordarci quanto siano relativi i confini) di cui l’Italia, e la Sardegna in particolare, per posizione e patrimonio, non può che essere capofila. Il Patto che lei va a firmare e gli accordi con la nostra comunità regionale, devono finalmente vedere quest’isola in mezzo al Mediterraneo con il ruolo che le spetta. Non potranno prescindere dallo straordinario intreccio di natura e di cultura in una nuova declinazione delle identità, regionali, tradizionali e in virtù di ciò internazionali ed europee. La Sardegna non può essere ridotta ad una mera e spopolata piattaforma energetica, aggravando le ennesime servitù, o a riserva “caraibica” nei periodi estivi. *Presidente Regionale FAI Sardegna
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Come non condividere il suo appello! Dr.ssa Mongiu. Questo tempo di miserie sembra travolgere come uno tsunami le poche certezze e le tante speranze che non solo il nostro popolo considera(va) il bene più prezioso, da custodire e rinsaldare se possibile. Vogliono riformare la costituzione e nel contempo si fanno beffe dei suoi capisaldi, dell’articolo 9 e di tanti altri. E’ quanto mai urgente investire nell’istruzione, che prepari i nostri figli e nipoti in maniera adeguata, privilegiando la cultura umanistica a quella economico-finanziaria.
Maria Antonietta condivido in toto quanto da te scritto e firmo la tua petizione.