Dopo la sentenza della Consulta [di Pierluigi Onorato]
Può capitare che le istituzioni di garanzia di un sistema democratico, in momenti eccezionali, “suppliscano” alle carenze di funzionamento delle istituzioni politiche. E’ capitato con Napolitano, prima con la formazione del Governo Monti, e poi con la formazione del Governo Letta, dopo la sua inedita (ma non anticostituzionale) rielezione alla Presidenza della Repubblica. Ora è capitato con la Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittima la legge elettorale disegnata da Calderoli (il c.d. Porcellum) nella parte in cui prevede un premio di maggioranza alla lista o alla coalizione che ottiene il maggior numero di voti, anche se non ha superato una soglia minima, e nella parte in cui non consente all’elettore di esprimere alcuna preferenza. Entrambe queste istituzioni di garanzia hanno interpretato “estensivamente” il loro ruolo, per colmare il vuoto della istituzione politica parlamentare, quando questa è stata incapace di formare un Governo idoneo a fronteggiare la crisi economica, o di varare una legge elettorale rispettosa dei principi costituzionali. Non solo il Presidente della Repubblica ha interpretato estensivamente il proprio ruolo, ma anche la Consulta. Questa infatti ha esercitato il suo controllo di legittimità costituzionale della legge elettorale vigente, senza che la relativa questione fosse stata sollevata in via incidentale nel corso di un giudizio avente un oggetto diverso – come vuole il sistema italiano. Tutti sanno ormai che l’avvocato Aldo Bozzi e altri cittadini elettori hanno impugnato direttamente davanti al Tribunale milanese la legge Calderoli in quanto lesiva dei loro diritti costituzionali, cioè hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale in via principale e non in via incidentale. Ciononostante, prima la Corte di cassazione (dopo il rigetto da parte del tribunale e della corte milanese) e poi la Corte costituzionale hanno ammesso la questione, con gli esiti che sappiamo. Si è così confermata una sorta di legge della sociologia politica, in forza della quale non sono tollerati vuoti o difetti di funzionamento del sistema, con la conseguenza che se una istituzione (il parlamento) non è in grado di decidere, supplisce un’altra istituzione che – proprio per la sua funzione di garanzia – si sente investita del compito di assicurare comunque il funzionamento complessivo del sistema. In altri termini, è un’ulteriore conferma della débâcle della politica italiana. A questo punto la domanda è: può fare ancora qualcosa questa agonizzante politica italiana? Le norme della legge Calderoli dichiarate incostituzionali cessano di avere efficacia, cioè non potranno più essere applicate, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Consulta. Val la pena di sottolineare che in relazione alla efficacia temporale dell’abrogazione del Porcellum i problemi sono delicati e discussi, e diventano ancor più complicati proprio perché la questione di incostituzionalità è stata sollevata in via principale, e non incidentale. Comunque, dopo la pubblicazione della sentenza di parziale incostituzionalità della legge Calderoli, avremo una legge elettorale “di risulta”, la quale da una parte restituisce il voto di preferenza agli elettori, e dall’altra reintroduce un sistema proporzionale puro. Il Parlamento in carica, però, può scegliere altri sistemi elettorali, come riconosce espressamente il comunicato ufficiale della Consulta, purché rispettosi dei principi affermati nella sentenza. Cioè può adottare un sistema misto (in parte proporzionale e in parte maggioritario) o altro sistema che assicuri comunque la governabilità, purché siano sempre rispettate le “soglie” minime per il premio di maggioranza. In sostanza è nelle possibilità del Parlamento di ritornare alla legge elettorale precedente, il c.d. Mattarellum, che assegna un terzo dei seggi col principio proporzionale e i restanti due terzi col principio maggioritario; o di varare un sistema a doppio turno di tipo francese (escludendo però il semipresidenzialismo d’Oltralpe, che non solo è dirompente per la nostra tradizione, ma implicherebbe anche una revisione costituzionale profonda, che è impossibile in questo contesto). Il ritorno al Mattarellum avrebbe più facilmente i numeri parlamentari, giacché si sono già dichiarati disponibili Grillo, Berlusconi e anche SEL. Il doppio turno avrebbe il vantaggio di un collaudo storico più positivo, dimostrato dall’esperienza francese e dall’elezione dei sindaci italiani. La scelta da evitare, invece è – a mio avviso – la conferma del proporzionale puro. Questo ha funzionato relativamente bene nella fase nascente della democrazia italiana, perché ha contribuito a integrare le masse nello Stato repubblicano, in virtù di particolari condizioni politiche, che oggi sono irripetibili. Invero, accanto a una “conventio ad excludendum” dei partiti estremi dello schieramento, che erano tuttavia attivi in Parlamento, si era storicamente incardinata una formula stabile di governo attorno all’asse della DC (prima col centrismo e poi col centrosinistra), anche se imperversava il notevole inconveniente della brevità dei Governi (che cadevano frequentemente per lasciare il posto ad altri Governi appoggiati dagli stessi partiti). Oggi condizioni simili non si danno più. Ma i nostalgici del proporzionale tendono a rimuovere questo importante elemento di analisi storica. In presenza di PD, M5S e Forza Italia, e in considerazione della loro consistenza elettorale, che è difficilmente modificabile, sono impossibili governi di larghe intese, che non siano governi di veti incrociati. E quando la governabilità non è assicurata, un Parlamento proporzionalista non può assolvere neppure la funzione di integrare nello Stato le forze politiche e culturali presenti nella società. Al contrario, la disfunzione del sistema istituzionale – con un Parlamento rappresentativo ma incapace di decidere e un Governo impossibile – contribuirebbe sempre di più ad alienare i cittadini dalla politica e a far crescere il partito degli astensionisti. Un ceto politico razionale, non accecato da meschini interessi di bottega, quindi, avrebbe oggi la possibilità di riscattarsi. Ma il tempo stringe. *Magistrato. ParlamentareVIII, IX Camera. X Legislatura Senato
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