Volano gli Angeli [ di Michele Arcangelo Firinu]

marcinelle

Ai caduti sul lavoro, moltitudine. All’Osservatorio di Bologna sulle morti sul lavoro in Italia, morti bianche, infortuni mortali sul lavoro, che di tale moltitudine tiene conto e memoria.

“Come volano gli angeli

che volano,

che volano dai tetti,

che volano e non hanno ali,

che sfidano i marciapiedi incatramati.

Come volano gli angeli

quando li sprecano, non li proteggono;

come volano gli angeli dai palchetti

e non hanno ali,

non hanno freni si sfracellano

nei cortili dei cantieri desolati.

Come volano gli angeli

nei cieli delle fiamme torinesi:

l’ala di fuoco, la mano di dio

li ghermisce,

li solleva,

li sbatacchia,

li sublima

nell’ordalia della linea cinque

degli altiforni della ThyssenKrupp.1

Come non volano gli angeli,

come non volano:

s’addormono dentro la Saras,

s’infetano dentro quell’amnios,

dentro quell’utero metallo-chimico,

nella bestemmia di desolforazione

al Mildhydrocracking 1;

come non volano quando s’accasciano,

sono tre e restano gli orfani: tre

in un amen.2

Oh, come volano, saettano gli angeli,

in un tempo molle che gli s’affloscia

sopra la testa dentro lo schianto

del capannone; com’è volato

nella buriana quell’angelo sfranto

a Tortolì.3

Come volano gli angeli che volano

dentro le tute,

che gli s’inzuppano del loro sangue;

sono alle macchine, sono alle isole,

quando s’impigliano alle catene

e gli ingranaggi coi loro sorrisi

di acciai dentati

bene li masticano,

bene li mangiano,

bene li sputano,

bene li vomitano.

Volano pezzi, falangi

di angeli; volano mani,

decollano gambe,

saettano braccia:

quanto sarebbe vasto

il campo non-santo

delle tombe degli arti?

Sprizza il sangue degli angeli bastardi,

annaffia campi e hangar, nutre

pance di macchine ebbre.

Come volano gli angeli migratori:

mettono ali ai loro pensieri

sciolgono vele ai desideri;

per un pane sfidano il mare;

angeli belli, angeli neri,

nessuno li vuole coi loro fuscelli;

volano dentro l’azzurra voliera,

non trovano pane, bevono sale,

saziano pesci, saziano squali

in quella liquida profondità.

Oh, come volano gli angeli delle riserve

che non lavorano,

che non li vogliono,

che non li pagano,

che non consumano,

che non dimorano,

che non si lavano,

che mal si vestono,

che molto tanfano;

nei marciapiedi dormono,

nei marciapiedi siedono,

nei marciapiedi questuano,

nelle panchine ubriacano,

e negli inverni ghiacciano,

di quando in quando bruciano

e nelle fiamme crepitano

e nelle fiamme strepitano

e nelle fiamme crepano

e negli inferni involano.

Com’è silente nel gelo il volo

degli angioletti di carbone e cenere:4

bruciavano stracci imbevuti nell’alcol

nella baracca, per riscaldarsi.

Volano nell’ombra del cupolone

nel cielo arrossato dalla nostra vergogna,

in questa gogna grassa, la Roma empia,

che ha eletto l’oro come cuore di dio.

Com’è volato l’angelo Ion5

messo al servizio di un bel rottweiler,

Mema il romeno, placido e docile,

metteva il cane alla catena;

ma un giorno quel cane si è rivoltato

e ha messo l’uomo alla catena;

come volava la testa di Ion:

correva il cane figlio d’un cane,

giocava nel prato e beveva quel sangue.

Non vide il Natale mentre volava

la testa spiccata dell’angelo Ion.

Oh, come volano gli angeli

che nei tralicci salgono,

che ci lavorano,

che vi si folgorano,

che vi si bruciano,

che vi si cuociono,

che poi li calano,

che poi li interrano,

che poi gli mancano,

che li ripiangono nei Ferragosti,

dentro gli odori dei loro arrosti.6

Come volteggiano,

quanti ne volano

e non manca giorno,

in ogni refolo,

in ogni angolo,

in ogni spasimo,

anno per anno, in ogni mondo:

come in battaglia in una tonnara,

come in mattanza a Little Bighorn7!

Volarono angeli di argenti, ori,

zinco, silicio, quarzo, azzurrite;

volarono angeli a Monteponi

a Trubba Niedda, Perda Majori,

al Salto di Quirra di Gerrei,

a Monte Pisano8 e un battaglione

nelle budelle di carbone;

erano tanti a Marcinelle9:

ci fu un boato, li tirarono su,

avevano ali di grisù.

Oh come volano,

volano gli angeli,

e come folano,

come s’affollano

dentro i silenzi,

dentro l’oblio,

privi di un angelo,

privi di un dio.”

Roma, 28.12.10 – 16.03.2012

1    Nella notte tra  il 5 e il 6 dicembre 2007 sette operai della TyssenKrupp di Torino vengono investiti da una fuoriuscita di olio bollente in pressione che prende fuoco. Sette operai muoiono nel giro di un mese: Antonio Schiavone, 36 anni; Roberto Scola, 32 anni; Angelo Laurino, 43 anni; Bruno Santino, 26 anni; Rocco Marzo, 54 anni; Rosario Rodinò, 26 anni; Giuseppe Demani, 26 anni. Un altro lavoratore, Antonio Boccuzzi, resta ferito in maniera non grave. Diventa parlamentare del PD ed è un testimone chiave al processo.

La testimonianza del superstite: “Alla ripresa è stato chiamato a testimoniare Antonio Boccuzzi, unico superstite del rogo alla Thyssenkrupp di Torino e oggi parlamentare del Pd. Secondo la testimonianza di Boccuzzi l’incendio era partito come un piccolo focolaio che poi diventò un vero e proprio rogo nell’arco di pochissimo tempo: «Ricordo che all’inizio – racconta Boccuzzi – si trattava di un incendio molto piccolo che si sviluppava proprio sotto la macchina spianatrice, sul pavimento che, come accadeva normalmente, era intriso di olio che perdevano i rotoli di acciaio nel passaggio. Provai a usare il mio estintore che risultò essere praticamente vuoto. A questo punto – continua – l’incendio raggiunse la carpenteria e io andai con Angelo Laurino e Bruno Santino a recuperare una manichetta per spegnere il fuoco. Tirai su la testa e in quel momento ci fu un’esplosione sorda, un boato non molto forte che mi fece venire in mente il rumore che fa una caldaia a gas quando si accende. Le fiamme a qual punto diventarono enormi: sembravano una grossa mano di fuoco, un’onda anomala che ricadde sui ragazzi e li inghiottì». ( http://www.legamidacciaio.it/Speciale%20Processo.htm )

2    26 maggio 2009. “Sono morti in tre nella grande raffineria Saras della Sardegna. Il primo è caduto nel serbatoio intossicato dall’azoto; gli altri due perché volevano salvare il compagno. Dovevano pulire un serbatoio dell’impianto di desolforazione. I vapori letali non gli hanno lasciato scampo. Bruno Muntoni, 52 anni, sposato e padre di tre figli; Daniele Melis, 26 anni, e Pierluigi Solinas, di 27, erano di Villa San Pietro, paese a 30 chilometri da Cagliari e pochi chilometri dagli impianti della Saras.” (da: Repubblica.it)

3    Daniele Floris, 20 anni, operaio di Villagrande, muore il 22.12.10 all’ospedale San Francesco di Nuoro. Il giorno prima era precipitato con tre colleghi di lavoro dal tetto di un capannone nella zona industriale di Arbatax.
“ Restano gravissime anche le condizioni di Andrea Pinna, 24 anni, di Tortolì, ricoverato in prognosi riservata nel reparto di Rianimazione dell’ospedale di Lanusei. Ha subito forti traumi e la perforazione bilaterale di un polmone. Lesioni toraciche gravi ha riportato anche Ambrogio Rubiu, di 24 di Lotzorai. Anche per lui i medici non hanno sciolto la prognosi. Non corre pericolo di vita, invece, Giovanni Chillotti, 21 anni, di Ulassai.
I giovani ogliastrini lavoravano per una ditta d’appalto lombarda – assunti da due giorni attraverso un’agenzia interinale cagliaritana – e sono rimasti vittime di un incidente nel cantiere nautico Abbate di Tortolì. Sono precipitati da un’altezza di circa 12 metri a causa del cedimento del tetto di onduline di un capannone sopra al quale stavano posizionando dei pannelli fotovoltaici. Le indagini avviate dai carabinieri di Tortolì e della compagnia di Lanusei dovranno chiarire la dinamica esatta dell’infortunio, mentre gli ispettori dello Spresal della Asl di Lanusei dovranno accertare eventuali violazioni delle norme di sicurezza nel cantiere.
Erano in sei ieri sul tetto del capannone quando, intorno alle 11,30, si è improvvisamente aperto uno squarcio, forse a causa del peso eccessivo mal sopportato dalla copertura di onduline, e in quattro sono precipitati al suolo. Due sono riusciti ad aggrapparsi a una sporgenza e si sono salvati. Per gli altri, Daniele Floris, 20 anni di Villagrande, Andrea Pinna, di 24 di Tortolì, Giovanni Chillotti, di 21 di Ulassai, e Ambrogio Rubiu, di 24 di Lotzorai, un volo di circa 12 metri, poi lo schianto a terra.”
  (da: http://marcocarta.e.dintorni.forumcommunity.net/?t=42600821 )

4  I quattro fratellini, Raul, Ferdinando, Patrizia e Sebastian, figli di Elena e Mirca Erdei, sono morti nella notte tra il   sei e il sette febbraio 2011, rannicchiati tra loro, nel rogo della baracca, in un accampamento di Rom, allestito in una discarica nella via Appia di Roma dopo ripetuti sgomberi dei campi nomadi ordinati dal sindaco “pro tempore” della  capitale Gianni Alemanno.

5  “Foggia 24 dicembre 2010. E’ morto Ion Mema romeno di 52 anni. Ion è morto in un modo impensabile: è stato strozzato e decapitato dalla catena di un cane rottweiler che gli si è stretta attorno al collo mentre cercava di legarlo. Ion Mema da alcuni anni lavorava alle dipendenze dell’azienda agricola nei cui pressi è stato trovato il suo corpo. Mema aveva abitualmente il compito di accudire il cane. Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori in base anche alle osservazioni del medico legale Mema sarebbe stato aggredito dal cane che probabilmente lo ha fatto cadere mentre cercava di liberarsi. Il rottweiler ha poi strattonato con violenza la catena che si è stretta attorno al collo del romeno strozzandolo prima e poi decapitandolo. L’animale si è poi avventato sulla testa portandola lontano.” (da: http://cadutisullavoro.blogspot.com/)

6  Nel novembre 1971 a Schio (VI) due operai morirono folgorati su un carroponte a causa di una gru che aveva urtato i cavi dell’alta tensione. L’episodio è stato raccontato anni fa dal cognato dell’autore. Incidenti simili si registrano anche nel 2010.

7   La battaglia del Little Bighorn fu uno scontro tra una forza combinata Lakota, Sioux, Cheyenne e Arapaho e il 7º Cavalleggeri dell’esercito degli Stati Uniti d’America che ebbe luogo il 25 giugno 1876 vicino al torrente Little Bighorn, nel territorio orientale del Montana. La battaglia fu il più famoso incidente delle Guerre indiane e costituì una schiacciante vittoria per i Lakota e i loro alleati. In realtà parteciparono al combattimento soltanto cinque squadroni del Settimo Reggimento di Cavalleria degli Stati Uniti, comandati dal Tenente Colonnello George Armstrong Custer, che furono comunque sterminati quasi fino all’ultimo uomo.

8  Monteponi, Trubba Niedda, Perda Majori, salto di Quirra di Gerrei e Monte Pisano sono vecchie miniere della Sardegna.

9  Il disastro di Marcinelle fu una catastrofe avvenuta la mattina dell’8 agosto 1956 in una miniera di carbone situata a Marcinelle, nei pressi di Charleroi, in Belgio. L’incidente provocò 262 morti su un totale di 274 uomini presenti nella miniera. Per numero di morti nella storia dei minatori italiani emigrati, questa sciagura è la terza più cruenta disgrazia dopo quella di Monongah e il disastro di Dawson. Per di più questa sciagura avvenne pochissimo tempo dopo l’affondamento della nave Andrea Doria, l’Italia passò dunque da una sciagura all’altra. (da: http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_Marcinelle ) Notizie più dettagliate e corredo di foto sull’incidente in  in: http://keynes.scuole.bo.it/ipertesti/europa/Marcinelle/index.htm

* L’Autore del breve poema è’ sardo e vive a Roma. Ha insegnato Lettere nella Scuola Media fino alla pensione. Nel 1974 ha collaborato con il critico Bruno Corà alla realizzazione della Mostra d’arte Contemporanea a Roma. Negli anni ’80, a Milano, è stato redattore del periodico letterario il bagordo. Negli stessi anni, con il gruppo Orfeo80, è stato tra i promotori di alcuni tra i primi laboratori di scrittura creativa in Italia. Come titolare della Oximoria (piccola casa editrice, estinta insieme a il bagordo, che editava) ha curato due piccole collane di narrativa e poesia, tra le quali la collanina Taschino e ha collaborato all’uscita del catalogo antologico di poeti Centodue (’86). Ha prefato e ha curato l’editing di alcuni libri di narrativa della editrice Polistampa Pagliai di Firenze. Nella seconda metà degli anni ’90 ha presieduto a Roma l’associazione culturale CEPAA – Teatro del Centro.

Sue poesie sono uscite sul Web, nell’Antologia “Il rumore delle parole – 29 Poeti del Sud – EdiLet, Roma, 2015 con introduzione di Giorgio Linguaglossa, nel librino Luminescenze, con sette disegni di Luigi Dragoni, il 174 della Collana dei Numeri, Editrice Signum d’arte diretta dal pittore Claudio Granaroli, su il bagordo, l’Avanti, Poiesis, il giornale nazionale COBAS dei Comitati di base della scuola.

 

Lascia un commento