Burkini, no al divieto: è come il fazzoletto sardo [di Alessandro Pirina]
La Nuova Sardegna.it 21 agosto 2016. Parlano le donne: «Sarebbe come impedire di usare la fardetta o il mucadore» . Vietare il burkini sarebbe come impedire alle donne sarde di indossare fardetta e mucadore. A fare il paragone sono le stesse donne “made in Sardinia”, contrarie a qualsiasi ordinanza che imponga il divieto di indossare il vestito integrale in spiaggia. Un no senza colori politici. O meglio la contrarietà alla politica dei sindaci francesi, avallata dal premier Valls, dello stop al burkini è trasversale. Da sinistra a destra, in Sardegna si parla la stessa lingua. «Il divieto mi sembra un falso problema – dichiara la deputata del Pd Romina Mura –. L’ordinanza del sindaco di Nizza non mi trova per nulla d’accordo. Non si può intervenire con un divieto su un tema che deve essere lasciato alla libera scelta della donna. È come se un sindaco vietasse la taglia 42, senza dimenticare che in Sardegna le nostre nonne hanno sempre indossato gonna lunga e fazzoletto». La Mura è anche sindaco di Sadali, comune di poche anime in cui è presente anche un centro di accoglienza per migranti. «Mai vieterei il burkini come mai vieterei il bikini – aggiunge la deputata dem –. Mi infastidisce che il corpo della donna venga considerato oggetto di scandalo. Ma purtroppo questo è il Paese dove fino a pochi anni fa la violenza sessuale era considerata un reato contro la morale e non contro la persona. Un Paese in cui alcune discutibili sentenze hanno quasi dato la colpa della violenza sulle donne al modo di vestire vistoso. Forse, alla luce di quello che è successo negli ultimi mesi, la Francia ha bisogno di usare il pugno di ferro, ma ritengo sia la soluzione sbagliata. La persona va rispettata al di là dei vestiti che indossa. In questo momento vorrei si parlasse di più di quella donna libica che si leva il velo imposto dall’Isis. Quello è il segno della libertà femminile, non una ordinanza che vieta la libera scelta». Alla Mura si accoda Maddalena Calia, già sindaco di Lula ed ex-parlamentare europea, oggi coordinatrice regionale del Nuovo centrodestra. «Non è l’abito che determina la libertà di mente. Anzi, solitamente le menti più libere non si vestono in maniera omologata. Io sono convinta che la libertà si possa esprimere anche continuando a indossare i capi che la loro cultura suggerisce. Io sono del 1958 e ricordo le nostre nonne, le nostre mamme che andavano in spiaggia con costumi castigatissimi neri o blu. Per non parlare – aggiunge la Calia – di tutte quelle donne che facevano il bagno con il burqa. Le ricordo alla Caletta, a Santa Lucia. Noi li chiamiamo mucadore, fardetta, ma non c’è nessuna differenza con il burqa indossato dalle donne musulmane. Le donne sarde vestono in quel modo perché vogliono rimarcare la nostra specificità. Loro con la fardetta si sentono libere eccome. E sono sempre a fianco ai pastori nelle manifestazioni per rivendicare i loro diritti. Nessuna imposizione, dunque. Sono donne libere, e anche belle». Per la presidente del Fai, Maria Antonietta Mongiu, vietare alle donne di indossare il burkini come vorrebbe il premier francese Valls (e con molti politici italiani sulla stessa linea) sarebbe una violenza. Anche la Mongiu, già assessore alla Cultura ai tempi della giunta Soru, fa un salto indietro nel tempo. «Ai tempi delle nostre nonne le donne si immergevano in mare vestite, ci sono tantissime foto che lo testimoniano – racconta la presidente regionale del Fondo ambiente italiano –. Io ho il ricordo di mia nonna, sempre con il fazzoletto in testa, anche quando andava a letto. Se le avessi detto di toglierselo sarebbe stata una violenza inaudita. Il discorso vale per tutte le donne. La nostra tradizione legata ad abiti e vestiti ci impone di dire no a questo tipo di divieti. Qui non parliamo di riconoscibilità facciale, di identificabilità. In quel caso capisco si possano prendere dei provvedimenti. Ma non si può intervenire sul modo di vestire, non è accettabile che vengano emanate ordinanze che impongano come una persona deve farsi il bagno».
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