Fermiamo le Megacentrali. Dove? A Cagliari in Viale Trento! [di Redazione]

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E’ il titolo che i Comitati Territoriali No Megacentrale (Guspini), Terra che ci Appartiene (Gonnosfanadiga), Associazione Progetto Comune (Villacidro), Sa Nuxedda Free (Vallermosa), Terrasana  (Decimoputzu), Basso Medio Campidano: aria, terra, acqua (Villasor), No Al Termodinamico (Cossoine-Giave), No Megadiscarica (Villacidro), e l’Associazione Italia Nostra Sardegna hanno dato all’assemblea generale indetta a Gonnosfanadiga sabato 3 settembre  per dire NO alla speculazione energetica in Sardegna.

Folta partecipazione di pubblico. Cittadini, amministratori locali, politici, associazioni di categoria del comparto agricolo, associazioni culturali ed ambientali. Tra le altre il FAI Sardegna che da due anni, sostenendo convintamente  le rinnovabili, ha messo in guardia l’opinione pubblica ed i decisori politici della Sardegna sulle modalità con cui vengono gestite in Sardegna. Molti gli incontri organizzati con diversi specialisti alfine di proporre soluzione per evitare che si consumino suolo e territori pregiati destinati all’agricoltura. Come di fatto nell’isola sta accadendo da diversi anni. Fuori dalle regole.

All’iniziativa di Gonnosfanadiga il FAI Sardegna era rappresentato dal suo esperto sulle tematiche relative al suolo Sergio Vacca. Chiaro l’obiettivo dell’affollato incontro: fronteggiare l’emergenza creatasi a seguito della proposizione in Sardegna di mega-impianti industriali termodinamici solari, dannosi e invasivi, allocati o da allocare su suoli pregiati. Di questi progetti, due attendono sui tavoli romani un via libera di natura politica e non tecnica.

Molte le prese di posizione di amministratori e politici, a cui sono seguiti rappresentanti delle associazioni. Ma il protagonista, a nome dei tanti che vedono in pericolo il loro lavoro ed i loro terreni,  è stato Giovanni Cualbu. Un fiume in piena. Voce ferma di chi affronta, non senza preoccupazione, ma con la consapevolezza di chi conduce una battaglia di civiltà per il bene comune. In difesa delle sue terre, della tradizione agropastorale ultrasecolare della sua famiglia  ma soprattutto della cultura agricola della Sardegna che attende, concretamente, di essere riconosciuta dai decisori.

Per Giovanni Cualbu se non verranno fermati la costruzione delle megacentrali di Decimoputzu e Gonnosfanadiga e gli espropri delle terre con la scusa, anticostituzionale in questo caso,  della “pubblica utilità”, la Sardegna sarà una landa desolata. Territorio di rapina, come altre volte è successo, di speculatori con la complicità, ancora una volta,  di scherani locali. E su tali personaggi, definiti collaborazionisti,  Cualbu esprime, col plauso unanime e partecipato dell’assemblea, lo sdegno più profondo.

Di rilievo, per il taglio tecnico e politico insieme, l’intervento dell’assessora dell’Ambiente di Decimoputzu che traccia un quadro realistico degli impatti che si creeranno con la realizzazione delle centrali. Evidenzia il danno alle strutture sociali delle comunità, che si vedranno espropriate delle porzioni più significative dei rispettivi territori, inibendo così qualsiasi forma di programmazione agricola pubblica e privata.

Il rappresentante del FAI Sardegna analizza il quadro delle false comunicazioni rilevate nella gran parte dei documenti prodotti dalle società Fluminimannu e Gonnosfanadiga, evidenziando anche le carenze degli estensori dei  rapporti. In attesa – come tutti – del documento finale di Valutazione di Impatto ambientale del progetto di Decimoputzu, preannuncia un’analisi approfondita dei temi riguardanti l’ambiente, per la quale continueranno ad essere coinvolti anche i maggiori esperti del settore.

In ultimo, un dirompente intervento di Paolo Giuseppe Mura, già docente di  Fisica Tecnica dell’Università di Cagliari, ed autore della prima stesura del Piano Energetico della Sardegna, commissionato al suo Dipartimento dalla Giunta Soru, ma chiuso nei cassetti quasi per l’intera durata della Giunta Cappellacci. Sostiene che gli impianti di Solare Termodinamico, progettati e presentati all’approvazione  dalle due società non sono in grado di produrre le quantità di energia ipotizzate.

Cita gli studi del suo Dipartimento ed i dati che se ne ricavano. Il massimo rendimento ottenibile dagli impianti nelle localizzazioni proposte non è infatti superiore al  10%. Parla di irraggiamento solare e di incidenza sugli impianti; delle differenze  di produttività energetica nell’arco della giornata, ma anche stagionali; dell’incidenza della copertura nuvolosa, tutt’altro che infrequente dall’autunno alla primavera. Un quadro a tinte fosche.

A Cagliari, a Cagliari! E’ stata la decisione finale, ma anche la parola d’ordine, con l’obiettivo di richiamare la Giunta regionale ed il suo Presidente alle proprie responsabilità. Che l’intervento di un deputato ha definito primarie.

3 Comments

  1. Ing. Rinnovabili

    Chiunque si occupi di energie rinnovabili sà che le banche finanziano un progetto solo se l’impianto è posto in una località tale da poter produrre abbastanza energia da rientrare dell’investimento in tempi accettabili.
    Se Prof. Mura ha ragione, saranno le banche a non finanziare il progetto, anche se la cosa sembra molto strana, visto che per la VIA la società avrà speso almeno 100.000 euro se non 200.000 lo avrà fatto ritenendo quell’impianto finanziabile.

  2. Giovanni Scano

    A me pare ovvio, da un punto di vista logico, che tale tipo di impianti non vada collocato su terreni agricoli. Con tutte le aree industriali dismesse che pure in Sardegna non mancano! Il governo regionale dovrebbe a tale proposito avere una posizione chiara e precisa. Quella che a me pare una ovvietà.

  3. Laura

    In realtà le banche trovano appetibile un simile affare. Rischio d’impresa quasi inesistente, infatti gli incentivi statali sono garantiti, ecco perchè le banche ci vanno a nozze e anche i proponenti.
    Quanto ha speso la società per la progettazione (ad oggi ancora carente), e la VIA non importa alle banche, a queste interessa il rientro del capitale anticipato, la garanzia è lo Stato e noi tutti.
    Negli elaborati progettuali non vi è alcuna garanzia sull’efficenza degli impianti mancano i dati.

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