Carte dei suoli e carte derivate e il problema della scala [di Sergio Vacca]

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Sembrerebbe esclusivamente  un tema da specialisti – e in effetti  lo è – ma può diventare, banalizzandolo, motivo di alterazione della realtà. Particolarmente con  riferimento al problema della scala. La scala di una carta, che rappresenta il  rapporto tra la distanza fra due punti misurata sulla carta e la distanza reale fra gli stessi due punti, cioè misurata sul terreno, è infatti strettamente legata all’accuratezza spaziale del rilevamento sia  pedologico o geologico, o anche del processo valutativo ed alla quantità di informazioni disponibili che ne determinano il dettaglio.

Per rendere più  comprensibili queste affermazioni farò ricorso ad alcune definizioni. Anzitutto la carta dei suoli è un documento che illustra i suoli presenti in una data area, ne chiarisce la distribuzione ne vari paesaggi, ne stabilisce la diffusione e le relazioni reciproche suolo-paesaggio. Il suolo perciò, ove non intervengano fattori esogeni che ne determinino la degradazione, come ad esempio l’erosione idrica o eolica, è un elemento stabile del paesaggio. La formazione del suolo, pedogenesi, ha una durata considerevole in rapporto a numerosi fattori ambientali.

Cos’è, invece una carta derivata, è una carta che deriva, appunto, da un processo di valutazione dei suoli, per rendere immediatamente accessibili agli utilizzatori, siano essi professionisti agronomi, forestali, pianificatori o decisori, le informazioni per le quali si è prodotto il rilevamento dei suoli o pedologico. Questo a causa delle terminologie adottate in Pedologia, per cui, oltre sessant’anni fa la Scuola Pedologica internazionale si è posta il problema di  rispondere in modo semplice ed immediato a quesiti del tipo se si possa introdurre l’irrigazione in una data area o se le Terre siano o no adatte a forme di agricoltura intensiva, o ad altre utilizzazioni come il pascolo o la forestazione, e via elencando.

Vennero perciò gettate le basi di quel processo generale che va sotto il nome di Valutazione delle Terre o Land Evaluation, che costituisce appunto il processo attraverso il quale la loro potenzialità è stimata in funzione di diversi usi alternativi. Furono perciò adottati diversi metodi di valutazione: generalisti, come la Land Capability Classification, basato sulle limitazioni d’uso, in rapporto all’esigenza di mantenere quanto più possibile intatto il potenziale produttivo; oppure, basato sulla stima dell’attitudine delle terre per uno specifico uso, applicabile ad una notevole gamma di utilizzazioni, la Land Suitability Evaluartion. Numerose altre sono le metodologie di analisi delle caratteristiche e qualità delle Terre e valutazione, come la Landscape Function  Analisis e via elencando.

Cosa si può dedurre da queste argomentazioni. In primo luogo che i suoli sono l’elemento stabile del paesaggio, a meno – lo ripetiamo –  di fenomeni degradativi, che devono essere studiati in relazione all’evento che li ha causati e valutati per tipologia ed intensità.

Viceversa, per quanto    riguarda i processi interpretativi, questi hanno una validità temporalmente limitata, strettamente legati come sono a condizioni, non solo di carattere ambientale, ma anche socio-economica. Va, inoltre tenuto presente un aspetto che i non addetti ai lavori non comprendono o trascurano nelle loro considerazioni. Non si può infatti pensare che una valutazione generalista, quale la Land Capability Classification, oltre ai limiti già citati della mutevolezza dei presupposti del processo di valutazione, possa considerarsi esaustiva riguardo alle effettive possibilità di utilizzazione di quelle Terre.

Mi piace, a questo punto, citare l’esempio delle Terre delle Langhe e del Roero, Terroir nei quali si producono il Barolo, l’Arneis e tanti altri vini di grande pregio, i cui suoli presentano alcuni difetti che, nella classificazione della Capacità d’uso, li farebbero inserire nella III o nella IV classe di Land Capability. Considerati invece sotto un angolo visuale diverso, ossia quello della attitudine a sostenere un particolare tipo di coltura, il vitigno Nebbiolo nella fattispecie, quei suoli vanno nella classe S1 della Land Suitability Evaluation. Ossia altamente adatto!

Questo, come per quelle Terre, vale anche per le Terre di Decimoputzu e Gonnosfanadiga, classificate, a livello di carta di riconoscimento, di III^ o IV^ classe della LCC, possono, in un processo valutativo per l’attitudine al pascolo o alla produzione di foraggi venir classificati nella I^ classe della Land Suitability Evaluation.

Per concludere sull’argomento basare il propri ragionamento su documenti che derivano da processi di valutazione datati, realizzati con l’obiettivo di servire, in quel periodo, alla pianificazione agricola e, per giunta, a scala non adeguata, è assolutamente fuorviante e mistificatorio.

Il problema della scala delle cartografie alle quali si fa riferimento è poi – se possibile – ancora più delicato. Infatti, è la quantità di informazioni che determina il livello di dettaglio delle cartografie: una grande quantità di informazioni richiede necessariamente il ricorso a cartografie di dettaglio adeguato ed orienterà quindi la scelta verso carte a grande scala. Viceversa, una bassa quantità di informazioni sarà riversata su carte a piccola scala. Ne consegue che una carta a grande scala potrà essere ridotta ad una a piccola scala contenendo quantità di informazioni addirittura sovrabbondante. Il contrario è impossibile.  E’ un falso!

 Per cui assumere informazioni da una carta a piccola scala e volerle trasferire su una condizioni che richieda maggior dettaglio, e quindi il ricorso a cartografie di scala maggiore, è una operazione scorretta sotto il profilo professionale e di onestà intellettuale. E come tale va censurata.

*Geologist. Soil Scientist  & Consultant. Former Associate Professor of Pedology at the Sassari University. Honorary Doctor  in Soil Science. Bulgarian Academy of Sciences

 

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