Il viaggio a rischio di Raffaello a Mosca. “Le opere si possono danneggiare” [di Gaia Rau]
R.it E10 settembre 2016. Quattro tavole di Palazzo Pitti volate nella capitale russa per una mostra al museo Puskin. L’allarme inascoltato dei restauratori: “Temiamo per il loro stato di conservazione”Raffaello vola a Mosca, e diventa un caso. È un malumore che serpeggia da giorni, e che a stento riesce a rimanere confinato fra i corridoi e le porte chiuse delle mecche fiorentine dei beni culturali, quello che ha accompagnato il prestito, al museo Puskin, di due tavole conservate alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti: i ritratti, realizzati intorno al 1506, del mecenate Agnolo Doni (committente, fra l’altro, del famoso Tondo Doni di Michelangelo) e della moglie Maddalena Strozzi. Partita per la Russia, la coppia di capolavori rappresenterà, da martedì fino all’11 dicembre, l’attrazione centrale di una grande mostra dedicata al genio di Urbino. L’operazione è il frutto di un accordo, siglato a luglio dal direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt e dalla direttrice del museo moscovita Marina Loshak, che riguarda, accanto ai ritratti, altre due opere di Raffaello provenienti dal complesso fiorentino (l’Autoritratto e la Madonna del Granduca). Fra i suoi più convinti oppositori, ci sono però i tecnici dell’Opificio delle pietre dure, istituto autonomo del Mibact nonché eccellenza universalmente riconosciuta nel campo del restauro. I quali, incaricati di fornire un parere – comunque non vincolante – sulle condizioni dei due dipinti, e sui pericoli che avrebbero corso in caso di un eventuale trasferimento, hanno reso esplicite le proprie preoccupazioni. Specificando, in una relazione, che i rischi legati a uno spostamento “potrebbero cambiare sostanzialmente lo stato di conservazione”, tutt’oggi buono, delle opere. A mettere in allarme i restauratori, è soprattutto il supporto in legno di tiglio dei due ritratti, particolarmente sottile e per questo reattivo ai cambiamenti climatici, al punto da rendere “molto rischioso” un lungo viaggio che provocherebbe alterazioni del clima e sollecitazioni meccaniche. Un “niet” irritualmente categorico, insomma, ma rimasto inascoltato, visto che i prestiti sono stati autorizzati e i Raffaello, che non lasciavano l’Italia dall’epoca fascista, sono partiti. L’opposizione di quella che, insieme all’Istituto superiore di Roma, è considerata la massima autorità italiana in materia di conservazione e restauro, non è invece passata inosservata tra i funzionari dell’ex soprintendenza al Polo museale fiorentino abolita con la riforma Franceschini, molti dei quali, seppure in un generale clima di silenzio, mostrano perplessità riguardo a un’operazione che ha in oggetto due opere dal valore inestimabile per l’identità stessa della Palatina e per la storia della città. Tanto più che appena qualche giorno fa, in occasione del prestito, al Palazzo Ducale di Urbino, della Venere di Tiziano custodita agli Uffizi, Schmidt aveva espresso l’intenzione di aggiornare, ampliandola, la lista stilata anni fa dall’ex direttore Antonio Natali, dei cosiddetti “capolavori inamovibili”, quelli cioè che non potrebbero, sulla base dell’articolo 66 del codice Urbani, lasciare l’Italia a causa del loro particolare valore identitario. Un elenco a cui il direttore tedesco, in virtù del recente accorpamento con Palazzo Pitti, vorrebbe aggiungere opere della Palatina e della Galleria d’arte moderna: a questo proposito, Schmidt aveva parlato esplicitamente della collezione dei Raffaello, senza tuttavia entrare nei dettagli. Oltre alla mostra, co-curata da Marzia Faietti, l’accordo fra Uffizi e Puskin sancito a luglio riguarda la nascita di un osservatorio congiunto fra i due musei, a sua volta inserito in un più ampio programma di collaborazione italo-russa sul piano della cultura comprendente una tournée della Scala al Bolshoj (da oggi a venerdì prossimo) e una seconda mostra dedicata a Giovanni Piranesi (dal 19 settembre).
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